La decisione

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Durante le ore delle visite, noi 4 ci mettiamo appartati dietro ad un muretto, in giardino, cercando di capire il modo per uscire da questa prigione. Tanto nessuno ci viene a chiamare ,ed è inutile aspettare che qualcuno ci chiami per un colloquio. Ognuno di noi mette le idee al centro tavola, e cerchiamo in qualche modo di prendere quelle migliori. Edmont dice che potremmo scavalcare il cancello principale, ma io penso che non sia possibile, ci sono troppi rischi, e ci sta la guardia notturna che vigila l'ingresso. <Possiamo sequestrare la psicologa, e farla parlare, lei dovrà pur sapere perchè ci troviamo qui>, dice Kristopher. Mi piace il suo modo di ragionare, e per una volta siamo tutti d'accordo. <Si, buona idea, brava Kristopher> aggiunge Clara. Siamo un bel gruppo di matti, nel senso metaforico, ma non lo siamo davvero. Ci stringiamo la mano tutti quanti, e ci diamo forza a vicenda, un po come  un rito. Se c'è una cosa che abbiamo in comune, è il desiderio di uscire da qui sani e salvi, senza far del male a nessuno. L'ora della visita è terminata, e quindi decidiamo di non far vedere a nessumo che siamo cosi uniti. Ognuno prende una strada diversa, chi prima , chi dopo,e rientriamo nel manicomio, sperando che quella sia l'ultima volta. Stavolta abbiamo un piano, e speriamo di cavarcela. <Tutti nelle celle>, dicono dal microfono, e come un gregge smarrito, ognuno ritorna nella sua "tana buia". Fa sempre troppo freddo qui, quindi mi avvolgo nella coperta di cotone. Non esiste l'aria condizionata, e la finestra porta via i cattivi odori che provengono dalle altre celle. Non so se credere in un Dio ,  ma di sicuro lassù qualcuno c'è, qualcuno che mi sta dando la forza di non arrendermi, e di andare avanti. Mi vergogno un pò, perchè quando cerco di sfogarmi da solo, parlando ad alta voce, passa sempre il dottore che ci controlla da fuori le sbarre, ed io mi sento sempre cosi umiliato, che avrei proprio voglia di dirgli che non sono pazzo, ma solo coraggioso.

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