Tenth chapter

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10.

HPOV
«Ti va bene di stare in questa camera?»

Mi guardai intorno nella stanza rosa e bianca, dove io e lui avevamo fatto l'amore. Dove avevamo concepito il bambino.

«Va bene da qualsiasi parte» risposi con la testa che mi girava. Mi sentivo così stanca, fin nelle ossa.

«Voglio starti vicino.»

«Non commetterò nulla di disperato, Justin.»

«Lo so.»

Invece non lo sapeva. Ed era meglio così, perché non volevo che sapesse troppo di me, anche se mi aveva vista nuda. Nessuno sapeva tutto di me, neppure io stessa. Non sapevo se sarei stata in grado di superare la prova che avevo davanti. Il solo pensiero che potessero portami via di nuovo il mio bambino, senza che potessi vederlo o toccarlo, mi faceva gelare. Mi dava l'impressione che la vita mi abbandonasse.

E se lo tenessi?

Per un attimo mi immaginai con il mio bambino in braccio, a guardare i suoi occhi ambra come quelli del padre. Avere qualcuno da amare, qualcuno che mi amasse.

Lo stomaco sobbalzò, le lacrime minacciarono di straripare. «Sto bene» dissi, più che altro a me stessa. Ma sapevo di mentire.

«Vuoi stenderti un po'?»

«Non ho alcun sintomo, ancora.»

«Quando cominciano di solito?»

«Verso le sei settimane...»

«Tutte le donne sanno queste cose? Non sembri il tipo che ne sia informata.»

Colpita! Si avrei dovuto dirgli qualcosa. Non che importasse.

E invece sì.

«Oh, ne resteresti sorpreso. Comunque sono un po' stanca. Dormirò un po'. Ne parliamo dopo?»

Annuì. «Se ti sentirai bene, vorrei fare una passeggiata sulla spiaggia con te.»

«Sarebbe bello.» Lo accompagnai all'uscita e chiusi la porta, appoggiandomici contro. La mia vecchia vita stava collidendo con la nuova, e non sapevo più dove finiva una e cominciava l'altra. Il mio peggior incubo mi si dipingeva davanti, e non avevo idea se potessi fare qualcosa per fermarlo.

*

Mi svegliai sentendomi ancora più assonnata di quando ero andata a dormire. La testa mi girava e fuori era buio. Mi ero persa la passeggiata con Justin, ma non mi dispiaceva troppo. Non ero pronta a parlare. Non ora, non quando dovevo essere onesta con lui.

Una lacrima mi scorse sul viso e non mi curai di asciugarla. Justin era la persona che avevo sentito più vicino, e tuttavia per almeno la metà del tempo eravamo su fronti opposti. Forse non ero adatta a stare a fianco di qualcuno, era ovvio che non sapevo farlo. Anche con Zack c'era stata una distanza calcolata. Ci eravamo incontrati ognuno nella propria posizione e avevamo proseguito insieme, ma mantenendo il nostro spazio, senza conoscerci davvero in profondità. E a me era andata bene così.

Justin invece mi pressava, mi faceva arrabbiare. Mi faceva provare passione e mi faceva perdere il controllo, e guarda che disastro era successo. Anche se con lui mi sentivo più genuina, più vera. Non sapevo se fosse una buona cosa o meno.

Mi raggomitolai di lato con le braccia al petto, sentendomi come se stessi per andare in pezzi. Per una volta non potevo controllare o cambiare la situazione: ero incinta di lui.

Mi misi a sedere asciugandomi le lacrime. Dovevo smettere di pensare e sentivo il bisogno di stare con lui, non sapevo perché. Ma non mi importava, mi sentivo male ed ero così stanca di essere sola. Con le gambe che mi tremavano, mi misi in piedi e mi avviai verso la porta di comunicazione tra le camere, che aprii senza bussare. A tutta prima non lo vidi, era buio e lui non era sul letto. Poi lo scorsi nella poltrona, le mani aggrappate ai bracciali. «Ciao» gli dissi, la voce mi uscii più ruvida di quanto intendessi.

A game of vows. ↠ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora