ATTESA

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Camminava lungo il corridoio della scuola, completamente deserto. Non sapeva dove stesse andando, sapeva solo di dover camminare. Camminare. Camminare. Senza voltarsi, senza fare caso alle aule che passava, gli armadietti coperti da graffiti addossati alle pareti erano l'unico scenario su cui si permetteva di posare lo sguardo.

Distrattamente, scorse di star indossando la divisa della sua vecchia scuola media, giacca e pantaloni blu scuro ed una camicia bianca.. si perse ad analizzare scioccato le mani che sbucavano dalle maniche, non più quelle di un uomo, ma minute, lisce e pallide come quelle di un bambino.

Il terrore lo travolse senza preavviso.

Il cuore gli batteva forte nel petto. C'era qualcuno, lì con lui. Sentiva la sua presenza alle spalle; più si faceva incombente, più i suoi piedi da ragazzino si muovevano veloci lungo il corridoio senza fine, cercando di sfuggirgli.

Una risata,

una risata che lo attraversò come una scarica elettrica, dandogli la forza di iniziare a correre, ma il suono non si allontanava, anzi, si moltiplicava fino ad innondargli le orecchie, ora le risate erano migliaia, provenienti da ogni direzione. E Levi fece quello che non avrebbe dovuto fare. Guardò alla sua destra, dentro ad un aula, dritto negli occhi vuoti delle persone che lo stava canzonando. Gli puntavano il dito contro, le loro espressioni deformavano i visi giovani fino a renderli grotteschi, dei mostri... il ragazzino prese a correre più forte, serrando gli occhi per non vedere e le orecchi per non ascoltare, ma il corridoio non voleva finire.

"Levi."

Il ragazzo si arrestò.

"Levi, che cosa devo fare con te? Mi metti sempre in imbarazzo."

Aprì gli occhi per ritrovarsi nella cucina di casa sua, sua madre lo guardava esasperata.

"Devi smetterla di raccontare bugie." Una lacrima minacciava di sfuggire dai suoi begli occhi color ghiaccio. "Oggi la professoressa mi ha avvicinata per dirmi che non sapeva avessi altri due figli. Che strano, nemmeno io lo sapevo."

Levi socchiuse la labbra in un sussurro "Scusa..."

"Devi smetterla di inventare storie assurde! Isabel non è la tua sorellina morta, Farlan non è tuo fratello maggiore, ed io.." la donna si puntò il dito contro. "Io non sono nata all'estero, non ho mai lavorato per ricche famiglie, tuo padre ed io non ci siamo conosciuti durante un viaggio a New York, e lui non è vivo.."

Levi si sentì travolgere da tutte quelle informazioni. Lo sapeva, lo sapeva che non era vero, ma non aveva mai voluto ammetterlo.

"Sei un bugiardo."

"No non è vero."

"Lo vedi? Questa è la prova che lo sei."

Levi abbassò lo sguardo a terra la vista appannata dalle lacrime che minacciavano di cadere.

"Bugiardo."

Non era più la voce di sua madre. Il ragazzo rialzò la testa, ritrovandosi davanti una seconda figura che lo guardava accusatrice. Eren.

Levi sentì un tuffo al cuore. Mosse un passo verso di lui. "Eren?" Voleva andargli incontro, il piede urtò qualcosa, che cadde a terra con un suono cristallino per poi rotolare via. Una bottiglia di vetro. Una bottiglia di vetro affumicato. Guardò ai suoi piedi, trovando un mare di vetro opaco a circondarlo.

Eren dall'altra parte della stanza lo guardava, i suoi occhi turchesi fissi su di lui.

***

Si svegliò in un mare di sudore, la stanza era avvolta nel buio. I suoi occhi faticavano ad abituarsi all'oscurità, e la sua mente era ancora troppo confusa per capire che...stanza? Quale stanza? Non ricordava di essere mai andato a casa! Si scrolló di dosso il problema, pensando che se davvero era riuscito a raggiungere casa, allora tanto meglio. Allungó la mano, tastando in cerca dell'interruttore. Che strano, eppure doveva essere lí da qualche parte... si rigirò sul materasso, che produsse un cigolio sinistro. I materassi ad acqua non cigolano, pensó Levi. Si girò di nuovo, rotolando verso la parte di letto che sapeva vuota... e cadde a terra, producendo un sonoro tonfo.

NO NAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora