Capitolo 15 - Inferno africano

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L'Africa cominciò a vibrare potentemente, spasmi tremendi sembravano provenire dal cuore della nave. Decine di allarmi iniziarono a suonare e altrettante spie si unirono alle altre ad illuminare la sala comandi mentre gli operatori cercavano di sistemare ciò che potevano indaffarati com'erano. In un bancone non definito un uomo urlò: "rileviamo numerose esplosioni ed incendi su quasi tutta la superficie della nave comandante!"

"Scontri a fuoco su tutti i livelli!" aggiunse un altro.

Kasonde ascoltò e immagazzinò cercando di concentrarsi, non aveva mai avuto una simile emergenza a bordo della sua nave. Espanyol gli si avvicinò cercando di sembrare calmo ma la sua voce emetteva una lieve vibrazione di paura ed ansia :"Signore ora che il sistema di ventilazione è bloccato rischiamo di far soffocare i nostri uomini e noi stessi". Kasonde non ebbe nessuna reazione ancora immerso nei suoi pensieri. Lo sapeva bene ma i condotti ora come ora erano ricolmi di gas, aprirli significava la fine di molte più vite. Il secondo però aveva ragione. Richiamo l'attenzione di un operatore :"Da cosa sono dovute queste esplosioni?". Il tecnico guardò lo schermo e senza voltarsi rispose :"da quello che posso vedere attraverso le telecamere ancora funzionanti sembrano dovute agli scontri. Ma non posso avere conferme nessuno comunica più."

"Entità dei danni?" si informò il comandante.

"Gravi signore. Parecchie tubature saltate, sala motori completamente andata, centinaia se non migliaia di guasti tecnici rivelati. Devo continuare?" Kasonde scosse la testa appoggiandola al muro. Altre pesanti scosse, altre esplosioni lontane.

Kasonde bofonchiò qualcosa di indistinto senza che nessuno capisse cosa avesse detto. Stava parlando con se stesso in realtà e solo dopo che il suo secondo gli chiese di ripetere alzò la voce.

"La nave è persa" disse, "La nave è persa" continuava a ripetere. Per un equipaggio sentire il comandante, colui che morrebbe prima di arrendersi, ripetere come un ossesso che la nave era perduta, rompeva quella piccola linea che separava l'agitazione e la paura del momento con il panico più totale. Molti operatori abbandonarono le postazioni scappando verso le uscite tra gli ordini a vuoto e gli insulti di Espanyol e degli altri ufficiali. Ma appena uscirono si sentirono colpi di armi da fuoco seguiti da lamenti e grida. Solo pochi riuscirono a rientrare inseguiti da soldati infetti che iniziarono a scaricare tutte le munizioni che avevano distruggendo la sala comandi e uccidendo. Quella visione parve risvegliare Kasonde che aveva capito di aver perso la nave ma che sapeva poter limitare il numero di vittime. Estrasse rapidamente la pistola e usando le postazioni degli operatori come riparo sparò verso gli infetti abbattendone un paio incitando i suoi ufficiali e tutti i presenti a combattere. In pochissimo tempo la sala comandi era passata da salotto dove si chiacchierava e beveva caffè a una cittadina del far west durante il mezzo giorno di fuoco. Proiettili sibilavano da ambo le parti colpendo apparecchiature e sfondando vetrate. Albert si appostò al coperto dietro una postazione radar insieme al suo compagno Pack, rispondendo al fuoco degli infetti. Nessuno dei due si sarebbe immaginato un epilogo del genere, nella memoria di Albert ancora riecheggiavano le parole di Ryan circa il tranquillo viaggio di ritorno lontano da Rok e i suoi uomini. E forse solo su quello aveva azzeccato. Poco lontano da loro l'ufficiale che li aveva accompagnati sino al comandante venne colpito alla gola e cadde senza fiatare morto sul colpo. Albert bestemmiò tra se e rispose al fuoco abbattendo un nemico che poco intelligentemente si era appostato dietro un divanetto che fu facilmente bucherellato dall'arma di Daniel.

I soldati infetti all'attacco non erano molti e dopo minuti intensi di piombo furono eliminati, non senza perdite. Quando anche l'ultimo fu abbattuto tutti si acquattarono dietro i loro ripari tendendo le orecchie ai corridoi fuori dalla sala. Solo dopo che Kasonde decise che non ve ne fossero altri e si alzò tutti gli altri lo imitarono uscendo dai loro nascondigli. Albert vide il comandante cercare una postazione ancora funzionante e una volta trovata aprire una comunicazione generale a tutta la nave ":Attenzione qui è il comandante che parla, abbandonare la nave ripeto, abbandonare la nave. L'ordine è totale e definitivo." quindi si girò verso gli uomini che aveva attorno. Una dozzina tra ufficiali e altri graduati e soldati oltre che al suo secondo e qualche operatore gli stavano davanti, sarebbero dovuti bastare a scortarlo verso l'uscita, sperando che quanti più possibile tra loro sopravvivessero. Andò verso un armadio appoggiato al muro poco distante e con un solo tocco l'anta si aprì scivolando silenziosamente sotto il pavimento. Il comandante vi estrasse un'apparecchiatura grande quanto la schiena di un uomo. Era una radio per comunicazioni a grandi distanze. L'Africa non era sicura per comunicare, sempre se ne fosse stata ancora in grado. Questa potente radio gli consentiva di poter comunicare anche a galassie di distanza e in tutta sicurezza in un canale dedicato. Se la portò appresso e la consegnò al primo operatore che vide, un uomo piccolo e magro con l'aria terrorizzata. Si chiese solo di sfuggita se avesse fatto bene a consegnarla a lui ma alla fine si disse che doveva solo assicurarsi che quella radio uscisse di lì.

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