CHIUSO IN SE' STESSO

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Non capiva. Non comprendeva cosa gli stesse succedendo.. quelle sensazioni che provava, anzi, quelle non- sensazioni, piano piano lo stavano prosciugando di ogni forza. Voleva dormire.

Una grossa nuvola di depressione gli aleggiava attorno, ed era così dolorosa, e soffocante. Lo stancava. Avrebbe voluto riposare per sempre.

Voleva solo stare solo, accovacciato tra le lenzuola. Lontano da tutto e da tutti, lontano dalla quotidianità, lontano dai problemi.

Una bolla fuori dal mondo, dove il tempo è fermo a quell'ultimo istante in cui hai provato una sensazione. Rabbia, per essere precisi. Rabbia verso sé stesso, rabbia verso il prossimo. Non c'è differenza.

***

Mikasa bussó alla porta della camera.

"Eren? Ti ho portato la cena!".

Silenzio.

Se non fosse stato per il rumore di quei pianti soffocati che sentiva sempre a notte fonda, avrebbe potuto pensare che non ci fosse piú segno di vita lí dentro. Sospiró, sentendosi sconfitta anche questa volta. "Ti lascio il cibo davanti alla porta.." disse, prima di ridiscendere le scale.

Era da due settimane che suo fratello se ne stava chiuso là dentro. Nessuno sapeva quale fosse il motivo, l'unica cosa che lei sapeva era che una mattina come le altre aveva cercato di aprire la porta della sua camera, per svegliarlo, e l'aveva trovata chiusa a chiave. Sul momento non se ne era curata, Esistono mooolti motivi per cui un teenager può tener chiusa la porta della propria stanza, e non è esattamente il caso di indagare- If u know what I mean..

Quella mattina, Eren non scese a far colazione.

Dopo mezz'ora sia Mikasa che Carla iniziarono a preoccuparsi seriamente. Stava male? Aveva preso la febbre? Carla era corsa di sopra, preoccupata come lo sarebbe ogni madre, ma per quanto parlasse davanti a quella porta chiusa, sentiva che sarebbe stato più facile che il legno prendesse vita e le rispondesse, piuttosto che sentire la voce del suo ragazzo. Stava considerando l'idea di sfondare la porta per scoprire cosa stesse succedendo, quando un foglietto fatto scivolare sotto la soglia catturò la sua attenzione.

"LASCIATEMI SOLO, PER FAVORE."

Quella era stata l'ultima volta che Eren aveva comunicato con loro. Carla aveva rispettato il suo desiderio, persino passando sopra alla questione "scuola". Però due settimane erano troppe. Non poteva andare avanti così.

Mikasa entrò in salotto, venendo subito bersagliata dagli sguardi dei tre e dalle loro espressioni preoccupate. "Come stà? Sei riuscita a parlargli?" Chiese Kari.

La ragazza scosse la testa. "Macché. Non parla, e probabilmente nemmeno mangerà, come ha fatto negli ultimi giorni. Ha la porta chiusa a chiave come sempre, ho giá controllato, sgattaiola fuori solo quando è sicuro che non ci sia nessuno, tipo quando siamo a scuola o a lavoro".

Carla crolló a sedere sul divano. " E' colpa mia. Non avrei dovuto insistere con quella storia di vostro padre, avrei dovuto prevedere che lo avrebbe fatto soffrire. Sono una madre insensibile, come ho fatto a non accorgermi di quanto stesse soffrendo?"

"Carla! Non dirlo neanche per scherzo, tu sei una madre fantastica!"la rimproverò Armin. "Credo invece sia colpa mia se Eren sta male." aggiunse a bassa voce. "Gli ho tenuto nascosta una cosa, perché pensavo se la sarebbe presa se fosse venuto a saperlo... e ho anche chiesto a Kari e Mikasa di mantenere il segreto. Che razza di amico sono? L'ho praticamente escluso! L'avrò fatto sentire così solo, per colpa del mio egoismo... " disse, afferrandosi la testa tra le mani.

NO NAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora