Sexy naughty bitchy

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Ovviamente scherzavo.

Non ci sarà nessun "c'era una volta". Quella è la battuta iniziale di una favola, ma vedrete che in questa storia non c'è nulla di fiabesco. Solo la netta e cruda realtà.

Tutto è iniziato quel venerdì sera. Io e le mie amiche avevamo deciso di berci una cosa al Blues Brothers, un pub molto carino con le luci soffuse e le piante rampicanti sui separé di legno.

Eravamo sempre le solite, sempre ai soliti posti. Sempre le solite abitudinarie.

Stefy, la dura, a capotavola. Aveva ordinato una birra piccola, perché guidava. Paola, la pragmatica, accanto a lei, tablet alla mano a controllare per l'ennesima volta sul registro elettronico della sua facoltà se il professore di diritto aveva messo il voto dell'esame. Nicole, la "gossip girl", intenta a farsi selfie da postare su Instagram per i circa dieci followers più interessati alle tette che mostrava con tanta generosità che al viso appuntito e lentigginoso e alle sottili labbra piene di rossetto.

Stranamente c'era anche Delia, che ben di rado metteva il naso fuori di casa. Era una ragazza tanto freddolosa, e nonostante nel locale facesse molto più caldo che fuori era fasciata in un maglione largo e pesante e si soffiava sulle mani arrossate. Aveva ordinato una tisana alle erbe. Da qualche mese aveva deciso di diventare vegetariana, a causa delle sue convinzioni animaliste.

Io sorseggiavo una coca ghiacciata. Anch'io avevo l'impiccio delle ruote quella sera, ma a differenza di Stefy non sarei tornata col culo al calduccio in una Panda rossa, per scortare a casa le altre tre donzelle, ma sola soletta sul mio motorino.

Io e le ragazze avevamo affrontato insieme cinque, terribili anni di liceo classico. Delia, invece, la conoscevo dalle medie, quando si era trasferita a pochi isolati da casa mia con la sua famiglia. Era arrivata l'ultimo anno, e mi aveva incuriosito subito il suo modo di fare schivo e pacato. Mi vantavo con tutti di averla presa sotto la mia ala, per impedire che i maschiacci della nostra classe la mangiassero viva. La verità era che non sapevo esattamente chi aveva salvato chi. Io e Delia eravamo state inseparabili per tutto l'anno scolastico, avevamo assistito ai nostri reciproci esami di fine anno ed eravamo state insieme ogni giorno dell'estate.

Alle superiori ci eravamo sedute in banco insieme. Paola si era aggregata a noi dopo poco, notando che eravamo le uniche ragazze con un po' di cervello lì dentro. Avevamo fatto fronte comune contro tutti gli altri. Poi Delia aveva avuto una disavventura con un ragazzo più grande, che la stava importunando. Ed era entrata in scena Stefy, menando le mani e prendendo le difese della ragazza, che subito l'aveva adorata e l'aveva scelta come protettrice. Io mi ero un po' offesa, anche se la preferenza di Delia verso di me era rimasta inalterata. Però avevo faticato ad inserire Stefy nel nostro gruppetto, perché lei era così diversa da noi, così aggressiva, smodata e inopportuna. Non aveva nessun interesse in comune con noi e non sembrava dar peso alla nostra amicizia. In effetti, l'unica cui rivolgeva la parola senza urlare e sputare saliva era Delia.

Nicole aveva risolto la situazione, seppure in maniera un po' inusuale. Noi l'avevamo detestata e presa in giro in segreto per due anni, prima che si rivelasse diversa da quello che era - una gallina dalla testa vuota che pensava solo al trucco, ai vestiti di marca e ai ragazzi. Successe con la morte di suo padre. Ne rimase talmente distrutta che per un mese buono continuò a scoppiare a piangere senza ritegno in classe e durante le interrogazioni. Stefy pensò che fosse un trucco per evitare le interrogazioni: io ebbi più compassione, anche perché vedevo che nessuna delle sue "amiche" faceva alcunché per consolarla. Così, dopo l'ennesimo sfogo di lacrime, chiesi il permesso di accompagnarla in bagno. Le parlai molto e a lungo: della morte di mia madre, di come avevo fatto a tirare avanti, di come il tempo guarisce le ferite, di come a poco a poco si riesce a costruire un'altra normalità. Nicole mi ascoltò con gli occhi gonfi e il trucco colato per un bel pezzo. Quindi mi abbracciò, ringraziandomi, e io vidi che era molto diversa da come cercava di apparire: era una ragazza fragile e bisognosa di attenzione, che pur di ottenere avrebbe corso il rischio di sembrare stupida e sfacciata.

La Ragazza con il FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora