Capitolo 12

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Quando esco dall'ufficio non riesco a non sorridere. La primavera mi fa sempre quest'effetto. Mi fermo mentre cerco nella borsa gli occhiali da sole e mi maledico per aver messo i tacchi oggi, anche se la colpa è di Diletta e del suo blog: stamattina prima di uscire ho letto il suo ultimo post e non me la sono sentita di indossare le mie sneakers preferite anche oggi. Da domani guarderò solo post di cucina.

Ho voglia di fare una passeggiata. Ho bisogno di schiarirmi le idee: le parole di Karl continuano a girare nella mia testa come una trottola impazzita. Ho voglia di mangiare un gelato facendo finta di non essere a dieta. Ho voglia di camminare fino a perdermi per le strade di Milano e per farlo ho bisogno di avere Cesare al mio fianco. Quando esco dall'ascensore lo vedo subito. Vicino allo spioncino della mia porta c'è attaccato un post-it rosa che non potrei non notare neanche se volessi.

Mi avvicino piano, il cuore ha preso a battermi nel petto fuori controllo e quasi mi manca il respiro. Mi chiedo se quello che provo sia paura, perché ho paura che a dar retta ai sentimenti che provo potrei di nuovo perdermi in qualcosa che credevo che fosse chiuso per sempre e che mi ha fatto soffrire come nemmeno riesco a dire. Ma che che mi manca, mi manca da morire.

Sul foglietto c'è segnata la collocazione di un libro, 823.7 AUS, Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, il libro preferito di quando avevo vent'anni. E, a dirla tutta lo sarebbe anche oggi, ma rientra in quel lungo elenco di cose che non confesserei neanche sotto tortura. Sul retro del foglio c'è invece un indirizzo di una biblioteca e una data. Avrò il coraggio di andare? Le gambe mi tremano al solo pensiero.

Apro la porta di casa e stranamente Cesare non è lì pronto ad accogliermi con i suoi baci pelosi di infinito amore e tutto è insolitamente silenzioso. Appoggio la borsa sul divano e, dopo essermi tolta le scarpe, quasi in punta di piedi vado verso la cucina dove trovo Dodo ai fornelli col mio amato cane sdraiato ai suoi piedi che dorme. Deve essersi fatto corrompere con del cibo, la stessa cosa che, se mi conosco bene, farà anche la sua padrona.

"Ho pensato di dovermi far perdonare" mi dice Dodo mentre mi dà un bacio. Profuma di un dopobarba che sa di paesi lontani e che per un attimo mi stordisce e, prima ancora che possa rispondergli qualcosa, mi mette un mano un bicchiere di prosecco. Lo sapevo che mi sarei fatta corrompere, penso sorridendo sapendo quanto in realtà ne avessi bisogno per liberarmi la mente.

Ha cucinato cibo vegetariano e so che lo ha fatto solo per farmi piacere. Dopo aver sparecchiato mi propone di fare una passeggiata con Cesare che lo guarda scodinzolando felice. Sembra che entrambi siamo capitolati davanti al nemico.

La serata è fresca, la primavera è solo un profumo nascosto ancora dal freddo dell'inverno che non si rassegna ad andare via. Mi stringo nel piumino mentre Dodo mi abbraccia facendomi sentire tutto quel calore di cui ho bisogno. E non parlo solo del freddo.

Quando torniamo a casa mi aspetto che se ne vada. Non ha mai dormito a casa mia, ha sempre detto ridendo che il mio materasso è ostile alla sua schiena nobile. Ma questa sera no. E' lui stesso a chiudere la porta e dopo essersi tolto il cappotto mi prende per mano e mi porta in camera, senza dire una parola, senza rovinare un momento che non potrebbe essere più perfetto di così.

Ci addormentiamo insieme dopo aver parlato fino a che Morfeo non ha vinto sulle nostre palpebre. Un messaggio mi sveglia nel cuore della notte. E' di Diletta: "Ho letto la tua mail. Non fare sciocchezze". Ecco, e io che credevo che niente avrebbe potuto rovinarmi questa notte.

I battiti persi del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora