Capitolo Otto

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Ci vogliono venti minuti in macchina dalla casa di Tom alla mia.

Venti minuti da sola con Jake.

La sua mano sinistra sul volante e la destra che ad ogni curva si sposta veloce sul cambio, lo sguardo fisso sulla strada.

Armeggio con l'elastico dei capelli che tengo sempre al polso, le mani leggermente umide e la saliva che scende lenta giù per la gola.

Quando i Neighbourhood finiscono di cantare e la musica cambia mi guarda per due secondi prima di tornare a guardare la strada, "Non ti mangio, promesso. Puoi anche finire di stressare quel povero elastico" dice divertito.

Rimetto l'elastico al polso e mi schiarisco la voce prima di sorridere timidamente, sempre più stupita di quanto possa diventare impacciata davanti a lui, "come mai sei andato via da Castelforte?" riesco infine a dire.

Lo guardo cercando di memorizzare ogni centrimetro del suo viso: la mascella serrata, le guance scavate e gli occhi neri contornati da occhiaie leggere. Si inumidisce le labbra carnose prima di iniziare a parlare.

"Qualche anno fa ero in vacanza con Ludovico e altri amici. Una sera siamo andati in un locale con musica dal vivo, suonavano gli Sevensmith, un gruppo rock di Firenze, e chi voleva, quando la band era in pausa, poteva salire sul palco ed esibirsi. Io, essendo piuttosto egocentrico, ho preso una delle chitarre sul palco e ho iniziato a cantare" racconta, sempre con il sorriso sulle labbra, gli occhi gli si illuminano quando parla di musica. "Cosa hai cantato?" chiedo interrompendo il suo monologo, "Guns N' Roses, Knockin' on heaven's door. E' venuto giù il locale" risponde soddisfatto "ad ogni modo, quando finì di cantare tornai dai miei amici e poco dopo mi si avvicinò un uomo che mi disse: sei quello che cerco, chiamami. Mi mise in mano il suo biglietto da visita e uscì dal locale prima che potessi replicare. Era Roberto Fiorini, il manager degli Sevensmith. Quella serata ha segnato l'inizio della mia carriera, tutto è cambiato nel giro di qualche mese" conclude con un velo di malinconia sul viso.

Penso a cosa dire, ma prima che la mia testa partorisca una frase di senso compiuto Jake prende la parola, "Viviamo così vicini e non ci siamo mai visti, mi sembra assurdo" mi guarda incredulo.
"Vivo in viale da poco tempo, prima abitavo in una villetta bifamiliare in periferia ma quando .." mi fermo e sospiro in cerca di altre parole che giustifichino il trasloco " avevamo solo bisogno di una nuova casa, una casa che profumasse di vita" dico infine. Jake mi studia attentamente, non ci crede.

Quando è morto papà tre anni fa non ci sentivamo più a casa.
Una casa dove ogni angolo, ogni mobile, ogni camera ci ricordava lui.
Lo vedevamo suonare la chitarra seduto sul divano, lo immaginavamo intento a cucinare la sua amata pizza con il grembiule sporco di farina e pomodoro e sentivamo ovunque il suo profumo.
Ogni tanto andavo in bagno e prendevo il bottoglino del suo dopobarba lasciandomi travolgere da quell'odore così forte.
Dopo pranzo era solito sedersi sul divano con la tv accesa e il sigaro alla bocca. Quando aspirava chiudeva gli occhi, "così mi godo di più il momento e mi rilasso" diceva lui.
Mi manca così tanto che a volte sento ancora l'odore del suo sigaro nell'aria e mi convinco di averlo vicino.

Torno alla realtà nel momento in cui Jake svolta a destra imboccando la via di casa.
"Fermati pure qui" suggerisco mentre sgancio con agilità la cintura di sicurezza.
Si ferma proprio davanti alla casa gialla ormai tutta buia, "grazie mille per il passaggio" dico aprendo la portiera della macchina, la sua mano passa velocemente dal cambio al mio avambraccio ingessato dalla giacca di pelle nera, "grazie a te per ieri, anche se non ho accettato il ghiaccio ho apprezzato il gesto" dice prima di lasciarmi andare.
Gli occhi sinceri mi guardano, si aspetta un feedback quindi gli rivolgo un ultimo sorriso prima di scendere dalla macchina e chiudermi la portiera alle spalle.
Cammino lungo il vialetto, la macchina non è ancora ripartita, così giro la chiave nella serratura e prima di entrare mi volto: Jake mi guarda, saluta con la mano prima di mettere in moto.

Io entro in casa, la macchina riparte.

NOTE DELL'AUTRICE

Ciao carissimi,

Scusate il ritardo ma ho avuto poco tempo per scrivere.
Domani dovrei riuscire a pubblicare un altro capitolo ma intanto fatemi sapere se la storia vi sta piacendo.

Inoltre spero che dedicherete un po' del vostro tempo, anche se vi assicuro che la divorerete, per leggere la storia scritta da jennylepuri che si chiama "Simone" e vi invito anche a leggere l'altra sua storia comica per farvi due risate che si chiama "frasi e immagini divertenti!!".  

Baci notturni

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