Christian

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Sarei rimasta volentieri a casa, quel lunedì mattina. Non avevo voglia di ascoltare le chiacchiere insulse dei professori, e tantomeno di incontrare Alberto. Ma stare a casa avrebbe significato avere Giovanni tra i piedi e dare spiegazioni a papà circa il labbro rotto. Per evitarli entrambi, mi rassegnai a guidare fino alla fermata, abbandonare il motorino nel parcheggio e prendere il bus che mi portava fino a Padova.

Era una giornata uggiosa. La pioggerella scendeva fine, più fastidiosa che altro. Nascosta nel mio piumino, sotto l'ombrello bianco, camminavo rapida verso il Liviano. Passai davanti al mimo Charlie Chaplin senza quasi vederlo, persa com'ero nei miei pensieri. Pensavo soprattutto a Christian, al desiderio inaspettato che mi aveva colto. Mi chiedevo cosa sarebbe successo se Giovanni non fosse intervenuto. E mi chiedevo per quale motivo avesse provato una tale, cieca furia nei miei confronti.

Non avrebbe mai approvato una mia eventuale relazione con uno dei suoi amici. Si sarebbe roso dalla rabbia, se mai gli avessi annunciato una cosa simile. Poteva esistere vendetta più dolce? Dovevo solo trovare il modo di portare a termine il progetto senza che lui venisse a saperlo, ma dubitavo che dopo ieri sera avrebbe continuato ad uscire insieme a Christian con la stessa assiduità.

Ero talmente pensierosa che non mi accorsi nemmeno di Alessia, che mi stava rincorrendo in mezzo alla folla. Mi afferrò la borsa e io d'istinto la tirai verso di me, facendole perdere l'equilibrio e finire contro un ragazzo con gli occhiali.

«Ehi, calma! Ti stavo chiamato da tipo dieci minuti!»

Mi scusai, rilassandomi. Entrammo insieme nell'edificio. Avevo intravisto Alberto col suo gruppetto e mi nascosi dietro l'ombrello per non farmi riconoscere.

Mentre prendevamo posto, Alessia mi diede di gomito. «Dimmi un po', ma è vero quello che si dice in giro?»

«Cosa si dice in giro?»

«Che ti sei fatta Alberto!»

La flebile speranza che potesse trattarsi di qualcos'altro svanì come neve al sole. «Chi lo ha detto?»

«Lui stesso. Prima mi ha fermato perché non ti vedeva arrivare e mi ha chiesto se saresti venuta. Temeva che lo avresti evitato, dopo "quello che era successo tra di voi".» Allargò i già enormi occhi castani. «Allora?!»

Non aveva senso nascondere la cosa. Io e Alessia ci conoscevamo solo da poco più di due mesi ma eravamo già diventate molto affiatate. Lei mi raccontava quotidianamente dei suoi dissapori col fidanzato, e ora che avevo finalmente anch'io qualcosa di eccitante da rivelare confessai a mezza voce: «Se è successo qualcosa, non me lo ricordo. Siamo andati in discoteca e ho fatto un po' di casino, e la mattina mi sono ritrovata nel suo letto.»

Gli occhi di Alessia raggiunsero le dimensioni di due palline da golf. «Ommioddio!»

«Ti prego di non raccontarlo in giro.»

«Ma figurati!»

Renato e Nicola ci raggiunsero. Stavano parlando di un concerto metal cui erano stati sabato sera.

«Anche voi ci avete dato dentro questo week end?» si intromise Alessia. Io le lanciai un'occhiata ammonitrice.

«Anche?» Nicola fece un sorrisino. «Ci nascondi qualcosa?»

«Io no, ma Monica ha avuto una nottata folle a quanto pare.»

Renato sollevò un sopracciglio, aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso affilato. «Ma dai?»

Nicola ridacchiò, tirandosi la cintura dei pantaloni sulla pancia prominente. «La verginella casta e pura si è sbottonata alla fine.»

«E chi è stato il fortunato?» indagò Renato.

La Ragazza con il FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora