Capitolo 2

78 3 2
                                    

È ancora presto e io sono ancora stordita per il poco sonno. Decido di portare il mio adorante cane a fare la sua prima vera passeggiata con al collo il suo nuovo collare con targhetta a forma di osso. Abbiamo tempo: tra le tante qualità della mia migliore amica non c'è quella della puntualità.
Io e Cesare passiamo per il Castello Sforzesco. Lo guardo camminare tutto impettito come un nobile d'altri tempi e mi chiedo chi mai possa averlo abbandonato e lui, come se avesse letto nei miei pensieri, si gira a guardarmi con uno sguardo pieno di gratitudine.
Senza rendermene conto ci ritroviamo a camminare tra i viali alberati del parco Sempione. Sono anni che non ci vengo. Ad un certo punto della mia vita ho deciso di evitare i posti che mi riportavano alla mente ricordi che ho scelto di chiudere in fondo al cuore perché quella sensazione di malinconia che mi prendeva era una debolezza che non potevo più concedermi. E invece mi ritrovo a fissare le margherite appena sbocciate insieme alla primavera. Chiudo gli occhi per un istante e vedo due ragazzini stesi sull'erba abbracciati e lui che dice a lei per la prima volta di amarla. Fortuna che Cesare mi riporta alla realtà abbaiando ad un piccione che vola sopra la nostra testa. Questa volta sono io a guardare lui piena di gratitudine.
Usciamo rapidi da questo verde labirinto di ricordi diretti al bar. Questa volta sono io così in ritardo che forse ho qualche possibilità di trovare Diletta.
Non mi sono sbagliata. È seduta ad un tavolino fuori a prendere il sole sognando le vacanze. È voltata di spalle e non può vedermi arrivare, altrimenti non si starebbe accendendo una sigaretta. 
"Diletta!" urlo mentre l'abbraccio alle spalle facendola spaventare così tanto da farle cadere la sigaretta per terra. Basta un istante per farle ritrovare il suo consueto sangue freddo. Appoggia gli occhiali da sole sul tavolo, si gira e a labbra stette mi chiede: "E lui chi è?".
Cesare si mette a scodinzolare sicuro del suo fascino meticcio. Non può sapere che Diletta detesta tutti gli animali dal giorno in cui, per un incidente sfortunato, un cane l'ha fatta cadere inseguendo una palla lasciando per sempre il suo viso sfigurato. Inutile dire che l'orrenda deturpazione è solo una piccola cicatrice invisibile sulla fronte, coperta il più delle volte dai suoi meravigliosi capelli color dell'ebano. Inutile dire che Diletta attribuisca a quella sua piccola imperfezione la sua incapacità di trovare un uomo decente.
Ci sediamo al tavolo. Cesare si sdraia sotto la mia sedia e lo vedo lanciarle delle occhiate di traverso. Ecco un altro amore impossibile.
"Quindi finalmente ti sei stufata di Dodo e l'hai sostituto con questo quadrupede?" mi chiede Diletta e io impallidisco. Oddio Dodo, me lo sono completamente scordato. E credo sia davvero un brutto segno dimenticarsi per più di 24 ore di avere un fidanzato. Gli mando subito un messaggio adducendo scuse fantasiose per la mia amnesia temporanea, ma se lo conosco bene si sarà addormentato sul divano dell'ufficio senza accorgersi di niente.
Non faccio quasi tempo a premere il tasto di invio che ricevo invece una sua mail in cui mi ricorda la cena di questa sera a casa dei suoi genitori e mi suggerisce di indossare un abito nero. Detesto quando fa così.
"Iris, sei silenziosa. Va tutto bene?". Le sorrido. Non sono ancora pronta per dirle del messaggio di ieri notte.
"Diletta, devi accompagnarmi a comprare un vestito".

I battiti persi del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora