15. Stelle

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"Avanti, ora è buio! Voglio vedere la sorpresa!"
"Non è sufficientemente buio, Juuzou."
"Uffa!"
Sono quasi le cinque, ma ancora in cielo non è possibile vedere ciò che voglio mostrare a Juuzou, che sembra essersi stancato di aspettare.
"Certo che sei proprio impaziente!"
L'albino mi sorride: sicuramente, non ha capito cosa voglio dire.
"Significa che non sai pazientare, ovvero, aspettare."
"È una cosa positiva?"
"Certo che no!"
E mentre scoppio in una grande risata, vedo Juuzou portarsi le braccia al petto, conserte, e iniziare a sbruffare.

•••••••

Più tardi
Juuzou mi convince a sedermi per terra, sul verde prato del parco.
Il tempo sta scorrendo molto lentamente, forse perché il mio compagno non la smette di chiedermi l'ora.
"Aggiungi cinque minuti all'ora che ti ho detto prima."
"Uffa, che noia!"
"È la milionesima volta che ripeti questa frase."
"Se sono annoiato, cosa altro vuoi che ti dica?"
"Perché non facciamo un gioco per ammazzare il tempo?"
"Perché vuoi uccidere il tempo?"
Rido.
Rido, ancora una volta.
"Lascia perdere. Avanti, proponi un gioco."
"Il signor Shinohara me ne ha insegnato uno nuovo.
Si inizia col dire una parola, una qualsiasi, e poi l'altro deve proseguire, utilizzando un termine che inizi con l'ultima sillaba di quello detto da chi ha parlato prima.
Il gioco termina quando uno dei giocatori impiega troppo tempo per pronunciare una parola."
"Credo di aver capito."
"Comincio io!"
Vedo Juuzou alzarsi, portarsi la mano al mento e mettersi a pensare.
"Baccalà."
Scoppio a ridere come una scema.
"Ma che parola è?"
"Una parola!"
Non riesco a smettere di ridere, ma quando mi accorgo delle persone al parco che si girano a guardarmi, ritorno, a fatica, seria.
"Avanti, continua!"
"Va bene."
Soffoco le risate.
"Allora...lama!"
"Cos'è un lama?"
"È un animale, Juuzou."
"Se lo dici tu...
Mmmh...mamma!"
Mamma?
La parola, che sento pronunciare dal mio compagno, mi è nuova.
Allo stesso tempo, però, è come se avessi uno strano e debole ricordo di questo concetto, tanto lontano da me.
Avrò sicuramente sentito questo termine da qualche parte.
Magari in tv o, forse, da qualche collega della CCG, o da qualche amico.
Magari da Minami, o da Tamaki.
Mamma: vorrei dover pronunciare questa parola molto più spesso.
Sono così presa dai miei pensieri, che mi ricordo del gioco e di Juuzou.
"Ci seeeei? Prooonto! Terra chiama Miraaai!"
L'albino, che era a seduto a gambe incrociate accanto a me, ora mi si è posizionato davanti.
Si è avvicinato decisamente troppo e i nostri nasi riescono, perfino, a sfiorarsi.
Posso guardare dentro i suoi occhi rossi che, visti da vicino, sono ancora più belli.
Difficile decifrare quel suo sguardo, dire cosa passi per quella piccola testolina.
"Scusami, pensavo ad una cosa..."
"Non importa..."
Juuzou si allontana un po', per poi iniziare a saltellare sul posto.
"...comunque hai perso!"

•••••••

"Devono piacerti tanto..."
"Esatto!"
Gatti.
Siamo circondati da gatti.
Tanti, troppi gatti si sono avvicinati a me e al mio amico, che li continua ad accarezzare, nonostante io lo abbia pregato di non farlo: diciamo che la mia è un piccola fobia.
"Avanti! Non ti fanno mica male, sai?"
Prende in braccio uno dei tanti cuccioli che gli si sono avvicinati, e cerca di porgermelo, rivolgendomi il suo solito sorriso da ebete.
"Non ci provare!"
Juuzou ignora le mie preghiere e continua ad insistere, affinché prenda tra le mie braccia il gatto.
Spaventata, non riesco a trattenere un urlo.
L'albino scoppia a ridere di me e io non posso fare altro che ammirare, imbarazzata, la sua risata.

•••••••

Il mio amico mi ha convinto a sdraiarmi per terra, sul prato verde del parco che si fa sempre più vuoto: vediamo le persone sistemare le proprie cose, per dirigersi verso le auto.
Alzo lo sguardo al cielo, che ora si è, finalmente, tinto di un blu intenso, mentre la notte cala sulle nostre teste.
"Adesso, Juuzou. Guarda in alto!"
Invito anche l'albino a rivolgere il suo sguardo verso l'alto e, dopo essermi assicurata che Juuzou stia guardando dove gli ho indicato, alzo, nuovamente, il mio viso alla volta celeste.
Entrambi, restiamo in silenzio.
In silenzio, a fissare il cielo, e le stelle ballare la più bella danza della nostra vita.
Nessuno di noi due osa dire qualcosa, per riempire l'atmosfera, creatasi, con futili parole.
Ho ancora il viso rivolto verso l'alto, quando decido di voltarlo in direzione di Juuzou.
Lui è nella medesima posizione in cui l'ho lasciato, prima di distogliere lo sguardo dalla sua figura: non si è mosso di un solo millimetro.
La sua bocca, semiaperta, è come se lasciasse intravedere un piccolo sorriso.
I suoi occhi sono spalancati e ancora fissano il cielo.
Sembra sorpreso.
Contento.
Quindi, riprendo anche io a godermi lo spettacolo.
E rimaniamo così, immobili, a guardare le stelle che, questa sera, sono luminosissime.
Rimaniamo a guardare le stelle, come fossimo due bambini che non le avevano mai ammirate in vita loro.
Ma, a dire la verità, sono sicura che sia davvero così.

•••••••

Si è fatto molto tardi e ho deciso di tornare a casa.
Juuzou non si è trovato d'accordo con la mia decisione ma, dopo una breve lite, l'ho convinto a seguirmi.
Sulla strada del ritorno, camminiamo molto lentamente.
Un po' assonnati, un po' felici.
"Cosa sono le stelle?"
"È difficile da spiegare, Juuzou."
Il silenzio della notte viene colmato dal rumore dei miei passi e dei saltelli dell'albino.
"Non lo sai?"
Juuzou mi rivolge un sorrisetto malizioso, quasi provocatorio: percepisco aria di sfida.
"Certo che lo so, ma tu non capiresti..."
In realtà, la scienza non è mai stata il mio forte o la mia materia preferita a scuola, ma non voglio che lui lo sappia.
"Diciamo che esistono tante storielle, che spiegano, a modo loro, cosa siano le stelle."
Vedo il viso di Juuzou, rimasto quasi deluso da ciò che gli ho detto prima, accendersi di nuovo.
"Raccontamene una!"
"Mio padre, quando ero piccola, mi raccontava che, semmai mi fosse capitato di perdere una persona cara, avrei dovuto alzare lo sguardo al cielo e osservare le stelle perché, in una di quelle, si sarebbe trasformato chi, oramai, aveva smesso di esistere, nel nostro mondo."
"Quindi le stelle sono le persone che sono morte?"
"È solo una favola, Juuzou..."
"Chissà se c'è anche Misa, tra le stelle che abbiamo osservato questa sera."
Alle parole del mio compagno, mi fermo di scatto.
Juuzou continua a camminare, ma smette anche lui di proseguire, quando si accorge che sono rimasta un po' indietro.
"Misa?"
Chiedo, facendo finta di non aver capito.
"Certo. La tua collega...non ricordi?"
"Ah...si..."
Chissà, forse è davvero così.
Raggiungo il mio compagno e riprendiamo a camminare.
Forse, pure la mia mamma è una stella e, anche lei, starà brillando in cielo come le altre.
Questa notte, come tutte.
Juuzou si volta a guardarmi e sembra essere un po' pensieroso.
Io cerco di non fargli capire che sono triste, ma credo che il mio volto e i miei occhi abbiano già parlato al posto mio.
Infine, mentre alzo lo sguardo al cielo, mi accorgo della presenza di lacrime nei miei occhi.

Mi sono innamorata di te [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora