19 sigarette

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8.19 am. Merda, sarà meglio prepararsi.》la mia fissa per il numero 19 come al solito mi porta ad arrivare in ritardo all'università. Se non c'è il numero 19 né dalla parte dell'ora nè dalla parte dei minuti mi rifiuto di muovermi dal letto.
Poso il piede sul pavimento gelido e lucente della mia camera.
Ancora quel sogno》penso tra me e me
Quando ne arriverò a capo?》mi dirigo vicino all' armadio e con gli occhi ancora mezzi chiusi,  toccando a tastoni tra i miei vestiti trovo un paio di jeans stretti blu e una maglia large nera. Non sono robusta ma porto sempre dei vestiti con qualche taglia in più, come se il mio corpo dovesse scomparire sotto quei felponi e quei maglioni.
I jeans gelidi sono il motivo per cui non ho voglia di togliermi il pigiama al mattino》borbotto. Dirigendomi ancora intorpidita in cucina conto quanti passi faccio per arrivarci.
22. No. Non va bene. Torno indietro.》ripercorro lo stesso tragitto, allungando il passo sopra il pavimento gelido, finché non arrivo a 19 passi esatti.
Sopra il tavolo di legno in cucina trovo un biglietto lasciato da mio fratello: 《ti ho preparato una tisana, se è fredda riscaldala al micronde. Ti voglio bene e buona giornata!》la caligrafia pessima di mio fratello mi ha costretto a rileggere quel biglietto scritto con l'inchiostro nero della sua penna preferita parecchie volte. Quella penna gli è stata regalata da nostra nonna un po' prima che morisse, lui non se ne stacca mai. È un po' la sua fissa, il suo 19.
Verso la tisana ancora calda nella mia tazza dal colore rosso, e mi siedo sulla sedia a guardare il telegiornale e a ripensare a quel sogno, quel sogno che ormai mi perseguita da anni. Inutile parlarne con lo psicologico, provo ad esorcizzare l'incubo ripetendo schematicamente i 19 elementi sensati che trovo presenti in esso:una donna morta, un incendio, una tavola oujia, due gemelli...
Oh merda!sono le 8.34 devo muovermi!》metto dentro alla tasca il biglietto di mio fratello, prendo un toast e qualche soldo per le mie sigarette. Scendo le scale del mio condominio di fretta e furia, facendo ribombare il rumore dei miei passi per tutto il condominio, la signora del piano di sotto di nome Susy, come al solito mi maledice con qualche bestemmia e imprecazione che non ho tempo di ascoltare.
Sbatto la porta di mogano rossa dietro di me, e comincio a correre per raggiungere il tabacchino dietro l'angolo.
Corro finché non sento le gambe bruciare, e il mio cuore battere forte come un tamburo.
Entro dentro al tabacchino, come al solito l'odore indescrivibile del mio tabacchino di fiducia non cambia mai. Mi metto in fila per prendere le mie Lucky Strike rosse e di fronte a me scorgo una figura mascolina.
Un pacchetto di lucky strike rosse, grazie》perspicace il ragazzo, non riesco a vederlo in volto ma riesco a vedere la sua brutta postura, i suoi capelli neri spettinati e le sue mani...i suoi polpastrelli sono pieni di taglietti e calli e le sue dita sono storte, di sicuro suonerà qualche strumento. Le sue vene sono sporgenti e bluastre e dipingono tutto il suo braccio.
Grazie.》esce e paga con una banconota da 5 euro. Vedo il suo viso di sfuggita, andandosene lascia una scia di profumo che non avevo mai sentito prima d'ora.
Lucky strike rosse da 20》 balbetto al tabaccaio.
-
Arrivo in stazione, accendo la mia sigaretta aspettando il treno che mi porta all'università di psicologia.
È assurdo, io studio psicologia e sono una psicopatica.》dico a voce alta, tutti mi guardano male ma a me non importa. Faccio un tiro dopo l'altro come se non fumassi da dieci anni, la mia dipendenza da nicotina è talmente potente che in un giorno potrei finirmi tre pacchetti.
Mi da fastidio vedere 20 sigarette, non potrebbero metterne 19 dentro a questo pacchetto di merda?ci guadagnerebbero solamente.》una signora mi guarda impietosita, con gli occhi di una che sta guardando una matta senza speranza, a me non importa.
Le parole degli altri e i loro sguardi mi scivolano addosso come le goccie di questa giornata piovosa.
Il treno per Milano centrale è in arrivo al binario 19. Allontanarsi dalla linea gialla.》
Spengo la sigaretta ormai finita, e la pesto fino a disintegrarla. Sotto i baffi rido per tutte le volte che ho pensato di buttarmici sotto quel treno e porre fine a tutto, è assurdo quanto la vita sua fragile, puoi finire in mille pezzi in un nanosecondo senza accorgertene, fare la fine di tutte le sigarette che ho disintegrato con la suola delle mie scarpe.
Entro dentro al treno, mi siedo nel diciannovesimo posto a partire da destra. Poso la mia borsa ormai vecchia e dieci anni in grembo, e chiudo gli occhi in attesa di arrivare a destinazione.
Sento un leggero odore di amuchina, di mandarini, un odore indefinito...
Quel odore.
Alzo lo sguardo, è lui, il ragazzo dal tabacchino, il ragazzo che ha preso le mie stesse sigarette.
Posa lo sguardo su di me per poi staccarlo subito.
Ha uno spartito tra le mani, ciò conferma il fatto che sia un musicista, posso scorgere i suoi occhi chiari e a goccia, le sue labbra carnose il giusto, e i suoi capelli neri scompigliati.
Mima qualche gesto con le mani, come se volesse memorizzarsi gli accordi di una canzone.
Vorrei chiedergli che canzone sta studiando, invece rimango impietrita da quel non so che, che lo avvolge.
Scendiamo dal treno nello stesso momento, lo vedo allontanarsi e accendersi una sigaretta.
19 passi lontano da me, 19 sigarette nel suo pacchetto.

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