Capitolo 35 - Quando tutto è perfetto

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"Stasera fatti trovare pronta per le 20, ti porto fuori a cena".
«Davvero? Perché?» chiesi.
Era sabato ed ero a casa di Serena, per stare qualche ora con Stefano mentre lei e Nicola andavano a fare compere per il nascituro.
Stavo spingendo il bimbetto sull'altalena, mentre ero al telefono con Gabriele, che non vedevo da qualche giorno.

"Non posso invitare a cena la mia ragazza?" chiese lui.
«Certo che puoi» risposi mentre un sorriso mi nasceva sulle labbra.
"Sei bellissima" mormorò lui, facendomi sentire un calore nello stomaco.
Il mio sorriso si allargò.
"Soprattutto quando ti faccio sorridere" aggiunse.

Io aggrottai le sopracciglia, poi mi guardai intorno. Ed eccolo, appena al di là della ringhiera. Capelli scompigliati dal vento e occhiali da sole calati sul viso.
Sentii subito la reazione del mio corpo alla sua vista e mi dimenticai completamente della telefonata ancora in corso.

Lo guardai finché ci raggiunse, salutando il nipotino entusiasta di vederlo. Si voltò verso di me e circondandomi con il braccio mi attirò contro di lui, chinandosi poi a baciarmi. Quanto mi era mancato stare nella sua presa sicura!

«Ciao» dissi appoggiandomi poi al suo petto.
«Ciao Piccola Solitaria» rispose poggiando le labbra sulla mia tempia.
«Mi sei mancato» mormorai.
«Anche tu, perciò dobbiamo recuperare con una cena. E poi ti fermi da me».
«È un invito?».
«No, è un ordine mia cara».

Mi scostai da lui per potergli vedere il viso. E lui fece un sorrisetto.
Lo abbracciai di slancio, stampandogli un bacio sulla guancia.
Da quando stavamo insieme mi ero un po' alla volta abituata al contatto fisico. All'inizio gli abbracci mi mettevano a disagio e tendevo a non prendere l'iniziativa.
Adesso invece lo abbracciavo quando ne avevo voglia, e lo baciavo tutte le volte in cui volevo farlo.
O forse non tutte, certe volte riuscivo a trattenermi un po' e a non stargli troppo col fiato sul collo.

«Elisaaa. Mi spingi?».
La voce di Stefano mi riscosse. A malincuore mi staccai dal mio ragazzo e tornai a spingere Stefano sull'altalena.
«Come mai sei qui?» chiesi osservando il suo outfit, era tremendamente attraente e faticavo a togliergli gli occhi di dosso.
«Per te» rispose lui «Avevo voglia di vederti».
Sorrisi a quelle parole, poi riportai gli occhi su Stefano.
Gli diedi una bella spinta e andai a sedermi sull'altra altalena. Sembrava di no, ma era abbastanza stancante stare lì in piedi a spingerlo.
«Dai, adesso ti spingo io Stè» disse Gabriele prendendo il mio posto.

Cominciai a dondolarmi lentamente, poi chiusi gli occhi godendomi la leggera brezza sul viso. Ci stavamo godendo il calore del sole prima che se ne andasse, ormai era Novembre inoltrato e le giornate si stavano accorciando a vista d'occhio.
Stavo quasi per addormentarmi appoggiata alla corda dell'altalena, persa nei miei pensieri, quando sentii di nuovo la voce del mio lui.

«Ma quand'è che imparerai a spingerti da solo?».
«Ma io so già andarci da solo, zio!» esclamò il biondino di rimando.
Soffocai una risata, quel bambino era incredibilmente furbo.
«Ma sentilo, piccola peste!» rispose l'altro.
«A qualcuno dovrà assomigliare» intervenni riaprendo gli occhi e puntando gli occhi su di lui.
Lui mi guardò inarcando il sopracciglio, e io scoppiai a ridere.

«Giochiamo a palla?» ci interruppe in quel momento Stefano.
«Certo, ma solo finché c'è il sole. Poi rientriamo» risposi scendendo dall'altalena.
«Va bene, vado a prenderla» e un attimo dopo era già sparito in casa.
Feci qualche passo verso la casa, ma venni bloccata da due braccia che mi circondarono tenendomi ferma.

«Cosa fai?» chiesi appoggiando le mani su quelle braccia.
Lui non rispose, ma sentii il suo respiro caldo finirmi sul collo. Appena prima che ci finissero le sue labbra.
Un brivido mi percorse tutto il corpo, facendomi venire la pelle d'oca.
Ed evidentemente lo sentì anche lui, dato che si lasciò scappare una risatina.

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