Sono nello scantinato di casa mia, noto dell'acqua sotto la pianta del mio piede, però penso sia solo un po' di umidità che l'ha creata. Continuo a cercare la tavola oujia non badando a quell' acqua, che piano piano sale immergendomi le caviglie, le ginocchia, il collo...
L'acqua mi arriva fino alla fronte non permettendomi di respirare o di muovermi con facilità, cerco di prendere una boccata d'aria che non arriva mai, lentamente soffoco e..
《Nirvana!Nirvana è ora che tu vada a lezione!》mi sveglia mia madre gridando oltre alla porta, con una voce stridula che mi da sui nervi. Mi alzo tutta sudata dallo stesso incubo che si tormento ormai da anni, di cui ormai non faccio più caso.
Mi dirigo in cucina dopo essermi preparata ed evito lo sguardo dei miei genitori visibilmente preoccupati che mi fissano, si aspettano scuse che non riceveranno e parole che non dirò mai, nessuno parla, tutti aspettano che io dica qualcosa.
《Buona giornata.》dico dopo aver fatto colazione nel silenzio più assoluto. Loro si aspettano che io chieda scusa per quello che sono ma non succederà, non è colpa mia se ho problemi, non è colpa di nessuno, ma io non posso continuare a sentirmi un errore.Salgo sul solito treno, e il ragazzo musicista è nel mio posto.
Mi sale un nervoso, come ha potuto sedersi li? È il mio posto, ci dovrebbe essere scritto ormai il mio nome.
Con tutta la calma del mondo glielo riferisco:《Scusami, questo sarebbe il mio posto...》i suoi occhi chiari mi rivolgono uno sguardo interrogativo e con tono dubbioso e una voce assonnata mi risponde:《Ma questo è un treno regionale, non vengono assegnati i posti...》
La mia rabbia insensata per ogni volta che mi viene tolto il 19, in qualsiasi contesto sale piano piano: 《Dio mio, ti levi?mi siedo sempre qua e mi hai sempre vista qui, cedimi il posto e non rompere!》non so il perché di tutta questa rabbia insensata, ma mi capitava già dagli inizi del mio disturbo. Ogni volta che mi si toglieva il 19 stavo male, e lo volevo a tutti i costi. Il ragazzo prende la sua 12 corde, e si siede davanti a me: 《Posso suonarti qualcosa?》mi sussurra mentre sono intenta a guardare il paesaggio di fronte a me, ho troppi problemi per la testa e vorrei proprio non sentire nessuno, ma allo stesso tempo sono curiosa di sentire come suona: 《Vediamo che sai fare》mi accenna un sorriso e inizia a pizzicare le corde di quello strumento che produce una canzone che conosco già "wish you were here" dei Pink Floyd. La ascolto tutta, immergendomi nota per nota, e notando le sue mani che facevano poesia soltanto muovendosi sopra a quelle corde fragili. Finisce di suonare e io non gli do nessun giudizio, ho sempre pensato che la musica non avesse bisogno di parole o di complimenti. Così non gliene ho fatti.
《Come ti chiami?》gli chiedo incuriosita.
Lui mi guarda storto, e mentre preparo la mia borsa per scendere lui fa lo stesso, mi risponde in modo pacato:《Non mi piace il mio nome.》
Mi chiedo cosa significhi quella risposta, ma mi lascio il beneficio del dubbio.
Certe persone non le capisci, come lui non può capire me con la fissazione per il mio solito posto, io non posso capire perché non gli piaccia il suo nome.
Ho smesso di farmi domande quando ho capito che non potevo avere risposte.
Ho smesso di sperare quando ho capito che la mia vita è una delusione.
Appoggio le mie scarpe sulla striscia gialla del marciapiede e guardo il ragazzo senza nome allontanarsi, e fermarsi a parlare con un barbone dall'altezza discutibile.
Chissà se vorrà sapere il mio nome.
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19 passi.
ParanormalNirvana è una ragazza problematica con disturbi ossessivi compulsivi. Ha un ossessione per il numero 19. Ogni mattina ripete lo stesso rituale, 19 passi per andare dalla sua camera alla cucina, 19 pagine da leggere al giorno, 19 matite nel suo astuc...