Enrico.

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È sera, mi dirigo verso un pub di Milano nuovo, inaugurato da mio zio.
Entro e tutto davanti a me è posto in modo elegante ma allo stesso tempo accogliente. Ci sono tavoli neri e siede bianche come la cancellina, il muro è pieno è manifesti pubblicitari in stile anni '50 e locandine di film americani. Noto che al di sopra del piano terra, c'è la sala per soli fumatori così decido di andarci per fumarmi una sigaretta in santa pace. Salgo le scale, sono 19, mio zio ha pensato anche a me mentre lo ideava, saperlo mi ha fatto sorgere una smorfia di felicità. Non so nemmeno se si possa dire sorriso, non sorrido da parecchio tempo.
Sono circondata da una puzza di alcol assurda e da qualche maniaco che mi rivolge un'occhiata di dubbio gusto.
Mi siedo nella diciannovesima poltrona, mio zio mi raggiunge dal piano terra per salutarmi.
Hai visto?ci sono esattamente diciannove scale.》mi alzo dalla comoda poltrona accennando un sorriso falso come Giuda per abbracciarlo, poi mi risiedo.
Odio il fatto che per salutare una persona bisogna per forza toccarla, odio il contatto fisico, specialmente se non voluto.
Non è stronzaggine, è solo che sono fredda, un po' troppo.
Parliamo del più del meno, dei miei studi, della famiglia, di Argo.
E il fidanzato?》la classica domanda che mi viene rifilata da anni ormai, al quale non mi ha mai fatto piacere rispondere, non ho mai avuto nessuno.
Scorgo una figura da lontanto, con una sigaretta in mano, che si avvicina sempre di più e con una postura malmessa. È il ragazzo senza nome del treno. Rimango stupida, cosa ci fa qui?
Mi piace quel ragazzo》cerco di indicarlo senza dare troppo nell'occhio.
CHI?!》mio zio si gira guardandolo dritto negli occhi, lui ovviamente se ne accorge e mi rivolge un saluto.
Ti vorrei ammazzare》rispondo fulminandolo con gli occhi, e dandogli un calcio sotto la sedia. Mio zio ride, e poco dopo mi lascia ancora assolta nei miei pensieri. Ormai neanche lui fa più caso al mio disturbo, ci ridiamo su.
Mio zio se ne va lasciandomi di nuovo tra i miei pensieri, ho davvero ammesso che mi piace lui? Perché mi piace? Mi avrà rivolto al massimo due sguardi di sfuggita in treno. Prendo un cocktail e finisco la mia sigaretta e mentre lo sorseggio noto che il ragazzo senza nome mi si avvicina.
Mi lascia un biglietto
"Enrico: 345 672 4750"
Enrico.
Sorrido.
È un sorriso vero questa volta.

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