2 - PECCAMINOSA

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PECCAMINOSA

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PECCAMINOSA

[Evelyne]

L'inferno! Ecco cosa mi aspettava dopo la morte. Non c'era alcun dubbio a riguardo: io, Evelyne Dumont, sarei finita all'inferno. Non poteva essere altrimenti, i miei pensieri impuri mi perseguitavano costantemente e i miei sentimenti proibiti venivano alimentati giorno dopo giorno senza alcun ritegno. Volevo guarire da questa "malattia" insana, ma più mi impegnavo più mi rendevo conto quanto fosse impossibile. Perché dovevo uccidermi d'amore? Perché dovevo provare tutto quel turbine di emozioni quando lui mi ronzava attorno? E soprattutto, perché proprio lui? Insomma: mi stavo incasinando la vita per un perfetto idiota che mai mi avrebbe corrisposta, e nonostante questa mia consapevolezza non riuscivo a liberarmi di lui.

Linda mi diede una gomitata piuttosto forte ad un fianco, mi destai dai miei pensieri di soprassalto, ero partita per uno dei miei soliti viaggi mentali, cosa normale, era la routine.

«Evy! Svegliati, per Dio. Il professore ti stava guardando. Avevi un'espressione inebetita in faccia», mi rimproverò. Era vero, il professore di Economia Aziendale mi stava fissando con un sorrisino sarcastico in viso.

«Bentornata tra noi signorina con la maglietta rosa. Era ora!» mi disse beffardo tornando alla lavagna.

L'intera aula si voltò ad osservarmi mentre io divenni di mille colori. Per fortuna che all'università i professori non ti conosco per nome e più della metà dei miei compagni di corso non sapevo nemmeno chi fossero.

«Idiota! Sei sempre la solita. Ma dimmi se devo fare queste figure per colpa tua», sbuffò la mia compagna di banco.

«Uffa, Lin, lo sai come sono fatta, quando ho dei pensieri per la testa ogni tanto mi distraggo», le risposi.

«Li hai da una vita questi pensieri, Evy», disse aggrottando le sopracciglia. Sospirai senza dire niente, Linda aveva ragione, era una vita che mi tormentavo sempre per lo stesso motivo. Un uomo. Erano anni, precisamente dalla prima superiore, infatti a quattordici anni ero riuscita a decifrare quel sentimento malato che mi sarei trascinata dietro a vita. E pensare che lo vedevo tutti i santi giorni. Eravamo a stretto contatto spesso e volentieri, gli davo mille attenzioni, cosa che non volevo fare ma non riuscivo a farne a meno, e comunque lui non si rendeva conto di niente. Che cafone! Io mi struggevo per amor suo e lui si comportava come se nulla fosse. Che nervoso! Lo avrei preso a pugni se avessi potuto.

«Su con la vita, Evy. Il mare è pieno di pesci. Non ti devi fossilizzare su "chi sappiamo noi". Anche perché è un po' sconveniente non credi?» mi domandò Linda cercando di tirarmi su di morale. Io la fissai dritta nei suoi occhi chiari.

«Lo so benissimo, Lin, ma tu non sai cosa provo io, non lo puoi capire. Non è facile lasciar perdere. È impossibile!» le risposi con tutta l'enfasi e la drammaticità di cui ero capace. Lei si sistemò la folta chiama bionda sospirando pensierosa.

La Sacerdotessa Dei Due MondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora