Fourteenth chapter

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14.

JPOV
«Justin, hai i rendiconti trimestrali delle vendite?» Hannah entrò nell'ufficio con l'aria della donna d'affari che le era solita, ma anche con qualcosa in più: felicità. Era impossibile ignorarla, ed io non volevo farlo.

Guardai lo schermo del computer e chiusi le finestre di Internet... stavo cercando i migliori college possibili, per mio figlio, o figlia, che ora era poco più che un embrione. Sbattei le palpebre e mi concentrai su di lei. «Cosa?»

«I rendiconti trimestrali. Ne ho bisogno per tenere sotto controllo le tue finanze. Ciò per cui mi paghi. Ho bisogno che me li passi con una settimana di anticipo. Ma a meno che tu non abbia una macchina del tempo, lascerò perdere.»

«Che cosa?»

«Non importa. Hai i rendiconti o no?»

«Io... da qualche parte. Uhm... devono essere in un cassetto qui intorno.»

Mi guardava con i suoi occhi azzurri. Pensavo di vederci dell'impazienza, ma stava aspettando calma. «Scusa, non sono un'aquila in questo, Hannah. Tu sì, invece.»

Fece un gesto con la mano. «Va bene. Ho già fatto quello che dovevo per oggi. Comunque, mi sei mancato ed è bello venire a trovarti per un poco.» Avanzò verso la scrivania, le sue delicate dita sul legno che tracciavano dei cerchi. Strinsi i denti cercando di concentrarmi. Imprecai e battei una mano sul ripiano, facendola sussultare.

«Posso trovarli.»

«Okay, cercali.»

Certo, lo sapevo. La mia mente andava a rallentatore, catturata da lei. «Dannazione Hannah, ti dispiacerebbe non ancheggiare?» Si accigliò mentre io quasi spezzai la penna che avevo tra le mani. «Mi dispiace» aggiunsi con voce roca.

«È un brutto momento? Lascia che li cerchi io.»

«Devo guardare tra la posta. Posso farcela.» Frugai nell'apposito cassetto e di colpo fu come se la nebbia si schiarisse. Presi un fascicoletto. «Ecco qui.»

«Grazie.»

«Ci vediamo quando avrò finito qui.»

Lei annuì, le labbra piegate all'ingiù adesso. «Ci vediamo.»

Uscì dalla stanza e mi appoggiai all'indietro contro la poltrona. Stavo sudando. Perché era stato tanto difficile? E perché avevo dimenticato i rendiconti, per cominciare?

Erano le distrazioni. Non facevo altro che pensare ad Hannah e al bambino. Pensavo alle scuole per mio figlio, e ad una vera casa che non fosse un attico in città. Dovevo farlo, si trattava di quello che volevo costruire per la mia famiglia e per mio figlio. Adesso era ancora più importante che riuscissi a gestire la Bieber, non si trattava di orgoglio personale, ma di eredità familiare. Era un diritto dei figli non avere un padre pazzo che distruggeva ciò che spettava a loro.

Certo, avevo un patrimonio personale, ma era meno resistente del valore dell'azienda, che aveva un potenziale immenso, ancora in espansione. Ma se continuavo a comportarmi da coglione, non avrei avuto molto successo. Hannah mi aiutava, mentre avrei dovuto io prendermi cura di lei. L'avevo legata a me, a un uomo deficiente e incapace, mentre lei era eccezionale, coraggiosa e brillante, più di qualunque donna avessi mai conosciuto. Ero sicuro che mi avesse maledetto migliaia di volte per averla portata via il giorno del suo matrimonio, e per la prima volta anche io mi maledii.

HPOV
Justin era ancora teso quando tornammo all'attico, e non cercava neppure di nasconderlo. Avevo quasi paura a parlare per il timore che esplodesse. Non che non fossi in grado di fronteggiarlo, ma la sensazione che lui non fosse felice mi metteva a disagio.

A game of vows. ↠ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora