11. Verità pt.2 (Capitolo revisionato)

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"Ma cosa stai facendo?"-chiedo, un po' infastidita della sua goffaggine.
"Perdonami, andavo di fretta."-si scusa Juuzou, mentre io, anziché guardare lui, mi concentro su uno dei tanti disastri che ha combinato; anzi, che abbiamo combinato insieme.
"Ah si? E dove stavi andando?"-dico, e, ora che ho ripreso le buste in mano, queste ultime sembrano essere ancora più pesanti di prima: fatico a reggermi in piedi.
"Lascia che ti aiuti."-mi implora l'albino, indicandomi con il braccio le borse.
"No, ce la faccio da sola. Non ti preoccupar-"-ma, prima che possa concludere la frase, non curandosi delle mie parole, Juuzou prende, per il loro manico, due buste e, anche se provo a convincerlo a lasciarle, lui non le molla, quindi, insieme, ci incamminiamo verso casa mia.
Quando siamo, oramai, vicini, mi ricordo di quello che aveva detto prima il mio collega.
"Non dovevi andare da qualche parte?"-dico, scrutandolo attentamente: in realtà, non sembra affatto che abbia qualche impegno.
Allora, Juuzou, sentendo le mie parole, quasi sobbalza, come se avesse dimenticato di fare qualcosa di molto importante, e io vedo che getta le buste della spesa a terra, con la sua solita concezione sbagliata di galanteria.
"Giusto! Devo proseguire proprio per di qua. Ci vediamo!"-mi saluta il mio collega e, prima che possa ringraziarlo dell'aiuto, l'albino e già andato via, saltellando, e lasciandomi completamente da sola, in mezzo alla strada.
"Grazie, Juuzou!"-urlo a gran voce, sperando che il capo possa sentirmi, seppure non riesca più a vederlo. Quindi, proseguo verso casa mia, procedendo assai lentamente, per via del peso delle buste. Notando il mio appartamento, infine, apro la porta e mi accorgo della presenza, in casa, di mio padre; l'ultima persona con avrei voluto misurarmi.
"Ciao pap-"-provo a dire, ma non faccio in tempo a salutarlo, che egli chiude la porta di scatto, mi tira a sé, e mi concede un po' del suo amore; una violenta sberla, dritta in faccia.
"Dove sei stata?"-chiede lui, mentre, non di certo per la prima volta, sento le guance bruciare, e non per l'imbarazzo; ma per il dolore. Allora, cerco di sfuggire alla presa di mio padre, ma senza successo, perché lui continua a stringermi tra le sue possenti braccia e ad intrappolarmi in un abbraccio crudele: mi sembra di essere tornata nella fredda e buia prigione di Big Madam; nella prigione dove il bambino che era Juuzou è morto, per sempre. O, forse, quella creatura indifesa e matura sta solo dormendo, in attesa che qualcuno la aiuti a liberarsi di un malvagio passato, per permettergli di vivere un felice presente?
"A f-fare s-spese, p-papà..."-balbetto, mentre le parole, per paura, mi muoiono in bocca, fino a che mio padre non prende, nuovamente, a schiaffeggiarmi, costringendomi a gettarmi a terra, e ad urlare dal dolore. Eppure, nonostante cerchi di impedirglielo, egli continua a farmi del male, quando, all'improvviso, entrambi, sentiamo il campanello suonare, quindi mio padre, dimenticandosi di sua figlia dolorante, apre la porta, al nostro ospite.
"Ci scusi, signore, ma adesso dovrebbe seguirci."-una voce sconosciuta, penetra all'interno della casa, e giunge sino alle mie orecchie. E io riesco a sentire tutto ciò che succede all'entrata dell'appartamento, nonostante mi sia rifugiata in camera, raggiungendola velocemente. Allora, ad un tratto, prendendo coraggio, mi deciso ad aprire la porta della mia stanza, sulla quale sono stata appoggiata, per alcuni minuti.
E, raggiungendo le scale che portano al piano di sotto, vedo mio padre venire scortato via da alcune persone in una macchina. Io, tuttavia, non riesco più a sentire alcuna parola di quella insolita conversazione. Non riuscendo a capire cosa hanno da dirsi quei tre, mi concentro sulla scena. Ad un certo punto, intravedo, dalla finestra, la macchina della polizia, e un'altra persona, a cui uno dei poliziotti si è ora rivolto.
"Grazie dell'aiuto! Abusare dei propri figli è un reato."-dice l'uomo, mentre la persona con la quale sta conversando gli rivolge un piccolo inchino. Subito dopo un rapido scambio di saluti cortesi, la macchina della polizia parte, lasciando casa mia. E io, sconvolta e confusa, vedo la figura di prima correre verso la mia direzione, farsi sempre più vicina, e agitare la mano in aria: ora si, che riesco a riconoscerla.
"Va tutto bene?"-mi chiede Juuzou, sorridendomi dolcemente: e adesso come faremo a parlarci, ora che abbiamo smesso di mentirci? Ora che entrambi conosciamo la triste realtà in cui l'altro ha sempre vissuto? Ora che conosciamo tutta la verità?

Mi sono innamorata di te [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora