Capitolo 5 Allyson

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   Raccolgo i libri da terra mentre l'aula si riempie di studenti.

«Allyson», Joselyn si china al mio fianco per aiutarmi a raccogliere i libri di testo ancora seminati sul pavimento. «Cosa fai qui? Non sei nel mio corso», mi ricorda mentre me li porge e vorrei farle mille domande, ma noto l'imbarazzo dipingersi sul suo volto.

Sono sul punto di dirle che Damon sembra perseguitarmi dal momento in cui ci siamo incontrati casualmente, ma alla mente mi tornano le sue parole: «Se vuoi sapere chi hai accanto, fatti portare da Joselyn al Masters».

Mostro un finto sorriso e rispondo: «Ho solo fatto confusione, ci vediamo a fine lezioni per un caffè?», balbetto nervosa perché le sto mentendo e odio farlo, questa non sono io. Joselyn sembra stupita dalla mia richiesta ma acconsente.

«A dopo, allora», la saluto e mi affretto a raggiungere la mia aula.

Quello stupido, arrogante, pazzo bipolare che non è altro, mi ha fatto fare tardi a lezione.

Controllo un'ultima volta il telefono, dove non trovo nessun messaggio di Alec. Vorrei scrivergli io, ma non sono ancora pronta ad affrontarlo e, a quanto pare, non lo è neppure lui. Apro la porta e l'insegnante di arte grafica, con un gesto secco del dito, si lascia scivolare lungo il naso gli occhiali per osservarmi meglio.

«E lei sarebbe?», domanda, tenendo fra le mani un foglio dove sono scritti i nomi di tutti i presenti al suo corso.

«Evans, Allyson Evans, Professor Liry». Resto impalata sulla soglia della porta come un'idiota.

«Se si accomoda possiamo iniziare. Non ammetto ritardi, lo rammenti per la prossima volta, signorina Evans», mi avverte e senza proferire parola, mi guardo attorno per trovare un posto libero. Ovviamente, tutti quelli della prima fila sono occupati e mi tocca raggiungere gli ultimi posti in cima ai gradini.

«Se avessi saputo di trovarti qui non avrei perso tempo, prima», esclama Damon.

Fantastico.

«Resti in piedi?», domanda ironicamente stiracchiandosi sulla sedia. «Non che mi importi», continua con quella sua aria arrogante.

Cerco di ignorarlo e prendo posto al suo fianco, mi concentro sulla lezione fingendo che non esista e che il suo gomito non stia sfiorando di continuo il mio.

«Che secchiona. Appunti fin dalla prima lezione?», mormora sporgendosi verso di me.

Lo ignoro, è questo che bisogna fare con i soggetti come lui. Tiro indietro le spalle e continuo a scrivere sul laptop, un regalo di mio padre per questo mio inizio al campus.

«Perché tremi, ALLY?», mi sussurra talmente vicino da sentire il suo respiro al profumo di menta sul collo. Mi volto di scatto e il mio sguardo cade sul labbro che tiene fra i denti.

«Cosa... Cosa vuoi da me, si può sapere?».

«Ho capito, tranquilla, dev'essere quel periodo del mese. Giusto?», domanda gesticolando e facendomi spalancare la bocca per la vergogna e la sorpresa della sua pessima battuta.

D'altronde che cosa mi aspettavo?

«Come fai a fare finta di niente?», gli domando a mia volta. Damon mi scocca un'occhiata, poggia il telefono sul suo banco con fare scocciato e si avvicina pericolosamente al mio volto, come se volesse rubarmi l'aria che respiro.

«Io non faccio finta di niente. Non dimenticarlo mai», chiarisce.

Ecco tornata l'aria di minaccia nelle sue parole.

«Domani non verrò», gli faccio presente guardando dritto davanti a me.

Non voglio prendere parte ai suoi subdoli giochetti.

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