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Non so perchè mi ritrovai lì, ma, di fatto... mi ritrovai lì.

Non dovevo comprare niente, eppure ero lì, nello stesso supermercato in cui avevo incontrato il ragazzo del cavolo.

Perchè, anche se non volevo ammetterlo, avevo sviluppato una sorta di ossessione per lui.

Pensavo a lui continuamente, mi teneva sveglia la notte e mi impediva di concentrarmi su qualsiasi cosa.

Solo il suo nome, mi dicevo.

Mi convinsi che mi sarebbe bastato sapere il suo nome, soltanto il suo nome, e non ci avrei più pensato.

Mi scervellavo cercando di capirlo, e la notte (quando finalmente riuscivo ad addormentarmi) lo sognavo mentre me lo diceva.

Mi svegliavo frustrata, arrabbiata e nervosa. Ero intrattabile.

Incominciai ad andare al supermercato, ogni giorno, sperando di incontrarlo.

Mi fermavo una buona mezz'ora alla sezione dei gelati, fingendo di dover decidere quale gusto prendere, ma continuando a guardare i cavoli.

Ad un certo punto ero quasi arrabbiata con loro. Dopo una settimana che li guardavo ogni giorno, mi avvicinai e tirai un calcio al container da dove mi guardavano, strafottenti.

Dunque tirai un calcio, e urlai:

- Fottuti cavoli! -

E allora...bè, successe. Successe e basta. Non so come sia possibile, e, ogni volta, non posso fare a meno di pensare che questo, questo noi, sia stato frutto del destino, una storia scritta nelle stelle.

So solo che un momento prima ero arrabbiata, disperata e sola, e il minuto dopo lui era davanti a me, a guardarmi con gli occhi sgranati.

L'avevo desiderato, volevo quel momento, ma per un attimo pensai fosse un miraggio, di quelli che vedono i viandanti nel deserto quando desiderano troppo l'acqua.

Una oasi.

Lui era la mia oasi, in un mondo fatto di sabbia e silenzio.

Pensai di essermelo immaginato.

Pensai che era bellissimo, con la sua maglietta stropicciata di un verde indefinito.

Pensai che non era possibile.

Pensai a quanto sembrassero morbide le sue labbra.

Pensai alle mie mani nei suoi capelli.

Pensai che lo volevo.

E poi non pensai più a niente.

Mi sporsi verso di lui, e gli poggiai le mani sul petto. Sentivo il suo cuore battere all'unisono con il mio, una corsa contro il tempo che nessuno dei due avrebbe vinto. Sentii il suo respiro scompigliarmi i capelli, ed alzai la testa, incontrando il mio sguardo.

Non sapevo cosa stessi facendo, non sapevo cosa volesse dire, sapevo solo che dovevo farlo.

Arricciò le labbra.

Come posso descrivere quel momento?

Restammo fermi, vicini, senza dire niente.

In qualche modo, sentii che c'era una sorta di simmetria tra me e lui.

Come un eco, che rimbalzava tra di noi.

Non si fermò il tempo, non si annullarono i rumori.

Eravamo dolorosamente consapevoli del tempo che scorreva, del mondo che ci circondava.

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