Capitolo Uno

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Fine della sessione invernale di esami.

Esco dall'edificio di Scienze politiche accompagnata dal cinguettio dei passerotti, melodia che culla i miei pensieri.

Il cielo è azzurro a Castelforte: la città che mi ha vista nascere, crescere ma che spero non mi veda morire. A nord dell'Italia e in parte bagnata dal mare  accoglie piccole case a schiera dai colori vivaci, per questo viene chiamata la "città del sole".

Grande abbastanza da racchiudere università, scuole, centri di ricerca, parchi e campi fioriti; troppo piccola per essere chiamata metropoli. Adoro la mia terra ma credo che fuori dai confini e lontano dai campi ci sia un mondo intero da scoprire.

I miei genitori vengono dalle isole ma sono felice che abbiamo lasciato quella terra confinata dal mare andando incontro alla realtà oltre l'orizzonte.

Non sarei riuscita a vivere circondata dalle acque, curiosa come sono sarei scappata per inseguire i miei sogni, troppo grandi per avere dei confini.

Nella mia vita ho sbagliato tante volte: strade, scelte, persone ma ho sempre avuto il coraggio di fare un passo indietro e imboccare la via giusta, fare la scelta giusta e dire addio a persone che non meritavano neanche un briciolo del mio affetto.

Cammino tra i cortili dell'università calpestando coriandoli colorati, probabilmente frutto di un festeggiamento, e penso a quando arriverà il mio momento: la tanto attesa, e sudata, laurea.

Mi vedo felice e serena circondata da amici, parenti e compagni di corso,  consapevole di aver raggiunto un importante traguardo. Mi vedo volteggiare nel mio vestito rosso mentre con una mano tengo la corona d'alloro e con l'altra sorreggo il mazzo di fiori regalatomi.

"Auroraa", mi chiama una voce familiare interrompendo le mie fantasie.

"Dove pensi di andare? Clarissa ci aspetta al bar dell'università con tutti gli altri" squittisce Margherita prima di prendermi per un braccio e trascinarmi dai nostri compagni.

Margherita è la prima persona che ho conosciuto in facoltà e la prima che mi ha accolta nella sua cerchia di amici trattandomi come un regalo prezioso da condividere. Sa che a volte vorrei solo stare sola in camera e leggere, scrivere o vedere film ma cerca sempre di sopprimere la mia vena solitaria per regalarmi un po' della sua allegria contagiosa.

L'università è composta da quattro cortili denominati con i colori dei fiori che li decorano: Cortile viola, giallo, blu, bianco.

Il bar si trova nel cortile delle violette. È un grande locale al coperto con una ventina di tavoli al suo interno e circa quindici all'esterno, costantemente affollato da studenti.

Entrando mi trovo davanti a un coloratissimo bancone pieno di torte fatte in casa, dall'apple pie ai brownies con le nocciole, brioches tutti i gusti e cupcakes coloratissimi.

La parete dietro al bancone è un'enorme lavagna con su scritto aforismi, frasi di canzoni e il menù del giorno.

Mi avvicino alla cassa sorridendo a Maurizio, il proprietario del bar, un uomo sulla sessantina alto poco più di un metro e sessanta sempre sorridente e socievole con tutti.

"Ciao stella, finiti gli esami neh?" ricambia notando il mio viso stanco ma soddisfatto, annuisco compiaciuta prima di raggiungere i miei amici.

Sono seduti al solito tavolo all'angolo del locale, vicino alla finestra da cui si vede il cortile Bianco, quello delle margherite. Si stanno confrontando in merito all'esame appena concluso ma quando mi vedono arrivare mi salutano calorosi.

"Non hai scuse. Stasera musica dal vivo al Blackchic!" esclama Francesco, la cotta di Margherita.

Francesco è il classico ragazzo trasandato, i capelli mossi e scuri gli sfiorano le spalle circondando il viso squadrato e olivastro caratterizzato da occhi grigio cemento e labbra carnose. Mi sorride, soddisfatto della proposta per la serata, lasciando intravedere un leggero diastema nella dentatura ormai ingiallita dalle troppe sigarette. Oggettivamente parlando non è un bel ragazzo ma i suoi modi di fare e il suo animo giocoso conquistano parecchie ragazze del campus.

"Dimmi di più" lo invito e con la scintilla negli occhi di chi sa di aver fatto centro inizia a presentarmi il programma della serata "ti passo a prendere con Jeffri alle dieci e andiamo al locale dove ci incontreremo con Marghe, Tom e Giulio. Clarissa e Serena ci raggiungeranno più tardi. È una serata con musica dal vivo completamente in acustico, come piace a te". Mi mordo un labbro titubante e faccio passare qualche secondo prima di accettare definitivamente l'invito.

I miei compagni esultano per la fine degli esami mentre il sole cala velocemente lasciando spazio al buio e al freddo del tardo pomeriggio.

Tra le risate dei miei amici e il rumore di piatti e bicchieri mi squilla il telefono: è mamma.

"Dove sei? sono le sette e la cena è pronta. Marina è già seduta a tavola", esordisce mia madre infuriata. "L'esame è finito tardi e poi mi sono fermata a prendere un caffè con i miei compagni" mi giustifico, "non mi interessa. Sai che alle sette si mangia, siamo abituati cosi. Tuo padre torna da lavoro affamato e tua sorella domani ha scuola" dice con la voce tremante.
Da li capisco il perché di tanta rabbia e frustrazione: non ha preso le pillole.

NOTE DELL'AUTRICE 

Ciao carissimi, 

ecco il primissimo capitolo di "Più vicino". Volevo ringraziare chi ha commentato e votato ma anche solo chi ha speso pochi minuti del suo tempo per leggermi. In questi 3 giorni cercherò di aggiornare il più possibile e leggere nel frattempo le vostre storie.

Anche qui, qualsiasi errore che incontrate fatemelo notare. :) 

Baci dubbiosi

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