II

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In una sera piuttosto calda di primavera, mentre tornavo a casa dopo essere andato a trovare Chad e la sua amata sento dei rumori circospetti passando accanto ad un vicolo.

Mi avvicino e nel buio scorgo la figura di un ragazzo poco più grande di me chino sul corpo mezzo morto di una bambina.

Costui, sentendo la mia presenza, alza lo guardo incrociando il mio; batto le ciglia una volta e me lo ritrovo ad un palmo dal naso.

Com'è possibile?

Ha un'espressione inquietante in viso, incute terrore solo a guardarlo.

Dalla bocca rivoli di sangue scendono lenti fino al mento, strisciando lugubri lungo il collo. Le mani, anch'esse sporche di sangue, si stringono a pugno. Ed i suoi occhi prendono un irreale sfumatura scarlatta.

Prima che possa accorgermene sono disteso per terra, un dolore lancinante si irradia nel corpo partendo dal collo, dove quest' essere ha infilato i suoi denti, più affilai del normale, lacerandomi la pelle.

Provo a gridare ma ho perso la voce, il mio corpo è in fiamme: non respiro, sto bruciando.

Ogni parte del mio corpo è invasa da un assurdo calore, che mi scorre nelle vene come fosse lava.

Un dolore così atroce non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico, è pura sofferenza.

Talmente è tanto il male che sento, che svengo chiudendo gli occhi.

Mi sveglio di colpo con la gola serrata, pizzica leggermente ma ho come l'impressione che questo fastidio andrà peggiorando.

Mi alzo a sedere notando che sono in una stanza completamente al buio, su un letto dalle coperte di lino e con le tende del baldacchino chiuse. Le apro in un colpo e con le gambe molli scendo aggirandomi per la camera da letto in cui mi trovo.

Sono stanco ed affamato, ma stranamente mi sembra di aver dormito per giorni.

Le finestre della stanza sono oscurate da enormi e spesse tende nere, da cui filtra però qualche raggio di sole.

Ignorando un'insistente sensazione ammonitrice, mi avvicino per spalancare le tende ma quando mi appresto a farlo una voce rimbomba nella stanza << Non farlo. Non aprire quelle tende, ciò che sei diventato ti impedisce di stare alla luce. Rassegnati a non vedere mai più il sole >>

Dall'angolo più lontano della stanza esce il ragazzo dell'altra sera.

Capelli biondi cenere ed occhi scuri con sfumature color ocra.

Trasalisco a vederlo ed istintivamente porto una mano al collo, tastando il punto in cui mi aveva morso.

<<Cos'è?! Cosa mi hai fatto?! Perché dici questo?! >> domando urlandogli contro in preda al panico.

Con le dita ispeziono la pelle del collo, sentendola a contatto con la mano troppo fredda e ruvida; cerco di ignorare la cosa e ci riesco quando sento con i polpastrelli dei... buchi.

Giro di scatto la testa per guardarlo. Non rendendomi nemmeno conto di essere stato troppo veloce.

<< Rispondimi! >> tuono arrabbiato contro quest'uomo, ammesso si possa definire tale.

<< Non sei più umano, sei divenuto immortale; e questo delizioso favore lo devi a me >>

Lo guardo stranito e scettico << Non mi prendere in giro! Dammi una spiegazione seria del perché mi trovo qui e cosa mi hai fatto >>

Cerco di risultare serio e deciso, ma dal mio tono sembra più una supplica.

<< Figli della Notte, Pipistrelli, Parassiti, Sanguisughe, progenie del Demonio... la gente ci chiama con tanti nomi. Siamo esseri immortali, bellissimi ma letali. Siamo sensuali e sofisticati, la gente rimane affascinata dalla nostra persona. Ammaliamo, streghiamo, incantiamo tutti gli esseri viventi. Persino gli animali... >> fa un sorrisetto compiaciuto e continua << Noi siamo perfetti, sotto ogni punto di vista, ma anche la perfezione ha i suoi difetti. L'immortalità ha un prezzo >> dice con voce seria e le sopracciglia corrugate << Non possiamo stare alla luce del sole, moriremmo, arsi vivi, come sul rogo. Per vivere dobbiamo bere sangue, prosciugare le persone fino alla morte. Popoliamo le leggende, siamo le storie che raccontano ai bambini per spaventarli >>

Parla quasi sussurrando, con espressione afflitta.

Cammina per la stanza fino ad una poltrona, ci si siede facendomi cenno di fare altrettanto su quella di fronte.

<< Perché mi hai fatto diventare così? >> gli chiedo avvilito; avrei preferito morire che diventare un mostro.

<< E' stato un gesto egoistico Federico; ho vissuto secoli con nessuno accanto, nella solitudine. All'inizio pensavo che fosse giusto così, insomma guardaci! Siamo esseri immondi, rifiutati da tutti. Non c'è cosa peggiore che vedere morire i propri cari per causa tua >>

Deve soffrire molto, anche se credo non l'abbia fatto di proposito. Se lo guardo negli occhi, tanto belli quqnto surreali, scorgo un profondo pentimento. Come un'ombra che lo trattiene, ghermendolo con presa ferrea, ad un lontano passato.
Mi dispiace per lui, ma non aveva il diritto di fare questo a me!

<< Ma perché io! Non potevi scegliere qualcun altro? >>

<< Non ti ho scelto, sei solo capitato nel posto sbagliato quella sera. Se non fossi apparso per strada ora non saresti qua >> conclude tranquillo.

<< Non c'è modo di tornare indietro? >> domando sconfitto.

<< No, l'unica soluzione è la morte. O come la chiamiamo noi, la fine. Poiché la nostra rinascita è essa stessa una morte. Ma te la sconsiglio, dicono che per quelli come noi la fine sia un'esperienza ancor più dolorosa di quella provata durante la trasformazione. >>

Ormai rassegnato, un' ultima domanda mi ronza in testa << Chi sei e che ne vuoi fare di me? Cioè, credo di essere nella tua dimora, ed di certo non posso presentarmi a casa. Ora ciò che sono me lo impedisce. >> un forte dolore mi si irradia nel petto.

<< Il mio nome è Donatello Manichi. A te, Federico, non voglio fare alcun'che. Vorrei che tu vivessi con me, anche perché non credo tu abbia un posto sicuro dove recarti. Mi farebbe piacere non restare solo, ed io potrei insegnarti tutto quello che so sulla nostra specie. E fidati che in due secoli di esistenza ho appreso molto!>> risponde dando sfoggio di acuta galanteria, e con un pizzico d'ironia.

<< Molto bene >> parlo emettendo un sospiro << Non posso fare altro se non accattare la tua proposta. Ma per curiosità , come conosci il mio nome? Prima hai affermato che siamo sconosciuti >>

<< L'ho letto sul mantello; c'è il tuo nome ricamato sopra e quando ti ho portato qua non ho potuto fare a meno di notarlo >> spiega sorridendo, aprendo le labbra e mostrando una dentatura a dir poco perfetta, il cui solo guardarla mi fa provare un brivido lungo la schiena.

After my Death Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora