09. Feelings & First Kiss

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Se avessi avuto più amiche nella mia lunga seduta a Santa Monica, di sicuro non avrei avuto molti problemi a scegliere cosa mettermi il giorno dopo per l'appuntamento con Todd. Mi sarei dovuta presentare al Jimmy's Famous American Tavern verso le sette del pomeriggio, solo che quando cominciai a pensare a cosa mettermi erano già le cinque ed non sapevo cosa diavolo mettermi addosso. Avevo inizialmente optato per dei jeans che mi arrivavano al polpaccio (avevo fatto dei rotoli per farli sembrare meno lunghi di quanto fossero in realtà) con una maglietta rossa aderente a cui avrei unito una camicia di jeans sbottonata ma, non so il perché, non mi convinceva, così avevo ammucchiato quell'out-fit sul mio letto e avevo provato a far uscire diverse gonne e camice bianche o nere, ma non sapevo cosa scegliere. Chiedere a mia madre era una bella X rossa sulla fronte di chiunque, però c'era da dire che mi ero salvata quel giorno perché era a lavoro e con me c'era soltanto Fido che era da minuti che stava dando qualche colpetto alla porta della mia camera. Volevo tenergli compagnia, ma in qualche modo Todd era più importante. Per quanto riguardava Travis, non lo avevo più sentito dal messaggio che gli avevo inviato e dalla sua risposta positiva; non gli avevo ancora parlato né di Todd né del nostro appuntamento, ma giurai di fargliene parola il giorno seguente in cui avrei dovuto fargli visita per rivederlo, a casa sua. Fu lo sbattere del mio piede all'angolo dell'armadio, dopo un'ora, perciò quasi alle sette, a farmi tornare al presente e a farmi realizzare che non avevo ancora risolto niente con gli abiti da indossare. Allora presi un pantalone nero ed aderente – tra l'altro anche uno dei miei preferiti perché lasciava immaginare tutte le forme del mio corpo - e completai il tutto infilando dentro di essi una semplice maglietta bianca nascosta da una camicia a quadri nera e bianca. Portai con me il mio giubbotto – anch'esso nero – e una borsa bianca che lasciai dondolare sulla spalla. La riempii di un pacco di fazzoletti, del portafoglio e del mio cellulare. Aprii velocemente la porta, dove trovai Fido seduto sul pavimento che mi analizzava con quegli occhietti neri e teneri. Mi abbassai per accarezzargli la testolina. «Mi dispiace, Fido, ma ora devo uscire. E' molto importante.» Mi sistemai la treccia lungo il fianco del collo – fatta con tanta fatica ai capelli - e mi alzai sulle gambe con un saltello, correndo giù per le scale e sgattaiolando subito fuori – dopo aver preso le chiavi di casa – in modo che Fido non mi vedesse uscire. Sospirai di sollievo quando alzai gli occhi al cielo e notai che si era appena tinto di nero. Scesi i tre gradini di casa e camminai verso destra, sul marciapiede, nella direzione di Ocean Avenue, ansiosa di vedere Todd e stare un po' con lui. Ero consapevole che non era da molto che lo conoscevo e che non ero molto sicura di quello che stavo facendo, però la sua compagnia mi aveva convinta sin dalla prima volta che lo avevo conosciuto, o meglio, guardato. Todd riusciva a farmi concentrare su di lui, quindi la mia mente non era impegnata a chiedersi cosa stesse facendo Travis, perciò era una cosa sana. Mi sentivo un po' in colpa per star a tenere in segreto tutto ciò al mio migliore amico, ma questo non mi impedii di superare, dopo circa dieci minuti, Pico Blvr e continuare il mio percorso fino ad accedere su Ocean Avenue e camminare per qualche altro metro – tanti metri – fino ad arrivare a destinazione, dove Todd mi stava già aspettando. Non mi sgridò e non provò neanche a scherzare sul fatto che fossi in ritardo.
«Spero che tu abbia fame, stasera.» Scherzò, prima di abbracciarmi e stringermi al suo petto.
Odorai la sua camicia e sapeva di buono. Amai immediatamente quel suo odore. Per rispondergli e non fare la figura della ragazza timida, annuii e così mi trasportò all'interno del locale abbastanza gremito di gente. «Wow.» Commentai io.
Todd si era avvicinato un po' al mio volto, giusto per osservare la mia espressione sorpresa. Sorrise soddisfatto e si ritrasse. «C'è sempre molta gente, qui.» Commentò, con fare erudito. «Jimmy è mio zio. La mia famiglia è molto conosciuta per la sua popolarità.» Mi fece cenno di camminare verso il bancone di benvenuto  – che si trovava a qualche metro di distanza dalla porta principale - procedendo su un tappeto rosso che era apparso magicamente da sotto le suole delle nostre scarpe.
Todd salutò immediatamente la donna che si trovava dietro il bancone – robusta e abbastanza baffutella – e che stava scarabocchiando un enorme agenda. «Ciao, Sally!»
La donna, Sally quindi, gli sorrise e posò immediatamente gli occhi su di me. «Oh-oh! Chi è questa bella ragazza, Todd?»
Arrossii davanti alla sua informalità – ovviamente, non la biasimai – e sorrisi nervosa.
«Lei è Lux Harper. Lux, lei è Sally Martinez, una grandissima amica di famiglia.»
Sally mi sorrise, mostrando i suoi denti perfettamente curati e splendidi, e mi porse una mano che strinsi con piacere. Era molto calda a differenza della mia.
«Piacere di conoscerla, signora.» Dissi allora.
Sally alzò una mano e spalancò gli occhi. «Oh, per l'amor del cielo, piccola! Chiamami Sally e diamoci del tu!» Scoppiò a ridere e così anche io – per l'imbarazzo – seguita da Todd che era in imbarazzo più di me.
Il ragazzo mi prese una mano e la strinse, dicendo a Sally che volevamo avere un tavolo. Fortunatamente, ne erano rimasti soltanto cinque vuoti e tre di questi sarebbero stati occupati, facendo rimanere due tavoli. Uno dei due fu immediatamente nostro. Ci apparecchiammo dentro (c'era anche una sala completamente esterna), davanti al fuoco acceso e scoppiettante. Sul suo davanzale, costruito unicamente in pietra, c'erano moltissime foto di famiglia che ritraevano bambini che facevano smorfie divertenti e una donna ed un uomo che sorridevano a chi stava scattando la foto. Mentre mi sedevo, non riuscii a togliere gli occhi di dosso alle fotografie, tanto che Todd sorrise davanti la mia infantilità e tirò su con il naso per il freddo che faceva quella sera lungo la costa. «Quello è mio zio, Jimmy, che ora è in cucina, e quella è mia zia Hannabel.» Mi spiegò, indicando i soggetti. «Quei bambini sono i miei cugini e ci sono anche io tra loro.»
Nuotai con lo sguardo nelle fotografie per captare Todd da bambino. Molto probabilmente era quel bambino situato al centro della schiera di cugini – era, per giunta, il più basso.
«Mio padre e mia madre lavorano fuori città. Chi a Portland e chi a Boston, perciò io sono continuamente con i miei zii. Sono come una seconda famiglia. Li ritengo quasi all'altezza dei miei genitori.»
Fui presa da una scossa familiare. La stessa che provavo quando Travis mi diceva qualcosa di personale: sorpresa. Sorpresa di sapere questa cosa sulla famiglia di Todd e, soprattutto, sorpresa di questa strana somiglianza con la situazione di Travis che, a differenza di Todd, viveva da solo. Però, tornando a Todd, pensare che non stesse mai con i suoi genitori, mi fece male allo stomaco. «E' molto...» Cercai una parola per non risultare troppo comprensiva, ma lui scosse la testa e annuì successivamente.
«Lo so, lo so. E' molto triste.» Mormorò. «Mio zio però è divertente e non mi fa quasi mai sentire la mancanza dei miei. Devi sapere che il suo ristorante ha altri locali in giro per il paese e, assemblarli tutti ogni santo mese, è roba da pazzi. Lui dice che si diverte, invece, e trova sempre del tempo per noi.»
La cosa che mi fece impressionare di più fu la grande fama che aveva suo zio negli Stati Uniti ma che, in un modo o nell'altro, trovava sempre del tempo per la famiglia. Non pensavo che quel ristorante avesse "colonie" oltre Santa Monica e che il proprietario fosse, per giunta, lo zio di quel ragazzo super carino che avevo davanti. «Sono contenta che tu stia bene con i tuoi zii.» Fu il mio sincero punto di vista. Mi guardai intorno. «E' molto carino, qui.»
Todd mi stava guardando con dolcezza. «Anche tu lo sei.»
Ricambiai il sorriso. Non arrossii neanche un po': forse perché volevo davvero che mi dicesse quanto stessi bene quella sera dato che mi ero impazzita soltanto per fare bella figura con lui. «Grazie mille.» Risposi.
Sally, con il suo seno e la sua pancia di troppo, traballò verso di noi con un blocco per le note ed una penna in mano, tanto di sorrisi a trentadue denti e uno sguardo che volava da me a Todd come per dire: quanto siete carini insieme. Fui sincera con me stessa: lei mi metteva più in imbarazzo di tutti. «Volete ordinare qualcosa?»
Todd alzò una mano. «Preferisco che Lux abbia un menu. Lei non conosce le prelibatezze dello zio.»
Sally aprì la bocca, come una persona che si fosse dimenticata di fare qualcosa, e annuì veloce, tornando sui precedenti passi e tornando, poi, verso di noi con un solo menu che porse a me. «La scelta sarà abbastanza difficile.» Commentò.
La ringraziai e pensai che non ci sarebbe stato nessun problema dato che mangiavo poco rispetto a persone che, invece, amano qualsiasi cibo su questa terra. Però quando aprii il menu, spalancai gli occhi: c'erano un sacco di nomi che avevano a che fare con la carne. Essendo un ristorante dove cucinano soltanto carne e contorti che accompagnano alla perfezione quest'ultima, scegliere non fu molto semplice. Ero indecisa tra le alette di pollo e una tagliata all'italiana, ma sapevo che non l'avrei mai mangiata tutta quanta (essendo un pezzo di carne abbastanza grande e di grande spessore), perciò la mia scelta fu orientata definitivamente alle sette porzioni di alette di pollo e patatine fritte. Todd, invece, ordinò una bistecca con dell'insalata. Ammisi a me stessa che mi sentivo un po' agitata a stare con lui, in un locale di famiglia, ad un vero e proprio appuntamento e mi chiesi come fosse possibile che con Todd ci avevo messo un nano secondo ad accettare di uscire con lui mentre con Travis, la prima volta che me lo chiese, ero agitata e contraria al suo invito che, però, accettai subito dopo. Era incredibile che Santa Monica mi aveva portato alla conoscenza di due ragazzi meravigliosi sotto punti estremamente diversi.
«Ehi, tutto bene? Ti senti a disagio?» Scattò a chiedermi Todd, con aria preoccupata.
Corsi a guardarlo – mi ero fissata a guardare la superficie del tavolo – e improvvisai un sorriso che potesse tranquillizzarlo. «Va tutto bene, Todd.» Avrei voluto aggiungere che la mia temperatura corporea non era mai stata tanto aggraziata grazie al focolare a qualche centimetro di distanza da noi, ma non volli approfittare del momento in cui lui posò la sua mano sulla mia – che si trovava sul tavolo – e mi guardò negli occhi, con quell'aria tranquilla e serena, con quell'aria la quale avrei gradito la sua presenza per tutta la vita.
«Voglio che sia tutto perfetto. Voglio che tu ti senta bene qui.» Mi intimò.
Non seppi se sorridergli per ringraziarlo o dire qualcosa di altrettanto carino, perciò feci entrambe le cose: «Ti fidi di me?»
Todd finse di pensarci su, tenendosi sempre in contatto con me tramite le nostre mani. «Beh, dipende. Sai com'è... ci conosciamo da poco tempo...» Volle sdrammatizzare.
Scoppiai a ridere e gli diedi un piccolo schiaffo sulla mano, per poi portarla sulla sua. «Sto davvero bene con te.» Continuai a dire poi, addolcendo il mio tono di voce.
Todd mi sorrise riconoscente e persi il conto per quanti sorrisi mi stesse porgendo in una sera. Cominciai a pensare che avessi fatto più che bene ad accettare l'invito: Todd, nonostante i suoi atti dolci e, se possibile definirli romantici, non mi sentivo per niente imbarazzata dal suo comportamento come lo ero con Travis. Ad un tratto mi sentii completamente diversa da quest'ultimo, come se io fossi il Polo Nord e lui un semplice continente dell'emisfero australe, come l'Australia. Come se, con me, lui non c'entrasse più niente. Come se io fossi il Sole e lui fosse semplicemente un asteroide di passaggio. Come se io fossi la Terra e lui un anello di Saturno. Non mi sentii molto collegata al mio migliore amico e questo pensiero, questo sentimento, mi fece provare un vuoto nel petto che, per qualche secondo, mi fece avere un mancamento allucinante se non per il fatto che con me c'era Todd, che mi stava incombendo fiducia con il suo tocco gentile e delicato sulla mia mano; un gesto che mi impedì di sprofondare in Travis, negli abissi.
«Però ho la sensazione che tu non stia molto bene emotivamente.» Se ne uscì poi, prendendo la mia mano nel suo palmo e stringendola, disegnando cerchi invisibili sulla mia pelle in fiamme.
Con l'altra mano a disposizione, posai il mento sul palmo e alzai gli occhi al cielo. Era possibile che tutto ciò che provavo mi si leggeva in viso? «Ho paura di far soffrire Travis.» Ammisi con sconforto. Non volevo che Todd entrasse nel giro nei miei problemi legati al mio rapporto con Travis, ma sentivo il bisogno disperato di dover parlare di lui con qualcuno e in quel momento era presente soltanto Todd che, bene o male, sembrava davvero interessato a me e al mio stato d'animo. «Voglio dire... tengo molto a lui e lui, a quanto pare, tiene molto a me. Ho paura che possa starci male se saprebbe che esco con qualcuno.»
Todd si incupì dopo aver sentito pronunciare qualcuno, e mi feci piccola soltanto per la vergogna di averlo definito tale. Ma poi si sforzò di serrare le labbra e trasformarle in un sorriso sincero. «E' soltanto un tuo amico. Perché dovrebbe soffrire per te che esci con qualcuno?» Chiese, senza marcare troppo la sua frecciatina su qualcuno.
Mi sforzai di sorridere debolmente e mi uscii spontaneo togliere la mia mano nella sua e unire entrambe le mani sotto al mio naso, sulla superficie del tavolo. «Tu non lo conosci. E' molto protettivo.»
Quasi si strozzò con la sua stessa saliva. «Protettivo?» Inclinò la testa e fece una piccola smorfia confusa. «Travis è davvero protettivo?» Ripeté con una nota di confusione e incredulità nella voce.
Rimasi a guardarlo con il dubbio di non essere stata chiara. «E' quello che ho detto, no?»
Todd annuì, irrigidendosi. «All'apparenza non sembra...»
«L'apparenza ci inganna sempre, Todd.» Scattai a correggerlo.
Todd annuì, per niente infastidito dal mio tono liberatorio e al quanto vigile. «Hai ragione. Anche la tua apparenza inganna: fuori sembri piccola ed innocente, ma quando cominci a parlare somigli tanto ad una guerriera senza alcun timore.»
Il fastidio che mi aveva colpito parlando di Travis si sciolse come la neve al sole, facendo spazio al battito cardiaco in aumento. «Ti ringrazio. La tua apparenza, invece, è ancora da chiarire.» Scherzai io.
Todd scoppiò a ridere e lo seguii anche io.
Mi piaceva la sua risata: somigliava tanto al testo della mia canzone preferita... però mi rattristiva il fatto che fossi tanto sicura che non avrei mai potuto né leggere né ascoltare quella canzone.

BROKEN | Cercavo di salvarloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora