§ 17. - Come la Sfera, avendo tentato invano con le parole, fece ricorso ai fatt

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Ma fu invano. Investii violentemente lo Straniero col mio angolo retto più duro, spingendolo
con una forza che sarebbe bastata a distruggere qualunque Circolo ordinario: ma me lo sentii
scivolare via, con un moto lento e inarrestabile; non che si spostasse a sinistra o a destra, era come
se in qualche modo uscisse fuori del mondo, e scomparisse nel nulla. Ben presto non ci fu che un
vuoto. Ma continuavo a sentire la voce dell'intruso.
SFERA. Perché vi rifiutate di dare ascolto alla ragione? Avevo sperato di trovare in voi, che
siete un uomo di senno e un matematico provetto, un apostolo per il Vangelo delle Tre Dimensioni,
che a me è concesso predicare soltanto una volta ogni mille anni; ma ora non so come fare a
convincervi. Un momento, ho trovato. I fatti, e non le parole, proclameranno la verità. Ascoltatemi,
amico mio.
«Vi ho detto che dalla mia posizione nello Spazio io posso vedere l'interno di tutte le cose
che voi considerate chìuse. Per esempio, vedo in quell'armadio vicino a voi parecchìe dì quelle cose
che chiamate scatole (ma che, come ogni altra cosa in Flatlandia, non hanno cima né fondo), piene
di denaro; vedo anche due tavolette di conti. Ora scenderò in quell'armadio, prenderò una di quelle
tavolette e ve la porterò. Vi ho visto chiudere a chiave l'armadio mezz'ora fa, e so che avete la
chiave con voi. Ma io scendo dallo Spazio; gli sportelli, come vedete, rimangono intatti. Ora sono
nell'armadio e sto prendendo la tavoletta. Ce l'ho. Ora salgo con lei».
Mi precipitai all'armadio e spalancai lo sportello. Una delle tavolette era scomparsa. Con
una risata di scherno, lo Straniero comparve all'angolo opposto della stanza, e al tempo stesso la
tavoletta apparve sul pavimento. La presi. Non poteva esserci dubbio: era la tavoletta mancante.
Emisi un gemito d'orrore, e sospettai di non essere più in possesso di tutte le mie facoltà; ma
lo Straniero proseguì: «Certo, adesso avrete visto che solo la mia, e nessun'altra, è una spiegazione
del tutto adeguata del fenomeno. Quelle che chiamate cose Solide sono in realtà delle Superfici;
quello che chiamate Spazio non è in realtà che un grande Piano. Io sono nello Spazio, e guardo giù all'interno delle cose di cui voi vedete solo l'esterno. Anche voi potreste lasciarlo, questo Piano, se
solo riusciste a raccogliere tutta la forza di volontà necessaria. Basterebbe uno spostamento minimo
verso l'alto o verso il basso per mettervi in grado di vedere tutto quello che io vedo.
«Più io mi sollevo, più mi allontano dal vostro Piano, e più vedo, benché naturalmente lo
veda in una scala più piccola. Per esempio, adesso sto salendo; ora vedo il vostro vicino, l'Esagono,
con i componenti della sua famiglia nelle diverse stanze; ora vedo, dieci porte più in là, l'interno del
Teatro dal quale il pubblico sta uscendo in questo momento; e, dall'altra parte, un Circolo nel suo
studio, immerso nella lettura. Ora torno da voi. E come prova finale, che ne direste se vi toccassi,
appena appena, nello stomaco? Non vi farò male, e del resto anche se ne soffriste un lieve dolore,
niente sarà in confronto al beneficio mentale che ne riceverete».
Prima che potessi pronunziare una parola di rimostranza, sentii un dolore cocente nelle
viscere, e una risata demoniaca parve scaturire da dentro di me. Un momento dopo, la fitta
accecante era passata, senza lasciare altra traccia che un dolore sordo, e lo Straniero incominciava a
ricomparire dicendo, a mano a mano che le sue proporzioni aumentavano: «Ecco, non vi ho fatto
troppo male, vero? Se non siete persuaso ora, non so che cosa ci vorrà per convincervi. Che ne
dite?».
La mia decisione era presa. Accettare un'esistenza soggetta alle arbitrarie intrusioni di un
Mago, capace di giocare simili tiri al mio stomaco, era intollerabile. Se solo avessi potuto
inchiodarlo contro il muro, in un modo qualsiasi, finché non fossero giunti degli aiuti!
Una volta ancora mi scagliai contro di lui col mio angolo più duro, gettando allo stesso
tempo l'allarme in tutta la casa con le mie grida di aiuto. Credo che al momento del mio assalto lo
Straniero si fosse abbassato sotto il livello del nostro Piano, e facesse veramente difficoltà ad
alzarsi. In ogni modo, egli rimase immobile, mentre io, sentendo, così mi parve, il rumore di
qualche soccorso che arrivava, continuavo a spingerlo con rinnovato vigore, sempre chiamando
aiuto.
La Sfera fu percorsa da un brivido convulso. «Così non va,» mi parve di sentirgli dire «se
non ascolta la voce della ragione, dovrò ricorrere all'ultima risorsa della civiltà». Poi,
apostrofandomi con voce più alta, pronunziò in fretta: «Ascoltate: nessun estraneo deve essere
testimone di quanto avete visto. Rispedite via subito vostra moglie, prima che entri nella stanza. Il
Vangelo delle Tre Dimensioni non dev'essere frustrato in questo modo, né debbono esser gettati via
i frutti di mille anni di attesa. La sento venire. Indietro! Indietro! Via da me, o dovrete venire con
me - là dove non sapete - nella Terra delle Tre Dimensioni!».
«Sciocco! Pazzo! Irregolare!» esclamai io. «Non ti lascerò più andare; pagherai il fio delle
tue imposture».
«Ah! A questo siamo giunti?» tuonò lo Straniero. «Allora affronta il tuo fato: uscirai dal tuo
Piano. Uno, due, tre! Ecco fatto!».

Flatlandia, racconto fantastico a piú dimensioni Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora