04. Broken Soul

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Matematica nelle ultime due ore di una giornata scolastica dovrebbe essere illegale. Non possono torturare gli studenti con tutti quei numeri che ti fanno venire un gran mal di testa. Però, fortunatamente, le mie due ore passarono in fretta perché non ascoltai neanche una parola della professoressa Georgiana. In realtà, pensavo a parole diverse, alle parole di Lin. Per tutto quel tempo, Travis mi era sembrato un tipo apposto, solare, divertente e assolutamente carino: cosa aveva di tanto particolare? Perché, secondo Lin, dovevo stargli lontana? Quella giornata poi era iniziata nel migliore dei modi e stava passando nel peggiore dei modi: Travis non aveva più parlato da quando mi ero unita a Lin e sembrava anche lui perso nel suo mondo tutto da capire. Talvolta lo guardavo di sfuggita con la coda dell'occhio e altre volte mi voltavo verso il mio zaino per far finta di prendere qualcosa quando in realtà la mia intenzione era quella di osservarlo, ma aveva il capo chino sul suo quaderno e non faceva nient'altro. Così, dopo aver sentito la campanella suonare e dopo essermi ricordata che non avevo messo nulla nel mio armadietto quella stessa mattina, uscii in fretta dalla scuola e mi incamminai verso casa, cercando in ogni dove la figura di Travis. Pensai di telefonargli ma, non so perché, pensai che molto probabilmente non mi avrebbe risposto, così mi limitai a camminare con lo zaino in spalle sul marciapiede del ciglio destro di Pico Blvd. Osservavo le macchine, mentre pensavo a che fine avesse fatto Travis. Osservavo i negozi ancora chiusi che correvano da un angolo dall'altro della strada. Osservavo la gente, sorridente, impegnata, sulle nuvole, esausta, triste... guardavo le loro facce e trasmettevano qualsiasi emozione io conoscessi. Osservavo la vita di ogni persona che mi passava a fianco con solo pochi secondi per poterle analizzare. Osservavo qualsiasi cosa... eppure avevo in testa sempre e solo Travis che, potei ammetterlo per una buona volta, mi mancava. In realtà, però, il solo fatto che non mi avesse calcolata per tutto il giorno mi aveva fatto arrabbiare tanto e non pensavo di poter sopportare la sua normalità se mi avesse affiancata proprio in quel momento come se non fosse successo niente. Ripresi ancora una volta il cellulare per guardare dallo schermo che ore erano, ma in realtà stavo lottando contro me stessa per scegliere se chiamarlo o meno. Volevo tanto passare gli ultimi minuti di scuola con Travis e il solo fatto che non sapessi dove fosse mi creava uno strano mancamento al petto. Allora scelsi di chiamarlo. Avvicinai il cellulare all'orecchio e, tra squilli e segreterie, alla fine lo vidi sbucare dalla 4th St mentre io ero proprio davanti Vidiots, un negozio di noleggio film. Aveva ancora una volta il suo cappuccio nero in testa, i riccioli biondi che si intravedevano da sotto la sua felpa, le mani in tasca e le cuffie bianche in contrasto con tutto quel nero che lo componeva. La sua espressione rabbiosa, e a dir poco nervosa, mi fece cambiare idea su quelle chiamate che forse non avrei mai dovuto fare. Mi fermai sui miei passi e lo aspettai, nonostante la sua lentezza, e una volta arrivato alla mia stessa postazione si fermò sempre con le cuffie alle orecchie, respirò profondamente e mi si parò davanti con un espressione che non mi piacque e che mi mise abbastanza nervoso.
«Cosa vuoi?» Chiese l'indifferenza che alleggiava su di lui.
Mi ferì questo suo comportamento ma non glielo diedi a vedere. Aggrottai la fronte. «Cosa hai fatto?»
Travis aprì la bocca per parlare ma la richiuse, facendo decadere il suo sguardo ai suoi piedi che, a parer mio, non avevano nulla di tanto particolare per meritare un'occhiata da parte sua. «Perché non lo vai a chiedere alle tue amiche? Secondo me sanno come sto meglio di me stesso.» Le sue parole uscirono da quelle labbra carnose così in fretta che, quando corsi a guardarlo, ero incerta se l'avesse detto davvero oppure ero stata io ad immaginarlo.
Alzai un sopracciglio. «Che hai detto, scusami?»
Il mio tono di voce al quanto acuto e confuso fece si di farlo sorridere amaramente. Un sorriso triste e allo stesso tempo tagliente quanto un coltello. «Hai capito benissimo.»
Cercai di trarre dal suo sguardo fisso su di me qualcosa con cui avrei potuto sorvolare quel discorso che non capivo da cosa fosse nato, ma non trovavo altro che rabbia e furia in lui. La cosa più confusa era che io non stavo capendo un bel niente. «Perché dici così?» Fu la mia risposta.
Travis si tolse con noncuranza il cappuccio, scompigliando i ricci con fare nervoso. Avevo paura che potesse scoppiare da un momento all'altro o di far male a me, cosa che non mi augurai per niente. «Perché fate tutti così! Siete tutti uguali!» Esclamò con un tono di voce così alto da farsi sentire dalle persone che camminavano sia a destra che a sinistra attorno a noi. «Non fate altro che giudicare e sparlare di chi, magari, è migliore di quel che sembra!» Aveva spalancato gli occhi e, si, ce l'aveva proprio con me.
Ci misi poco ad indietreggiare davanti a quell'atteggiamento che mi fece arrossire e soprattutto paura. «Che cosa c'entra questo con me?» Riuscii a dire, mandando giù un groppo in gola che mi stava minacciando.
Travis aveva serrato le mani in due pugni possenti, tanto che potei vedere le sue nocche tingersi di bianco. «Perché lo hai fatto.» Feci per rispondergli, ma lui serrò gli occhi e le labbra. «E non dirmi che non hai detto un bel niente con Lin perché potrei davvero mettermi ad urlare.»
Deglutii, assumendo un'espressione di chi aveva capito dove volesse arrivare. «Beh... Lin mi ha parlato ma non mi ha sparlato di te.» Mi finsi violata. «E poi: mi stavi spiando?»
Travis emise una risata a dir poco gelida. «Non ti stavo spiando.», osservò una macchina che passava sulla strada e si mosse un'altra volta i capelli, «Pensavo che tu non giudicassi nessuno.» Si incupì, ferito probabilmente dal mio comportamento. Non pensavo che Travis potesse essere ferito dopo le sue crude parole contro di me.
Serrai le labbra, strinsi i braccioli del mio zaino e cercai di ragionare con tutta la razionalità che avevo in quel momento. «Sei arrabbiato per questo? Non mi hai parlato per tutta la giornata solo per questo?» Esclamai con un po' di contegno.
Travis spalancò lievemente gli occhi e si bagnò le labbra, affondando le sue mani nella tasca. «Davvero non capisci?»
Volli sotterrarmi per non riuscire ad afferrare il concetto.
«Non voglio che tu pensi qualcosa di non vero che riguarda me. In quella scuola del cazzo giudicano soltanto. Io voglio che tu abbia un pensiero personale su di me. Non voglio che tu venga condizionata!» Tornò a parlare con voce alta.
Indietreggiai ancora. «Non ti giudicherei mai, Travis.» Notai un barlume diverso nel mare che si ritrovava negli occhi. Quasi delusione.
«Ma lo hai fatto.», deglutì e tenne lo sguardo fisso sul mio, «Io non pensavo che fossi come tutti gli altri.»
Stavo per dirgli che non ero per niente come tutti gli altri, che stavo davvero cercando di creare un rapporto fra me e lui, che ero più che contenta di essergli amica, ma lui aveva frainteso tutto. Lin aveva peggiorato tutto quanto e la odiai da morire in quel momento. «Travis... non voglio che tu pensa questo!» Lo implorai, tornando a fare un passo verso di lui. Non mi guardava più. «Ti prego, guardami.»
Sospirò, obbedendomi.
«Perché non mi vuoi credere?» Gli sussurrai in modo che potesse sentirmi solo lui.
Travis stava per far cadere lo sguardo da me. Non volevo che lo facesse. «Non riesco...», deglutì e serrò le labbra, «... non riesco a fidarmi di niente. E per quanto mi sono detto che molto probabilmente tu sei diversa, ora sono sicuro che mi sbagliavo come sempre. Non riesco, Lux. Non riesco a fidarmi di nessuno. Vengo sempre ripagato nello stesso modo.»
Mi morsi le labbra. Avevo la sensazione di aver fatto qualcosa di grosso senza rendermene conto. «Travis, qualunque cosa tu ora stia pensando su di me, voglio che tu sappia che non volevo deluderti.»
Lui scosse la testa, irritato più che mai. «Non fingerti dispiaciuta.» Mi incalzò. «Ti rende ancor più stupida.»
Okay. Molto probabilmente era ferito e ce l'aveva a morte con chiunque gli respirasse attorno, ma il modo in cui continuava a parlarmi stava iniziando ad infastidirmi. Non avevo mai permesso a nessuno di trattarmi in quel modo e di certo non volevo iniziare con Travis. «So di aver sbagliato, in qualche modo, ma non c'è bisogno di essere così cattivo!» Ribattei, iniziando a riscaldarmi.
Travis aveva alzato le mani. «Hai ragione tu, si. Penso proprio che tu abbia ragione.» Indicò qualcosa alle sue spalle. «Facciamo così: ora io vado a dire alla cameriera di ieri quanto tu mi faccia andare di matto e le dirò anche molte cose brutte su di te, poi tornerò e di dirò che le ho detto quanto stronza sei, che ne dici?»
Ricevetti una pallottola nel petto. Perché mi stava attaccando in quella maniera? «Ti prego. Basta.» Ansimai.
Travis indietreggiò, evidentemente scosso dalla conversazione. «Non cercarmi e non provare a chiamarmi.» Si rimise il cappuccio in testa e le cuffie nelle orecchie.
«Travis...» Cercai di fermarlo, ma lui mi diede le spalle e a passo felpato tornò a camminare verso la sua abitazione che ormai non distava tanto dal punto in cui mi ero fermata per aspettarlo.
Mi voltai verso la folla di persone che stava venendo dalla direzione della mia scuola e poi mi voltai verso Travis che ormai si era mimetizzando con l'altra baraonda che invece proveniva da dietro le mie spalle. Per la prima volta, volli non aver vissuto quella giornata.

BROKEN | Cercavo di salvarloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora