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22 Aprile, anni prima.

« Mamma non voglio andarci! »
« Andrà tutto bene, Eddward... noi lo facciamo solo per il tuo bene. »
« Ma io sto bene! Cosa non comprendete nella frase "sto bene"? C'è qualcosa che non vi è chiaro? Posso spiegarvelo meglio! »

I signori Marion si guardarono per un istante, esasperati e decisamente stanchi del comportamento di Edd, menefreghista nei confronti della propria salute.

« Eddward » lo chiamò suo padre « anche se vai dal psicologo, ciò non significa che sei pazzo. »
Dicevano tutti così.

Cominciai nel profondo ad odiare un po' i miei genitori quando misi piede nello studio dello strizzacervelli.
Avevo quattordici anni. Anche se erano passati otto anni, la notte non riuscivo a dormire oppure urlavo nel sonno.

Molte volte mia madre mi svegliava e per tranquillizzarmi mi abbracciava, fino a farmi addormentare nuovamente. Rimaneva lì, ad accarezzarmi i capelli corvini poi si allontanava quando era sicura che stessi bene.
Nonostante i miei continui tentativi per convincerli che ero in ottima forma e quelle urla erano date a stupidi incubi, i miei genitori si vantavano di sapere benissimo quando una persona mentiva o meno.
E io mentivo alla grande.

Ogni mio pensiero fu subito spazzato via quando quel che sarebbe stato il mio psicologo per mesi fece la sua entrata nella stanza.
Ah, era una ragazza.
Avrei preferito di gran lunga un uomo: con le ragazze non andavo molto d'accordo, e quando aprivo bocca la mia faccia si colorava di rosso fino alla punta delle orecchie. Era parecchio imbarazzante.

« Ciao Eddward. Sono la tua nuova psicologa » si introdusse lei, porgendomi la mano « Mi chiamo Isabelle Devine, ma se preferisci chiamami Isa. »

Le strinsi la mano, tra il freddo e il cordiale; quando notò che nella stanza scese un assordante silenzio e io non proferivo parola, mi disse: « So che non ti piace stare qui. Ogni mio paziente è sempre contrario di venire alla prima visita. Quindi voglio farti sentire a tuo agio, okay? In cosa ti posso aiutare, Eddward? ».
Dopo un profondo respiro, misi braccia conserte e la guardai negli occhi.
« Può aiutarmi a capire che problema ho, perché io non riesco a capirlo »
Sul suo viso crebbe un dolce e tenero sorriso.
« Allora parlami di te, Edd. »

~
8 Settembre – 9 Settembre.
Giorno 4, giovedì sera.

« Dove vai di bello a quest'ora? Sono le otto e mezzo, per caso esci con la tua ragazza? » chiese Kevin con tono malizioso, e io sputai il sorso d'acqua che stavo per mandare giù.

« I-Io non ho la ragazza, Kevin, » mi pulii le labbra con un fazzoletto, guardandolo male. « E tu, sei fidanzato? »

« Mh » mugugnò, gettandosi sul letto con poca eleganza.

« Okaaaaay. Ora vado, buon divertimento » ridacchiai, ricevendo in risposta: " Usa le precauzioni ".
Gli avrei voluto rompere il setto nasale senza pensarci due volte. Se solo non fossi così fifone e privo di coraggio.

Mi chiusi la porta alle spalle, con un sospiro esasperato, prima di incamminarmi verso l'uscita del campus.
L'istituto si stagliava davanti maestoso, nemmeno fosse il castello di Hogwarts. Si presentava bene, agli occhi dei passanti: adoravo anch'io quel posto.
Perso nei miei pensieri, finii per urtare due ragazzi, che all'unisono mi gridarono:"Stai attento a dove cammini, amico!".
Mi girai verso di loro con l'intenzione di scusarmi, quando il più piccolo di statura fra i due non fece un'espressione sorpresa, come quando ci si ricorda della persona che hai davanti dopo tanto tempo.

« Ma io ti conosco! Stai nella mia classe di Biologia. Aspetta... » si massaggiò il mento con il pollice e l'indice, corrucciando le sopracciglia. Era comica, quella scena.
« Tu sei Mario, no? » tirò a indovinare l'altro, che di gran lunga mi superava di qualche centimetro.
Feci segno di negazione con il capo, divertito. « Ci sei andato vicino, però. »
« Mh.. MARION! Sì! Marion Eddward? Te ne stai sempre in disparte a scarabocchiare. » disse il piccolo, squadrandomi da capo a piedi. « Sei un tipo mooooolto strano. Mi spieghi che ci fai a quest'ora fuori dal campus? Se non hai il permesso non puoi— »

« Ce l'ho » tagliai corto, mostrando il pezzo di carta ritirato poche ore prima in segreteria. « È per una cosa importante. »
« La tua ragazza? » sorrise il più grande.
« Certo che n-no! » esclamai imbarazzato.

Ma perché sono tutti convinti che io abbia una ragazza?

« Comunque sia, fatti gli affari tuoi Ed! Oh, non mi sono presentato, sono Eddy. » mostrò il suo pugno, con cui silenziosamente mi invitava a batterlo col mio. Lo capii solo poco dopo con sorpresa, battendolo scarsamente.

« Io invece sono Ed » si presentò l'altro, mostrando un sorriso gentile.
Sorrisi anche io.

~
Giorno 5, venerdì.

Il giorno dopo venni brutalmente strappato dal mondo dei sogni a causa della mia sveglia. Sentii un imprecazione da parte di Kevin, che premette le due estremità del suo cuscino contro le proprie orecchie, dandomi le spalle.

« Spegni quella cazzo di sveglia, porc— »
« Kevin, il linguaggio! » dissi a voce alta, per interromperlo. Mi alzai con stanchezza dal morbido materasso, stiracchiando le braccia e le gambe.
« Fottiti, tu e la tua sveglia »
« Volgare. »
« Nerd. »

Non ebbi più motivo di rispondere.
E lui smise di provocarmi, alzandosi dal proprio letto per prepararsi in bagno.
Kevin era un compagno di stanza terribile.
Ogni giorno imprecava e malediceva sottovoce chi avesse inventato la scuola. Per prepararsi e lavarsi in bagno con lui era una guerra; diceva sempre:"Aspetta il tuo turno, idiota!", poi mi sbatteva la porta in faccia, così costringendomi ad attendere che lui finisse.
Altri giorni, furbo com'ero, mi svegliavo prima e mi chiudevo nel bagno nel momento giusto in cui si era svegliato.

Quello era uno di quei giorni.
Erano le otto in punto, quando uscimmo dalla nostra stanza e ci incamminammo verso l'università.

Sapevo che mi lanciava frecciatine rigide e minacciose, quando ad un certo punto ruppe lui stesso il ghiaccio per chiedermi:« Ieri com'è andata con la tua ragazza? Sei tornato tardi ieri sera.. ».

Avevo sentito male o aveva un tono diverso, tipo geloso?

« Non ci sono andato più. »

« Ti ha lasciato? » lo sentii ridacchiare.
Una cosa che notai non con molto piacere era che il suo sguardo, sebbene fosse così bello e attraente, ti faceva sentire così nudo e vergognato.
In quel momento stavo provando proprio quella fastidiosissima sensazione.

« Non è la mia ragazza, cristo santo. Fatti i ca– » roteai gli occhi, esasperatamente.

« Il linguaggio, Eddwardino! »

Lo odiavo.
Odiavo Kevin da morire.

Stavo calmando il mio istinto omicida quando mi vennero incontro Ed e Eddy, con un sorriso stampato sulle labbra. Kevin si irrigidì all'istante –per motivi a me sconosciuti– squadrando i miei due nuovi amici con aria scocciata.

« Ciao Edd! Una di queste sere facciamolo di nuovo! Devo insegnarti a giocare meglio a Fifa, perché sei una schiappa » rise Eddy, dandomi una gomitata. « È stato troppo facile batterti. »

« Sei stato con questi due idioti ieri sera? » ringhiò Kevin, impedendomi di rispondere.

« Sì.. dovevo dirtelo per forza con chi ho passato la serata ieri? »

« Dell'idiota ce lo dai a tuo padre, Kevin. » si intromise Eddy con un tono duro e provocatorio.

Fu un attimo di un secondo, che un pugno del rosso gettò Eddy a terra, e cominciò una rissa clamorosa. Non avevo mai visto così tanto sangue.
Preso dal panico feci per separarli, finché un altro pugno – non so da chi – non mi fece perdere i sensi, con un dolore allucinante alla tempia sinistra e alla nuca.

E così vidi solo il buio.

Beautiful Disaster.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora