17. Coraggio

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Spero che il penultimo capitolo di questa storia possa essere di vostro gradimento. Buona lettura!

Il cielo si tinge sempre più di rosa e, mentre il sole e i suoi raggi tramontano, la notte cala sulla città, e io corro.
Corro, corro quanto più velocemente posso.
Corro, fino a che il mio corpo non me lo permette, e poi, stremata, mi fermo un attimo: non riesco neppure a respirare, e le mie gambe a reggersi in piedi.
Mi volto a guardare dietro di me, ma, fortunatamente, sono riuscita a seminarlo.
In realtà, non è stato Juuzou a rincorrermi, quando, di corsa, ho lasciato casa mia, dopo aver gettato quella stupida cartella a terra.
Ma, a costringermi a scappare, in questo modo, è stato il mio passato.
Un passato di cui nemmeno io ero mai stata messa al corrente.

•••••••

Sono stanca, confusa, mentre la notte ha, oramai, preso il posto del sole, e il buio quello della luce, anche nel mio cuore.
La mia vita è stata complicata, piena di alti e bassi, e soltanto di una cosa ero sicura.
Dell'obbiettivo che mi ero prefissata.
Ogni sera, davanti alla finestra, guardando le stelle, mi ripromettevo sempre la stessa cosa: che avrei sconfitto i ghoul.
E ogni sera, in ginocchio, giuravo a mia madre che l'avrei vendicata.
Che sarei diventata forte, per vendicare la sua debolezza.
Soltanto adesso, mi rendo conto di quanto sia stato inutile lottare contro quei mostri, perché anche mia madre, in realtà, è stata uno di loro.
Soltanto adesso, sono sicura che la mia stessa vita non abbia alcun significato.
Anche perché, se io non sono un ghoul, quella donna non è mai stata la mia vera madre.

•••••••

Continuo a camminare.
Non so nemmeno più dove sono, credo di essermi persa.
Riesco a vedere delle persone, magari potrei chiedergli indicazioni: certo, non voglio tornare a casa.
Sarebbe bello poter dormire al caldo, nel proprio letto, ma non voglio tornare da quell'assassino, né dal mostro di mia madre.
Non voglio tornare dal mio passato, né in quel posto che ho chiamato, tante, troppe volte, casa.
Perché io una casa non l'ho mai, veramente, avuta.
Mi avvicino sempre più al gruppo di ragazzi, che ho intravisto prima, ma di cui riesco soltanto ora a vedere il viso: sembrano avere, più o meno, la mia stessa età.
"Scusate, io-"
Quando quelle persone, sentita la mia voce, si girano a guardarmi, però, qualcosa mi impedisce di continuare a parlare, con la stessa tranquillità di prima, e di sempre.
Quei volti stanchi, quasi arrabbiati, ma al tempo stesso divertiti, mi fanno tanta paura, mentre il fumo delle loro sigarette, occupa l'aria circostante, catturando il mio naso.
"Io... P-per caso, sapete dirmi dov-"
Non faccio nemmeno in tempo a terminare la frase, che uno di quei tipi loschi, mi afferra il braccio, avvicinandomi a sé.
E quell'odore di fumo, anzi no, di alcool, si fa sempre più forte, opprimente.
"Cosa ci fa una bella ragazza come te, qui?"
Un altro ragazzo mi si avvicina, accompagnato dallo stesso odore del suo amico, ma io non riesco a vedere il suo viso, dato che è arrivato alle mie spalle.
"Infatti, tesoro. Non dovresti camminare, a quest'ora della notte da sola, sai? Meno male che ci siamo qui noi."
Ad un tratto, sento delle braccia avvolgere il mio ventre, e a quel punto riesco a liberarmi della presa, allontanandomi da quei due, ma non tenendo conto del fatto che io sia completamente circondata.
"Non ti agitare, vogliamo soltanto divertirci..."
Vogliamo soltanto divertirti.
È da anni, che sento questa frase. Ma quant'è che incomincio pure io a farlo? A sorridere, a divertirmi con i miei amici? Con Juuzou?
Mai.
Non sorriderò mai.
Sono sempre più convinta che la felicità, per me, non arriverà, mentre, senza opporre resistenza alcuna, mi lascio sopraffare dalle intenzioni di quel gruppo di ragazzi, rivolgendo lo sguardo in alto.
Alle stelle, sperando nel loro aiuto.
Non ho il tempo di realizzare la situazione, che le mie orecchie non sono mai state così felici di udire una voce, la più bella di tutti, farsi sempre più vicina.
"Avete due secondi, per lasciare quella ragazza in pace."
Oramai, riesco ad identificare la figura dell'albino, la cui voce costringe i ragazzi, prima concentrati su di me, a voltarsi, per osservare chi si è posizionato alle loro spalle.
"E tu chi saresti?"
L'espressione spavalda, tranquilla, di uno di questi tipi, si trasforma in una decisamente preoccupata.
"Sono un suo amico."
E, in men che non si dica, io e Juuzou rimaniamo da soli, che quei codardi scappano, terrorizzati, mentre io non sono mai stata così felice di rivedere l'albino.
O, forse, no.
Perché, infondo, sono sempre felice di rivederlo.

•••••••

"Mi hai seguita?"
"Certo che no!"
Mi volto a guardare il mio amico, mentre continuiamo a camminare.
"Seguire significa andare dietro ad una persona, e controllare i suoi movimenti."
"Ah! Allora si..."
In poco tempo, arriviamo al parco della città: non mi ero nemmeno resa conto di esservi così tanto vicina.
Il cielo, anche questa notte, è limpido, ed è possibile osservare le stelle brillare, mentre la paura non è più padrona del mio corpo.
E questo, semplicemente, perché, qui con me, e al mio fianco, c'è Juuzou.
L'assassino di mia madre.

•••••••

Adesso, io e l'albino, siamo seduti sull'erba del prato, come qualche giorno fa, mentre osserviamo un gran via vai di gente, intenta a tornare a casa, data l'ora.
"Che vuoi?"
Alle mie parole, Juuzou si volta a guardarmi.
"Veramente, la domanda più giusta da fare credo sia un'altra. Che cosa farai?"
Ciò che è uscito dalla bocca del mio amico è, per la prima volta, qualcosa di davvero intelligente: che farò, ora che conosco la verità?
Ora che il motivo che avevo per combattere, quello di proteggere gli umani, ha cessato di esistere, dato che io stessa sono la figlia di un ghoul?
Praticamente, non merito di vivere, proprio come tutti quei mostri.
Perché anche io sono un mostro.
La figlia, a questo punto, credo nemmeno biologica, di un mostro, che, per chissà quante volte, avrà mangiato una persona, di cui non conosceva nemmeno il nome, strappando quella vita alla sua famiglia.
"Uccidimi, Juuzou. Fallo, una volta per tutte."
Lo sguardo dell'albino, ne sono sicura, è fisso sul mio volto, ma io sono impegnata a guardare le stelle, anche perché non ho il coraggio di immergermi in quei meravigliosi occhi.
"Perché dovrei?"
Le parole di Juuzou, tuttavia, mi costringono ad osservarlo.
"Perché? Sono un mostro, davvero hai bisogno di un'altra motivazione?"
Sicura di aver convinto il mio amico a liberarsi di me, riprendo a guardare il cielo, in attesa del colpo decisivo, che metta fine alla mia triste vita.
"Tu non sei un mostro, Mirai. Sei la persona più bella che io abbia mai incontrato."
E, nuovamente, quelle parole attirano il mio sguardo sull'albino, mentre i nostri occhi si immergono gli uni negli altri.
La mia bocca, intanto, rimane semiaperta, perché non riesco a credere a ciò che Juuzou sta dicendo.
"Il problema non sono i ghoul, ma le persone malvagie. E tu sarai anche la figlia di un ghoul, ma non sei cattiva. Non lo sei mai stata, anche se avresti potuto esserlo, con me. Mi hai insegnato tante cose, mi hai spiegato cosa vuol dire voler bene agli altri. E, se fossi stata malvagia, non avresti saputo mica dell'esistenza del bene."
Ma sto davvero parlando con Juuzou Suzuya?
"Tu non sei un ghoul, Mirai. Tu sei un umana, indipendentemente da tutto. Tu sei uguale a me, sei stata sola."
Uguale a lui? È vero: entrambi, abbiamo sofferto tanto.
"Ma, ora che siamo insieme, non lo sarai mai più."
Lacrime escono spontanee dai miei occhi, ma io, questa volta, non posso trattenerle, come ho fatto per la morte di Misa, o come per quella di mia madre.
Perché so che, questa volta, è importante piangere.
E mi getto nelle braccia della persona che ho accanto, senza pensarci due volte.
"Perché non mi hai ucciso, Juuzou?"-chiedo, decisa.
"Perché sono tuo amico e ti voglio bene."
Lo sapevo.
Lo sapevo di aver, finalmente, trovato un amico.
"E poi, l'hai detto tu. Il capo prende le decisioni, ma è il sottoposto ad aiutarlo. Mi serve il tuo aiuto per la prossima missione, Mirai."
Missione? Sarò pure un umana, ma non sono un'investigatrice. Seppure ne fossi convinta, non lo sono mai stata.
"Non posso, Juuzou. Io non ho una ragione per combattere. Credevo di averla, ma non la ho più."
"Tu devi combattere per te stessa, e per nessun altro, Mirai. Per la tua gioia, non per quella dei tuoi cari."
Per me stessa?
Sono confusa, ma una sola cosa mi è chiara: l'odore di Juuzou, che avvolge il mio.
L'odore di chi è stato ucciso, e uccide.
Uccide per la giustizia, qualsiasi cosa essa sia.
Uccide perché sa che sbaglia.
Ma perché, in fondo, sa che sbagliare è l'unica cosa che ti permette di riuscire.
"Stai dicendo che devo avere coraggio?"
Ancora abbracciati, Juuzou mi guarda, e sembra non avere chiara l'ultima parola da me pronunciata.
"Significa che devo essere forte, e che devo lottare, senza arrendermi."
Il volto di Juuzou sembra quasi illuminarsi, brillare come le stelle in cielo.
"Esatto!"
E mentre Juuzou mi sorride, so che le stelle ci stanno guardando.
E sono sicura che, qualsiasi cosa mia madre sia stata, lei mi abbia amato.
Perché, a questo mondo, le persone non sono perfette, sono sbagliate.
E non vanno amate tutte, non ha senso.
Va amato solo chi ti ama, nella sua perfetta imperfezione.
Va amato, soltanto, ciò che chiami casa.
E mentre Juuzou mi sorride, anche io sto sorridendo.
"Ah! Grazie per l'aiuto, prima. Per avermi aiutata, di nuovo."
"Ti aiuterò sempre, Mirai."
E mentre continuiamo a sorriderci, io lo so.
Lo so che lui, Juuzou, sarà sempre con me.

Mi sono innamorata di te [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora