Vagare- Kyle O'brien

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Osservò le pagine aperte del libro davanti a se. Pagine profumate ,ricche d'informazioni sulla straordinaria astrofisica, pagine che,in quel momento gli risultavano interessanti quanto una parete lasciata ad asciugare sola in una stanza dimenticata da ogni dio.

Anche se, adesso che ci pensava,l'idea di esser lasciato da solo in una semplicissima e, all'apparenza di tutti, noiosissima stanza, non gli suonava poi tanto male. Essere lasciato solo in un luogo chiuso, magari a chiave, nel silenzio che solo una tomba può conoscere, dimenticato da tutti nel mondo ed ignorato dai problemi quotidiani... Non era malvagia come idea.
Poteva risultare strano normalmente, ma a chi non piacerebbe avere un attimo di pace?
Forse il rimanere da soli seduti davanti ad una parete lasciata ad asciugare era estremo come concetto di pace e solitudine, ma lui non ci vedeva nulla di male.

Anzi,gli sembrava geniale;distaccarsi da tutto e da tutti, abbandonarsi a se stessi in totale calma, senza distrazioni o pressioni, come sottofondo a fargli compagnia solo suoi pensieri e la propria ombra disegnata sulla parete appena imbiancata, un piccolo paradiso.

Poi gli cadde l'occhio sul libro di 700 pagine dedicate interamente all'interessante mondo dell'astrofisica.
Già, il suo bellissimo mattone ripieno di fantastici paroloni che, con molta probabilità, neanche l'autore stesso ne conosceva il significato, magari che aveva aggiunto solo per fargli un torto.
Che poi, mattone era troppo poco, avrebbe preferito definirlo qualcosa di più simile all'intero Muro del Pianto. No, all'immenso Colosseo. Neanche. Forse all'Everest. Ma neanche questo lo soddisfava, gli serviva qualcosa di più maestoso, di più mastodontico, qualcosa di più. Ma cosa?
Qual era il giusto paragone? Nulla nel suo pianeta era così enorme da sembrargli adatto in quel momento, persino la Terra stessa gli sembrava troppo piccola per essere comparata a quell'oggetto di Satana.
Certo, non gli interessava veramente trovare il giusto modo di insultare un libro che di colpe, effettivamente, non ne aveva, ma la situazione gli era sfuggita di mano, ora voleva, anzi desiderava sapere cosa, cercando nell'universo, sarebbe in grado di descrivere al meglio il libro di astrofisica.
La sua mente aveva iniziato, di nuovo, a vagare su quella che per tutti sarebbe stata una sciocchezza, una piccolezza che avrebbero scacciato dalla propria mente in automatico. Ma a lui interessava davvero.

In quell'istante preciso qualsiasi futilità sarebbe risultata più interessante di quell'ammasso di parole scritte in modo disumano. Lui doveva trovare un modo per pensare ad altro, doveva distaccarsi dalla realtà, non soltanto cercare un modo particolare di esprimere il proprio disappunto riguardo al libro, o immaginarsi solo a fissare il vuoto in una camera dalla parete ancora fresca.
Desiderava proprio il distacco dal suo animo dal suo corpo, che la sua mente lasciasse il peso che il suo "sacco di carne" rappresentava.

Il perché del suo atteggiamento? Era da un po' che se lo chiedeva, in fondo come materia l'astrofisica gli piaceva e non poco, aveva scelto lui stesso di studiarla, non l'avrebbe mai fatto se le fosse stata indifferente. Eppure quella sera proprio non riusciva a concentrarsi, ogni volta che iniziava a leggere un periodo, la sua mente pian piano vagava e cercava altro a cui aggrapparsi, come se andasse persa nel nulla cosmico.

Ah, ecco quello che non sarebbe mai dovuto accadere,si dipinse un grande sorriso sul suo volto, tanto che sentì le fossette quasi scoppiargli e le gote riscaldarsi. Eccola, come un fulmine a ciel sereno, una lampadina che si accende nel buio totale, l'idea che non avrebbe mai dovuto avere.

Di scatto afferrò libro, una torcia -conservata sulla scrivania rigorosamente per quelle situazioni- ed un giubbotto. Corse via dal piccolo appartamento, osservato dal suo coinquilino e compagno di scuola, ormai abituato al suo modo di fare, ma gli parve comunque di averlo visto sbuffare contrariato.
E come biasimarlo, non era la prima volta che Narciso era stato obbligato ad assistere ad uno dei suoi improvvisi scatti di idee malsane ed incontrollate, l'ultima volta era stato svegliato alle 2 di notte perché lui voleva osservare le costellazioni e gli serviva una mano per raccogliere le giuste informazioni. Se ci pensava, poteva ancora sentire l'eco dell'imprecazione lanciatagli contro -se la sarebbero ricordata anche i suoi pronipoti -.

Non ci volle molto ad arrivare in campagna, non abitava nel pieno centro, quindi capitava spesso che lo studente si recasse da quelle parti.
Si fermò ad osservare la vasta distesa di campi che lo circondava, diversi colori risaltavano ai suoi occhi,ma nessuno sembrava "dominare"; solo il vento comandava su tutta la distesa di erba,fiori ed alberi, quella sera non era particolarmente forte, ma lo sentiva comunque penetrargli nelle ossa, sentiva abbastanza freddo nonostante si fosse coperto adeguatamente. Non era violento e non gli si imponeva con forza contro, anzi, sembrava di più che volesse comandarlo attraverso dolcezza ed eleganza.

Alzò lo sguardo al cielo e rimase stupito come sempre, in città si sarebbe sognato di ammirare un simile spettacolo, il vero cielo notturno stellato era milioni di volte meglio di semplice fantasia. Questo lui lo sapeva bene, quasi ogni settimana veniva in quel luogo la sera tardi prima o dopo aver studiato, ma rimaneva comunque ogni volta colpito dai colori eleganti e vivaci del cosmo.
Era così luminoso quella sera che quasi non aveva bisogno della torcia, neanche una nuvola, la luna risplendeva fiera tra gli alberi e le stelle la circondavano, un gioco di colori ed emozioni, una danza cosmica, così la vedeva.
Era diventato geloso di quel cielo col tempo, non voleva che nessun altro oltre lui potesse vederlo, voleva sentirsi possessore del cosmo. Anche se in realtà sapeva di essere lui in possesso, ma gli stava più che bene.

Quel paesaggio circondato dal meraviglioso spettacolo notturno gli sembrava finto ed impossibile da raggiungere, ma anche così reale e vicino a lui, sembrava bastasse allungarsi sulle punte dei piedi per raggiungere una stella,arraffarla e portarla via con se, in modo tale che nessun altro al di fuori di lui l'avrebbe posseduta. Lo stesso con avrebbe fatto con le altre.

Ecco, quella era l'atmosfera giusta, circondato da tutto ciò che potesse desiderare, il suo animo ora era in pace; si stese sulla prima distesa d'erba vicino a lui, i fiori e i fili d'erba lo solleticarono e gli diedero un calore quasi materno, accese la torcia accanto a lui ed aprì il suo adorato libro di astrofisica.
Stavolta le prime righe furono lette nella più totale pace,la sua mente era libera ed ogni cosa sembrava essersi fermata in quel magico istante.

Oh, Kyle, come ti sei ridotto, ti staccheresti dal mondo intero pur di essere felice, possederesti egoisticamente tutto ciò che per te è bello, probabilmente facendo del male agli altri, o semplicemente venendo preso per folle o idiota.
Ma a te sta bene così, un modo così egoistico, così giusto e puro ad i tuoi occhi.



C'è solo un piccolo punto che vorrei chiarire: Kyle, protagonista di questa one shot, non è materialista, diciamo che rientra di più nel filone dell'estetismo, cioè ama ciò che ai suoi occhi è bello, apprezza l'estetica di un qualsiasi tipo di cosa.
Spero vi piaccia.

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