You what?

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Il viaggio non durò molto a lungo e Amelia ringraziò di questo, era troppo imbarazzata per trovare degli argomenti di conversazione in quel momento. Arrivarono davanti ad un ristorante. Per fortuna non è molto elegante. Harry le aprì la portiera porgendole il gomito che afferrò sicura. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrise appena. Quel trattamento era estremamente raffinato e lei non sapeva come comportarsi perché non era mai capitato prima.

Entrarono e si sedettero al primo tavolo libero che trovarono. Si accorse solo in quel momento che Harry non indossava il cappotto, nonostante fuori facesse talmente freddo che anche le statue, ne era più che sicura, ne soffrissero.

"L'ho lasciato in macchina – rispose, Amelia lo guardò interrogativa – il cappotto".

La ragazza mimò un 'ah' con le labbra e si sistemò meglio sulla sedia, aggiustandosi appena i capelli. Un cameriere portò loro il menù e ammiccò verso la rossa andando via.

"Povero illuso" sibilarono entrambi per poi scoppiare a ridere.

Harry posò la sua mano su quella della ragazza, sentendosi investire da un'ondata di calore che non provava da anni. Dopo cena le avrebbe rivelato tutto; era d'accordo con i ragazzi. Amelia intrecciò le dita con quelle del riccio e sentì di nuovo quella sensazione di freddo trapassarle il corpo. Con lui si sentiva più viva che mai, perché avrebbe dovuto lasciarlo andare. Arrivarono le loro ordinazioni. La rossa mangiò la sua pizza con gusto, osservando di tanto in tanto Harry che cercava di mangiare la sua.

"Buona" disse il ragazzo, tentando di farle credere di riuscire a percepire il sapore di quello che stava mangiando. Ormai lui si era abituato a ricordare i sapori, senza poterli più vivere. Sembravano passati secoli dall'ultima volta che era riuscito a percepire qualcosa e grazie a quel semplice bacio sulla guancia della ragazza, qualcosa in lui era cambiato, qualcosa in lui lo spingeva a volerne sempre di più.

Amelia annuì e continuò a mangiare la sua pizza. Chissà a cosa sta pensando Harry? La ragazza si era ritrovata molte volte a ripensare a quanto si fossero avvicinati in quelle settimane. Era tutto così autentico, così vero che i suoi stessi pensieri la spaventavano a volte. Si ritrovava sempre a sorridere come una sciocca solamente al ricordo di quel bacio sulla guancia che le aveva lasciato quasi per gioco.

Quando finirono di mangiare, il riccio pagò il conto e la portò a fare una passeggiata, prendendo il cappotto dalla macchina. Cominciò a prepararsi diversi discorsi mentalmente non sapendo come l'avrebbe presa la rossa. Ehi, sai sono un vampiro, no così non va. Amelia, volevo dirti che sono un essere immortale e succhia – sangue. 

Arrivarono in un parco. La luce della luna ricadeva limpida sulla superficie del laghetto di fronte a loro. Quella sera, il cielo, grazie alla completa assenza di nuvole, lasciava a desiderare di osservare le stelle per tutta la notte. Si sedettero su di una panchina. Harry prese coraggio e si voltò verso di lei. Rimase incantato dalla bellezza di quella ragazza. Le sembrava di non aver mai visto tanta meraviglia concentrata in una sola persona. L'unico problema era che lei non assomigliava a lui.

"Amelia.." disse sussurrando. La ragazza si voltò, facendo svolazzare leggeri i suoi capelli. "C'è una cosa che ti devo dire".

Annuì e si girò completamente verso di lui, mettendosi a gambe incrociate.

"Voglio dirti chi sono veramente, e volevo che fosse una serata speciale, perché non lo avevo mai detto a nessuno".

Gli occhi della ragazza s'illuminarono di una strana luce. Stava, finalmente, capendo che cosa volesse dire essere speciali per una persona.

"Non dirmelo.. sei un licantropo" buttò lì la rossa, per scherzare, indicando la luna piena sopra le loro teste. Harry seguì il suo dito e scosse la testa ridendo.

"Non esattamente – rispose – l'odore di cane bagnato addosso non mi starebbe bene".

Amelia cominciò a ridere, trasportata dalla risata del riccio. "Allora indovino analizzando gli indizi da me raccolti" disse con fare intellettuale.

"Signor Watson – cominciò, mimando di scrivere su un blocchetto per gli appunti – la sua pelle è fredda e pallida come la luna, magari beve anche sangue".

"Ogni volta che ho fame" la interruppe il riccio sorridendo.

"Indagato! – urlò la ragazza indicandolo – non può distrarre il qui presente detective Holmes con le sue fossette irresistibili". Si sentiva libera di dire quello che pensava realmente a quel ragazzo senza imbarazzo, senza pentimento.

"Dunque – continuò – dalle prove da me raccolte lei è affetto da vampirismo".

"Bingo!" esclamò Harry. Amelia continuò a scherzare, senza rendersi conto che aveva appena smascherato il vero Harry Styles.

Le prese il volto tra le mani. "Amelia, io sono un vampiro".

"Sì, certo – rispose lei, alzando gli occhi al cielo – e io sono la regina Elisabetta".

"Sapevo che non mi avresti creduto – disse lui – per questo ho organizzano una piccola rappresentazione, chiedimi quello che vuoi e te lo porterò".

Amelia deglutì rumorosamente e pensò. "Ho freddo, quindi una bella cioccolata calda non farebbe male".

"Chiudi gli occhi – la rossa eseguì e poi sentì il respiro del riccio vicino al suo orecchio – e conta".

"Uno, due..". Amelia si ritrovò a pensare a tante cose contemporaneamente, finché non sentì il dolce profumo della cioccolata sotto il suo naso.

"Cinque – disse aprendo gli occhi – cinque secondi". Il ragazzo le porse il bicchiere e lei guardò l'etichetta. "Starbucks? Ma è dall'altra parte della..".

Il moro alzò le spalle. "Te l'ho detto, sono un vampiro".

"Tu cosa? – chiese lei, sbattendo furiosamente le palpebre – ripetilo".

Harry respirò profondamente. "Sono un immortale, una creatura senz'anima, un succhia – sangue o come diavolo vuoi tu!".

I passanti guardarono male il ragazzo, per poi riprendere la passeggiata lungo il lago; probabilmente avevano pensato che fosse uno scherzo per far sorridere la ragazza. Il riccio si prese il volto tra le mani e cominciò a massaggiarsi le tempie. Amelia dapprima mise una mano sulla bocca e poi la posò sulla spalla del ragazzo. Alzò il viso verso di lei e rimase stupita. Il posto dei pozzi verdi era stato preso da un color ambra chiaro. La ragazza rimase a bocca aperta, continuando a fissarlo.

"Quanti anni hai Harry?".

"Ho diciannove anni da centodieci anni". La mano della ragazza ritornò sulla sua bocca. "Anche gli altri lo sono".

"Niall.." sussurrò lei.

Sentiva salire piano le lacrime, ma riuscì a tenerle dentro sé. Harry si alzò per abbracciarla, ma lo scansò.

"Styles – era la prima volta che lo chiamava con il cognome – ti prego fammi pensare". Posò il bicchiere di cioccolata sul legno della panchina e guardò verso il lago. "Voglio andare a casa".

Il riccio annuì e la riaccompagnò senza dire una parola. Non solo perché non avrebbe saputo cosa dirle, ma non voleva complicare la situazione. 

You find someone like you [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora