Appena il Grido di Pace di mia moglie si fu dissolto in lontananza, incominciai ad avanzare
verso lo Straniero con l'intenzione di guardarlo più da vicino e di invitarlo a sedersi; ma il suo
aspetto mi fece restare muto e immobile dalla meraviglia. Benché non presentasse la minima traccia
di angolarità, egli, tuttavia, continuava a variare ogni momento, raggiungendo dei gradi di misura e
di lucentezza impossibili per qualsiasi Figura di cui avessi avuto esperienza. Mi balenò il pensiero
di trovarmi davanti a un ladro o a un assassino, forse a un Isoscele mostruosamente Irregolare che,
imitando la voce di un Circolo, fosse riuscito in qualche modo ad ottenere accesso alla casa e che
ora si stesse preparando a trafiggermi col suo angolo acuto.
In un salotto, l'assenza di nebbia (e si dava il caso che in quei giorni la stagione fosse
notevolmente asciutta) mi rendeva difficile affidarmi al Riconoscimento a Vista, specialmente a una
distanza breve come quella in cui ci trovavamo. La paura mi fece abbandonare ogni riguardo; mi
slanciai in avanti con un poco cerimonioso «Posso chiederle, Signore...», e lo tastai. Mia moglie
aveva ragione. Non c'era traccia di un solo Angolo, non la minima ruvidezza o diseguaglianza: mai
in vita mia m'ero imbattuto in un Circolo più perfetto. Egli rimase immobile mentre io gli
camminavo intorno, partendo dal suo occhio e lì tornando. Era Circolare dappertutto, un Circolo
perfettamente soddisfacente; non ci potevano esser dubbi in proposito. Allora seguì un dialogo, che
mi sforzerò di buttar giù quanto più fedelmente potrò ricordarlo, tralasciando solo una parte delle
scuse in cui mi profusi. In verità, mi sentivo pieno di vergogna e di umiliazione al pensiero che io,
un Quadrato, avessi potuto commettere l'impertinenza di tastare un Circolo. Fu lo Straniero a
cominciare per primo, un po' impazientito per la lunghezza dei miei preamboli.
STRANIERO. Mi avete tastato abbastanza, adesso? Non mi conoscete ancora?
IO. Illustrissimo Signore, perdonate la mia goffaggine, che non proviene dall'ignoranza delle
usanze della buona società, ma da una certa sorpresa e nervosismo davanti a questa visita alquanto
inattesa. E vi prego di non far parola a nessuno della mia indiscrezione, e specialmente a mia
Moglie. Ma prima che la Signoria Vostra proceda a ulteriori comunicazioni, vorrebbe Ella degnarsi
di soddisfare la curiosità di chi sarebbe lieto di sapere donde viene il suo Visitatore?
STRANIERO. Dallo Spazio, dallo Spazio, signor mio: e da dove, se no?
IO. Perdonatemi, Signore, ma non si trova nello Spazio anche adesso la Signoria Vostra, la
Signoria Vostra come il suo umile servitore, in questo preciso momento?
STRANIERO. Bah! Che cosa ne sapete voi dello Spazio? Definitemelo, lo Spazio.
IO. Lo Spazio, mio Signore, è l'altezza e la larghezza prolungate all'infinito.
STRANIERO. Proprio così: vedete che voi non sapete che cosa sia, lo Spazio! Credete che
consista di due sole Dimensioni; io, invece, sono venuto ad annunciarvene una Terza - altezza,
larghezza, e lunghezza.
IO. La Signoria Vostra si diverte a scherzare. Anche noi parliamo di lunghezza e di altezza,
o di larghezza e spessore, così indicando due Dimensioni con quattro nomi.
STRANIERO. Ma io non voglio dire solo tre nomi, ma Tre Dimensioni.
IO. Vorrebbe la Signoria Vostra indicarmi o spiegarmi in quale direzione si trova la Terza
Dimensione, a me sconosciuta?
STRANIERO. È di lì che io vengo. È qui sopra, e qui sotto.
IO. Evidentemente la Signoria Vostra vuol dire a Nord e a Sud.
STRANIERO. Neanche per sogno. Voglio dire una direzione in cui voi non potete guardare,
perché non avete occhi sulla vostra Superficie8.(8
Superficie: il testo inglese usa la parola side, che significa sia «lato» di una figura geometrica a due dimensioni sia
«faccia» di una figura geometrica tridimensionale. Ciò spiega l'equivoco in cui cade, necessariamente, il Quadrato nella
battuta che segue. Per non favorire, da parte nostra, altri equivoci (come potrebbe accadere, in questo caso, se il lettore
intendesse la parola «faccia» nel significato di «viso») abbiamo preferito tradurre con «Superficie», termine che, oltre a
tutto, bene si contrappone al termine «in terno» (in inglese inside) che viene usato spesse volte dal Quadrato per
definire la stessa cosa dal punto di vista bidimensionale, per cui «interno» o «solido» è tutto ciò che è delimitato da più
lati [N.d.T.].)
IO. La Signoria Vostra mi scusi; ma una brevissima ispezione basterà a convincerla che io
ho un occhio perfetto nel punto d'incontro di due dei miei lati.
STRANIERO. Sì: ma per guardare nello Spazio, l'occhio dovreste averlo non sul Perimetro,
ma sulla Superficie, cioè su quello che voi probabilmente chiamerete il vostro interno; ma noi nella
Spacelandia lo chiameremmo la vostra Superficie.
IO. Un occhio nel mio interno! Un occhio nello stomaco! La Signoria Vostra sta scherzando.
STRANIERO. Non ho nessuna voglia di scherzare. Vi dico che vengo dallo Spazio, anzi,
visto che non volete capire che cosa voglia dire Spazio, dalla Terra delle Tre Dimensioni, da cui
poco fa ho abbassato lo sguardo su questo vostro Piano che voi chiamate, guarda un po', Spazio. Da
quella posizione di vantaggio ho scorto tutto quello di cui parlate come di solido (parola con cui voi
volete dire «chiuso da quattro lati»): le vostre case, le vostre chiese, persino i vostri forzieri e
casseforti, sì, anche l'interno del vostro stesso corpo con le sue viscere, tutto bell'aperto ed esposto
al mio sguardo.
IO. Cose simili si fa presto a dirle, Signor mio!
STRANIERO. Ma non a provarle, volete dire. Ma io ho intenzione di provare le mie
affermazioni.
Quando sono sceso quaggiù, ho visto i vostri quattro figli, i Pentagoni, ciascuno nella sua
stanza, nonché i vostri due nipotini, gli Esagoni; ho visto il vostro Esagono più giovane intrattenersi
alquanto con voi e quindi ritirarsi in camera sua, lasciando soli voi e vostra moglie. Ho visto i vostri
servi Isosceli, in numero di tre, che cenavano in cucina, e il paggetto nel retrocucina. Poi sono
venuto qui, e come credete che sia entrato?
IO. Dal tetto, immagino.
STRANIERO. Ma no. Il tetto di casa vostra, come sapete benissimo, è stato riparato di
recente, e non ha neanche un'apertura da cui possa passare una Donna. Vengo dallo Spazio, vi dico.
Non siete persuaso da quanto vi ho detto dei vostri figli e della vostra casa?
IO. La Signoria Vostra saprà certo che quei dati riguardanti la casa e la famiglia di questo
suo umile servitore possono essere facilmente reperiti nel vicinato da chiunque possegga gli ampi
mezzi di ottenere informazioni che ha Vostra Signoria.
STRANIERO (fra sé). Che devo fare? Un momento: mi viene in mente un altro argomento.
Quando vedete una Linea Retta - vostra moglie, per esempio -quante Dimensioni le attribuite~
IO. La Signoria Vostra vorrebbe trattarmi come fossi uno del volgo che, nella sua ignoranza
della Matematica, crede che una Donna sia davvero una Linea Retta, e solo di Una Dimensione. No,
no, Signor mio; noi Quadrati la sappiamo più lunga, e, come la Signoria Vostra, ci rendiamo conto
che una Donna, benché comunemente chiamata Linea Retta, è, in realtà e scientificamente, un
Parallelogramma molto sottile, avente Due Dimensioni, come il resto di noi, cioè lunghezza e
larghezza (o spessore).
STRANIERO. Ma il fatto stesso che una Linea Retta sia visibile implica che essa possiede
anche un'altra Dimensione.
IO. Mio Signore, ho appena ammesso che una Donna è larga, non meno che lunga. Noi la
sua lunghezza la vediamo, la sua larghezza la deduciamo; perché quest'ultima, sebbene quasi
impercettibile, può essere misurata.
STRANIERO. Voi non mi comprendete. Voglio dire che quando vedete una Donna, oltre a
dedurne la larghezza e a vederne la lunghezza, dovreste vedere quello che noi chiamiamo la sua
altezza, per quanto quest'ultima Dimensione sia infinitesimale nel vostro paese. Se una linea avesse
solo la lunghezza, senza l'«altezza», cesserebbe di occupare lo Spazio e diventerebbe invisibile. Di
questo vi rendete conto, no?
IO. Davvero debbo confessare di non comprendere affatto la Signoria Vostra. In Flatlandia,
quando vediamo una Linea, ne vediamo la lunghezza e la lucentezza. Se la lucentezza sparisce, la
linea si estingue, e, come dite, cessa di occupare lo Spazio. Ma devo forse supporre che la Signoria
Vostra dia alla lucentezza l'attributo di Dimensione, e che chiami «alto» quello che noi chiamiamo
«lucente»? , per le tre posizioni colà indicate doveva per forza manifestarsi a me, o a qualunque altro abitante
della Flatlandia, sotto forma di Circolo, prima grande, poi piccolo, e da ultimo piccolissimo, quasi
della misura di un Punto. Ma, sebbene avessi i fatti davanti a me, le cause mi erano più oscure che
mai. Tutto quanto potei afferrare fu che il Circolo era diventato più piccolo e che finalmente era
svanito, e che adesso era ricomparso e stava rapidamente rifacendosi più grosso.
Quando fu ritornato alla misura originaria, emise un profondo sospiro, perché dal mio
silenzio indovinava che non ero assolutamente riuscito a capirlo. E veramente adesso incominciavo
a pensare che, dopotutto, non era un Circolo, ma chissà, magari un giocoliere estremamente abile;
oppure erano forse vere le storie delle vecchie comari, e che Maghi e Incantatori esistevano sul
serio.
Dopo una lunga pausa egli borbottò fra sé: «Rimane una sola risorsa, prima di passare
all'azione. Devo tentare col sistema dell'Analogia». Poi ci fu una pausa ancora più lunga, dopo la
quale egli riprese il nostro dialogo.
SFERA. Ditemi, Signor Matematico; se un Punto si spostasse verso il Nord, lasciando dietro
di sé una scia luminosa, come chiamereste quella scia?
IO. Una Linea Retta.
SFERA. E quante estremità ha una Linea Retta?
IO. Due.
SFERA. Adesso immaginate che questa Linea retta che punta verso Nord si sposti
parallelamente a se stessa, a Est e a Ovest, così che ogni suo punto si lasci dietro come scia una
Linea Retta. Come la chiamereste la Figura risultante? Supponiamo che si sposti per una distanza
uguale alla Linea Retta di prima. Allora, come la chiamereste,
IO. Un Quadrato.
SFERA, E quanti lati ha un Quadrato? Quanti angoli?
IO. Quattro lati e quattro angoli.
SFERA. Adesso lavorate un po' di fantasia, e immaginate un Quadrato nella Flatlandia che
si sposti parallelamente a se stesso verso l'alto.
IO. Come? Verso il Nord?
SFERA. No, non verso il Nord; verso l'alto; proprio fuori della Flatlandia.
«Se si spostasse verso il Nord, i punti meridionali del Quadrato dovrebbero passare per le
posizioni precedentemente occupate dai punti settentrionali. Ma non è questo che intendo.
«Quello che intendo è che ogni vostro Punto - poiché voi siete un Quadrato e servirete allo
scopo della mia spiegazione - vale a dire ogni punto in voi, cioè in quello che voi chiamate l'interno
del vostro corpo, deve attraversare lo Spazio diretto verso l'alto, in modo che nessun Punto passi per
una posizione precedentemente occupata da qualsiasi altro Punto; ma ogni Punto descriva una
Linea Retta sua propria. Tutto ciò è in accordo con l'Analogia e vi sarà certo chiaro».
Reprimendo la mia impazienza (perché adesso provavo una forte tentazione di scagliarmi
ciecamente contro il mio Visitatore e di scaraventarlo nello Spazio, o fuori della Flatlandia,
dovunque, pur di liberarmi di lui), replicai:
«E quale sarebbe la natura della Figura che io formerei con questo moto che vi siete
compiaciuto di descrivere con l'espressione "verso l'alto"? Si potrà pur descrivere nel linguaggio
flatlandese, no?».
SFERA. Oh, certo. È tutto chiaro e semplice, e in stretto accordo con l'Analogia... solo,
però, che il risultato non dovrete chiamarlo una Figura, ma un Solido. Ma ve lo descriverò io. Anzi,
non io, ma l'Analogia.
«Abbiamo cominciato con un singolo Punto, che naturalmente, essendo un Punto esso
stesso, non ha che un Punto terminale.
«Un Punto produce una Linea con due Punti terminali.
«Una Linea produce un Quadrato con quattro Punti terminali.
«Ora siete in grado di rispondere da solo alla vostra stessa domanda: 1, 2, 4 formano
evidentemente una Progressione Geometrica. Quale sarà il prossimo numero?».
IO. Otto.
SFERA. Precisamente. Quell'unico Quadrato produrrà un Qualcosa-che-voi-ancora-non-
sapete-come-si-chiama-ma-che-noi-chiamiamo-Cubo, il quale ha otto Punti terminali. Siete
persuaso adesso?
IO. E questa Creatura ha dei lati, così come ha degli angoli o ciò che voi chiamate «Punti
terminali»?
SFERA. Naturalmente: tutto come vuole l'Analogia. Ma, a proposito, non quello che voi
chiamate lati, ma quello che noi chiamiamo facce. Voi li chiamereste Solidi.
IO. E quanti solidi o facce avrà questo Essere che io debbo generare mediante il movimento
dell'interno del mio corpo in una direzione «verso l'alto», e che voi chiamate Cubo?
SFERA. E me lo chiedete? Voi, un Matematico! Il lato di ogni cosa indica sempre, per cosi
dire, un'unica Dimensione che si estende dietro la cosa. Di conseguenza, dal momento che non ci
sono Dimensioni dietro a un Punto, un Punto ha 0 lati; una Linea, per così dire, ha 2 lati (perché i
Punti di una Linea possono chiamarsi, per cortesia, i suoi lati); un Quadrato ha 4 lati; 0, 2, 4; come
la chiamate una Progressione del genere?
IO. Aritmetica.
SFERA. E quale numero viene dopo?
IO. Sei.
SFERA. Precisamente. Vedete quindi che avete risposto da solo alla vostra domanda. Il
Cubo che generereste sarebbe delimitato da sei facce, vale a dire da sei superfici corrispondenti
all'interno del vostro corpo. Vi pare di vederlo, ora, eh?
«Mostro,» gridai «giocoliere, incantatore, sogno o diavolo che tu sia, non tollererò oltre i
tuoi scherzi. O tu o io!». E pronunciando queste parole mi scagliai contro di lui.
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Flatlandia, racconto fantastico a piú dimensioni
ClassiquesFlatlandia: Racconto fantastico a più dimensioni (Flatland: A Romance of Many Dimensions) è un romanzo fantastico-fantascientifico del 1884 scritto da Edwin Abbott Abbott. Narra la vita di un abitante di un ipotetico universo bidimensionale che entr...