Capitolo 30 - "La mia bella dose di ragazze"

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«Gabriele?» chiesi.
Erano passati una decina di giorni dal suo compleanno, e noi stavamo passeggiando per il paese, mano nella mano. Ma sempre all'erta, nel caso avessimo trovato qualcuno che non doveva sapere di noi.
«Sì?» rispose voltandosi a guardarmi.
«Quest'anno non insegni più al liceo, vero?».
«No. La tua era l'ultima classe a studiare musica, nel nuovo ordinamento non è prevista.
Ma mi hanno chiamato alla scuola media, il prof che c'era è andato in pensione, mi hanno dato la cattedra lì» spiegò.
«Oh bene» commentai non riuscendo a bloccare un sorriso.

«Bene? Perché, Elisa?» indagò scrutandomi.
«Così non avrai un branco di ragazze che ci provano con te. È un sollievo».
Lui rise. «Se è per questo, anche quest'anno qualcuna ha messo a dura prova la mia pazienza... Purtroppo per loro, io non sono così facile da incantare. Anche se in effetti, tu ci sei riuscita».
«Io non ho fatto niente» replicai arrossendo «Nel caso non te ne fossi accorto, io ho tentato in tutti i modi di tenermi distante da te» mormorai ripensando a tutti i nostri discorsi.
«Lo so bene, Piccola Solitaria» rispose sorridendo.

Rientrammo a casa sua, e io presi in braccio Spark, coccolandolo un po'. Amavo i gatti, erano così adorabili!
Lui andò a recuperare il portatile e si sistemò su divano a preparare delle cose per la scuola.
Mi sedetti al suo fianco.
«Ogni volta che torno a casa dopo essere stata con te, mi sento sotto verifica da parte di mia mamma» annunciai all'improvviso «Scommetto che ha capito tutto molto tempo fa».
Sbuffai.

Gabriele alzò gli occhi, incontrando i miei «A mia madre non ho mai potuto nascondere niente. Ha sempre capito tutto: quando ero triste, quando ero arrabbiato, se avevo litigato con i miei amici... Per quanto cercassi di tenerle nascoste queste cose, lei ne era sempre al corrente. Sarà l'intuito femminile mischiato all'amore materno, non lo so, ma ci capiscono meglio di chiunque altro».
«È che volevo aspettare a dirglielo. Stiamo insieme da poco e...» feci un sospiro «...ho paura».

Lui spostò il portatile dalle sue gambe al divano, poi si girò verso di me.
«È un mese oggi, Piccola Solitaria» disse avvicinandosi fino ad incantarmi con i suoi occhi meravigliosi.
«Lo so» sussurrai «Ma mi sembra molto di più».
«Anche a me» ribatté lui, avvicinandosi e posando le sue labbra sulle mie.

Assaporai il corto e dolce contatto con lui, poi lo lasciai tornare a prestare attenzione al suo lavoro.
Da lì a una decina di giorni sarebbero ricominciate le scuole. E il tempo per stare insieme sarebbe calato notevolmente, purtroppo. Quindi stavo cercando di godermi la sua compagnia più che potevo.

Il fatto di sapere che sarebbe andato ad insegnare alla scuola media era un immenso sollievo.
Mi fidavo di lui. Ma già sopportare i commenti su di lui per nove mesi non era stato per niente semplice. E a quel tempo lui non era nemmeno mio. Quindi non avevo avuto nessun motivo per essere "gelosa", ma in realtà sotto sotto lo ero stata ogni volta in cui qualche ragazza aveva fatto apprezzamenti su di lui.
Anche se non avevo nessuna esclusiva su di lui, anzi, ero stata convinta che piacergli fosse una cosa irrealizzabile.

E alla fine mi ero dovuta ricredere. A quanto pare gli piacevo!

Presi il libro che mi ero portata, Hunger Games (il primo) e ricominciai a leggere dal punto in cui l'avevo lasciato la sera precedente.
Spark intanto mi si sistemò in grembo, cominciando a fare le fusa. Era adorabile!
Ed era un sollievo per i miei dolori causati dal ciclo. Da qualche anno a questa parte ogni volta era una tortura atroce, perché dovevo soffrire così ogni mese??
Quel pomeriggio poi era tremendo, avevo talmente tanto mal di schiena e mal di pancia che era incredibilmente difficile sopportarli.
Chiusi un attimo gli occhi, e sospirai.
Poi li riaprii, e mi concentrai sul libro.

Ero così immersa nella lettura e nelle terribili vicende, che me lo divorai quasi tutto. Quasi tutto, perché qualcuno ad un certo punto decise bene di mettersi ad osservarmi. Ed io, sentendomi osservata, non riuscii a non alzare lo sguardo.
«Mi rendi nervosa» dissi, infilando il segnalibro tra le pagine, e appoggiando il libro sul divano.
«Perché mi guardi?» chiesi ancora.
Lui sollevò un angolo della bocca «Perché mi piace guardarti, adoro vedere le tue espressioni mentre leggi» rispose spostando il computer dalle sue gambe.
«Fantastico» risposi ironica.

In quel momento Spark si stiracchiò e scese da me, sparendo da qualche parte.
Sentii subito la mancanza di quel peso caldo e confortante sulla pancia, perciò lo sostituii con la mano.
Gabriele seguì ogni mio gesto, corrugando la fronte «Stai male?».
Scossi la testa «Non è niente».
Lui però insistette con lo sguardo, avvicinandosi a me.

Alzai gli occhi al cielo, poi li riabbassai, evitando i suoi.
«È i ciclo» spiegai in imbarazzo.
«Ti fa male?» chiese allungando la mano, prendendomi il viso e facendomi incontrare i suoi occhi.
«Non puoi nemmeno immaginare» mormorai sospirando.
«Perché non me l'hai detto?» chiese, avvicinandosi fino a sfiorarmi col suo corpo.
«Perché non puoi comunque farci niente» risposi, con un'alzata di spalle.
Lui mi guardò «Ma posso distrarti».
Io sorrisi «Tu mi distrai già».
«A quanto pare non abbastanza, rimediamo» annunciò prima di impossessarsi delle mie labbra, della mia bocca, del mio sapore e della mia anima.

«Funziona?» chiese, con il respiro ancora accelerato.
«Sì, funziona» risposi quasi ridendo «Ma dovresti continuare a farlo per tutto il giorno».
«Mi dispiace, Piccola Solitaria» sussurrò abbracciandomi «Vorrei poter fare qualcosa».
«Dopo mi prendo una pastiglia, ma non preoccuparti, non volevo romperti le scatole con questa cosa» dissi, accoccolandomi contro di lui.
«È normale, perché dovresti nascondermelo?».

«Perché è imbarazzante» risposi, mentre lui mi posava un braccio sulla schiena cominciando a massaggiarla.
Cosa che mi fece più che piacere, dato il dolore che sentivo.
«Soprattutto parlarne con te» aggiunsi.
«Sono cresciuto con una sorella più grande, e ho avuto la mia bella dose di ragazze. Direi che con le donne ho fatto un po' di esperienza, ormai ci sono abituato».
Riflettei un attimo sulle sue parole.
«Questa frase dovrebbe confortarmi? No, perché "la mia bella dose di ragazze" suona molto male» dissi dopo qualche secondo.
Ascoltai la sua candida risata.

«Quante?» chiesi dopo aver esitato, mentre nella mia testa due voci litigavano su cosa dire.
«Contando anche asilo ed elementari? Quattro» rispose con un sorrisetto divertito.
Alzai il sopracciglio mentre pensavo a cosa dire.
«Non so se chiederti di più o se non voglio sapere» dissi scatenando una risatina da parte sua.

«La prima è stata Marta, all'ultimo anno di asilo. Ci siamo fidanzati con un anello di carta, fatto da me» iniziò lui. Mentre io mi immaginavo un sosia di Stefano con i capelli castani insieme a una bimbetta carina.
«Poi c'è stata Anna, quarta elementare. Ma siamo stati insieme poco, perché poi si è arrabbiata con me e non ha più voluto parlarmi».
Io ridacchiai «Chissà cosa hai combinato».

Lui sorrise, poi continuò «In seconda superiore sono stato con Veronica, ma ci siamo lasciati dopo qualche mese. E poi c'è stata Nicole. Ci siamo conosciuti all'università, quando ero al secondo anno, e siamo stati insieme per cinque anni. È finita qualche anno fa».
Ci pensai su «È tanto tempo».
Lo sentii sospirare «Sì, lo è».
Alzai la testa per riuscire a vedergli il viso «Come mai è finita?».
«Se vuoi dirmelo» aggiunsi, vergognandomi della mia curiosità.
Lo vidi fare una smorfia «L'ho trovata che si baciava un altro... E da quanto ho saputo poi, non era nemmeno la prima volta».

«Oh, che stupida» mi lasciai scappare.
Come poteva aver anche solo per un momento pensato di farlo soffrire? E rischiare di perderlo? Stupida!
«Scusa, è che non capisco come si possano fare queste cose... Però, probabilmente, se non l'avesse fatto ci sarebbe lei ora qui con te» aggiunsi riflettendo sulla cosa.
«Non lo so, alla fine ho capito che non eravamo poi così compatibili come pensavo. Con il passare del tempo ci siamo allontanati».

«È quello che mi spaventa» mormorai, dando voce alle mie preoccupazioni.
Lui mi strinse «Non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro, intanto godiamoci il presente».
«Me lo sto godendo il presente, con te» risposi posando le labbra sulla sua guancia.

«Abbiamo parlato di me, e delle tue conquiste cosa mi dici?» chiese subito dopo, incrociando i miei occhi.
«Lo sai già, sei il primo» mormorai riabbassando la testa sul suo petto e nascondendogli il viso.
«Nessuno ha mai conquistato il tuo cuore?» chiese ancora.
Scossi la testa.
«Io ci sono riuscito?» domandò allora, sicuramente ben consapevole di quale fosse la risposta.
«Sì» risposi «E lo sai».

Portò una mano sulla mia guancia, accarezzandola. Poi mi alzò il viso, e si chinò a baciarmi.
«Lo so» confermò, prima di far rientrare in contatto le nostre bocche.
«Ma sentirtelo dire è meraviglioso» aggiunse una volta ristabilito un minimo spazio tra i nostri visi.

«E io ho conquistato il tuo?» chiesi, mordendomi il labbro inferiore.
«Dalla prima volta che ti ho tolto la cuffia e tu hai imprecato» rispose con un sorrisetto.
«Credo sia stato lo stesso momento in cui tu ti sei rubato il mio, di cuore» risposi io, rendendomi poi conto di quanto fosse vero quello che avevo appena detto.

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