VIII.

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'Voglio che tu sappia che anche se avessi avuto altre scelte, tu saresti stata la principale.'
Sentendo quella frase, accennai un piccolo sorriso, senza neanche accorgermene e senza essere in grado di fermarlo.
Ecco un altra situazione imbarazzante, la stessa che si ripete: io che non dico nulla, lui che ride. Però questa volta lui è serio, ha ripreso ad osservare il buio oltre il treno, ignorando la mia espressione ed i miei pensieri. Quello che mi sorprendeva maggiormente non era la frase in se, ma quei rari momenti di delicatezza da cui mi faccio travolgere sempre.
Non ci scambiammo parola per alcuni minuti, all'apparenza ore, fino alla fermata; era un silenzio cosi piacevole, ma allo stesso tempo troppo fastidioso. Era piacevole perché potevamo godere a pieno della presenza altrui, era fastidioso perché rimanevo circondata da pensieri contrastanti, una miriade di pensieri.
Misi l'agonia da parte per soffermarmi sull'immagine di una stazione cupa e buia, illuminata da quelli che apparentemente fungevano da fari, fornendo fioca illuminazione.
"Allora? Vuoi rimanere qui tutta la notte?"
L'ennesima frase fredda portò a voltarmi verso Leonardo, già sul ciglio di andarsene, poggiato al termine della scalinata diretta verso la città, portandomi ad accelerare il passo quasi in una corsa pur di raggiungerlo.
Aveva un lieve affanno una volta uscita da quel sottopassaggio, la strada era illuminata ma non c'era traccia del ragazzo. Sapevo si stesse prendendo gioco di me, ma non volevo far notare la mia preoccupazione: non che mi preoccupassi per lui, ovvio, ma per il fatto di trovarmi da sola in una città del tutto sconosciuta, sola tra persone all'apparenza moleste. Infatti la città non era diversa da altre, ma differente da come la immaginavo: le strade erano semidesolate, se non per gli ubriaconi stesi in bella mostra sui marciapiedi non ci sarebbe stata anima viva.
Presi coraggio e feci qualche passo avanti, verso il ponte la cui vista si affacciava sui binari in funzione. Era uno spettacolo metropolitano, da ricordare. Girai il volto da uno dei lati, soffermandomi sulla fine del ponte, intravedendo una testa bionda, la stessa che prenderei a calci. Mi avvicinai, facendo finta di non averlo vista mi misi accanto a lui.
"Oh, eccoti, scusami non ti avevo visto."
Il suo sguardo era serio, troppo serio. Avrei voluto guardarlo in volto, avrei voluto oercepire il forte contrasto tra i miei ed i suoi occhi. Ah, i suoi occhi, adesso sembravano lucidi, la luce frivola dei fari me lo fece notare.
"Stavo pensando a mio padre, adesso non sarei stato qui ma con lui."
Non ne aveva mai parlato prima, era un argomento nuovo e senza una base d'appoggio.
"E perché sei qui?"
La mia domanda fu spontanea, come diretta fu la sua risposta. Aveva le braccia poggiate sulla ringhiera, aveva una sigaretta tra le dita affusolate e se la portava con gesti quasi ripetitivi e meccanici tra le labbra, ed io non potevo fare a meno che desiderarle.
"Non so più dov'è ecco perché. Ti sembro il tipo da questo posto?"
Il tono di voce era infastidito, ma io non c'entravo proprio nulla nei suoi drammi familiari, che se la prendesse con altri, ma non con me.
"Oh perché, io dovrei stare qui? Ringrazia che ci sei solo da due giorni."
Lo guardai con uno sguardo secco, stavo usando la sua tattica, usufruendo di un tono freddo.
Senza dire nulla si allontanò, fermandosi e girandosi, accennando un sorriso all'apparenza forzato, aspettandomi. Camminavamo l'uno accanto all'altro, l'unica cosa che ci accomunava era un animo forte, il coraggio di sfidare la notte.
Più camminavamo più si notavano luci e locali. Mi guardavo intorno chiedendomi dove sarebbe andato a finire tutto questo.
Tutto d'un tratto sentì stringere il polso, neanche il tempo di abbassare lo sgiardo per accorgermi della mano di Leo, che mi trovo a correre senza motivo ed in nessuna direzione precisa, guidata da quel ragazzo tanto strano. Provavo a fermarlo e dirgli qualcosa, ma non volevo farlo davvero. Nel giro di pochi secondi mi trovai a ridere, senza neanche la voglia di tenere aperti gli occhi, sentendo i capelli in tutte le direzioni trasportati dal vento. Una volta fermi mi accorsi che non ero l'unica a ridere.
A quanto pare stava inseguendo una bicicletta, gli chiesi se almeno conoscesse il ciclista, ma lui di risposta aumentò la risata.
"Sei uno schizzato."
Non era un insulto, ma un dato di fatto, non mi importava se si fosse sentito o meno, date le mie risate.
"Andiamo a bere qualcosa?"
Non aspettò la mia risposta, mi riprese il polso, ma io avanzai di qualche passo raggiungendolo e prendendo il suo polso. Lui mi guardò e mi prese la mano, stringendola a pena.
Ci fermammo all'entrata di un locale, c'era vita dappertutto e giovani in compagnia. I miei occh guardavano tutto per la prima volta, volevo stargli accanto per la mia inesperienza ed i miei modi di fare introversi. Lui capì e mi lanciò uno sguardo rassicurante, che mi fece soltanto sorridere.

// yo è da tanto che non ci si sente.
Ho pensato e ripensato a questa storiella e si, penso che faccia davvero schifo: è scritta male, e per di più adesso controvoglia, è uno di quei racconti ridicoli sui proprio "idoli" ma il bello è che la crush su Leo si è spenta da un pezzo. Sta cosa l'ho iniziata un anno fa e se la continuo è per noia e divertimento. Non so se continuerò e non so quando, sono arrivata al punto di scegliere se eliminarla definitivamente o meno, ma dopo tutto racconta un periodo della mia vita ed il coraggio di pubblicare qualcosa e prendere, anche se minimo, un impegno.
Il capitolo non lho neanche riletto, chissene.


Il capitolo non lho neanche riletto, chissene

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 07, 2017 ⏰

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