Capitolo 13

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La giornata è trascorsa senza che quasi me ne accorgessi. Sono rimasta seduta alla mia scrivania senza quasi alzare la testa. Karl è in riunione a Roma e io non volevo correre il rischio che le tre iene intercettassero i miei pensieri. Dodo mi ha accompagnato sotto l'ufficio dopo avermi portato a far colazione fuori. Credo che abbia deciso di prendermi per la gola e devo dire, nonostante tutti i buoni propositi di perdere almeno 4 chili entro l'estate, che la cosa non mi dispiace affatto.

Esco in orario, non ho proprio voglia di fermarmi fino a tardi anche oggi. Fuori dal portone dell'ufficio trovo Diletta insieme a Cesare. Mi sarei stupita meno se avessi un branco di pinguini imperatore passeggiare per via Fiori Oscuri.

"Hai deciso di rapire il mio cane?" e mentre lo dico rimpiango il giorno in cui le ho dato le chiavi del mio appartamento per le emergenze, ma poi sorrido pensando che questa, forse lo è davvero e che non dovrei essere felice di vederli insieme.

"Sapevo che avresti usato questo stupido cane come scusa per evitare di seguirmi, così ti ho preceduta. E devo dirti che non è andata nemmeno poi così male" aggiunge allungando a Cesare un biscotto e uno sguardo dolce. Io e lui siamo davvero uguali: basta del cibo e un po' d'affetto per farci capitolare.

"Andiamo, facciamo una passaggiata. Credo che tu debba partire dall'inizio" conclude poi Diletta prendendomi sottobraccio.

Restiamo zitte per un po' a goderci il sole che accarezza i palazzi di Brera. I pensieri di entrambe sono nascosti dagli occhiali da sole che indossiamo a modi schermo. Vorrei restare così, in questo spazio sospeso perché ho paura che se adesso le raccontassi di M. tutto all'improvviso diventerebbe reale e non avrei più scuse per non affrontare il problema. Problema. E' la prima volta che lo chiamo davvero col suo nome. In questi ultimi giorni ho fatto finta di non pensarci anche se in realtà non ho fatto altro. L'ho fatto anche stanotte quando mi sono alzata per bere un bicchiere d'acqua. Sono andata in cucina senza accendere la luce e mi sono seduta lì immersa nei miei pensieri confusi. Pensavo certo anche a Dodo che, inaspettatamente, dormiva nel mio letto stranamente senza sentirmi in colpa, come se il diritto di lasciare libera la mente di andare dove voleva prevalesse se tutto. Ad un certo punto mi sono sentita come se avessi smesso di amarlo. Come se non lo avessi mai, veramente, amato.

"Diletta, è tornato". L'ho detto così all'improvviso. Non c'è stato bisogno di dirle di chi stavo parlando. Nessuno mi conosce quanto lei e nessuno meglio di lei ricorda che il mio cuore, tanto tempo fa, è andato in mille pezzi. Diletta è rimasta in silenzio, mi ha passato il guinzaglio di Cesare e si è accesa una sigaretta. Non fuma quasi più, teme che qualche blogger concorrente la possa fotografare in quel momento. Lo fa solo quando ha bisogno di riflettere.

Abbiamo continuato a passeggiare in silenzio. Anche Cesare è più tranquillo del solito, non ha nemmeno abbaiato al piccione che gli ha appena tagliato la strada.

"Cosa hai intenzione di fare?" mi chiede alla fine dopo che ci siamo sedute ad un tavolino con uno spritz davanti. Non le ho ancora raccontato altro, nella mia testa le parole si accavallano disordinate senza trovare un senso-

"Mi ha dato appuntamento per sabato" le dico mostrandole il post-it.

"Jane Austen, astuto". Non posso che dare ragione a Diletta. Se avesse scelto un qualunque altro autore mi sarei sentita autorizzata a non presentarmi all'appuntamento, ma così, se non lo facessi, mi sembrerebbe di tradire Jane e la sua fede nelle storie d'amore con il lieto fine. Già, ci sarebbe da obiettare che noi quello non lo abbiamo avuto. C'è stato solo un cuore spezzato, il mio, e un ragazzo che ha scelto di inseguire i suoi sogni. Da solo.

Alla fine del terzo spritz sento la malinconia assalire i miei occhi che si velano di lacrime. Erano anni che non passavo delle ore intere a parlare di M. Ero riuscita a rinchiudere il suo ricordo da qualche parte lontana del mio cuore e avevo imparato a non consentire alla mia mente di pensare a lui. Certo, mi capitava a volte di sognarlo, ma avevo dovuto accettare a malincuore il fatto di non poter controllare le mie attività oniriche.

"Sei sicura di volerlo fare?" mi ha detto Diletta spostando il mio bicchiere e stringendomi forte la mano. Io non ho risposto perché la risposta la sappiamo entrambe.

Ho camminato con Cesare fino a casa. Il mio amato cane è rimasto in silenzio e mi ha dimostrato tutto il suo affetto strusciando ogni tanto il suo naso umido contro la mia mano fredda. Avrei dovuto chiamare Dodo ma non ne avevo le forze. Ho sperato che fosse come al solito sommerso dal lavoro e non si accorgesse della mia sparizione momentanea. Forse se non fossi stata così emotivamente sottosopra mi sarei accorta della sua macchina che passava non lontana da casa mia. Forse se non avessi avuto i pensieri lontani anni luce da lui mi sarei accorto che in macchina non era solo. Forse, se non avessi avuto solo voglia di buttarmi a letto per leggere i miei capitoli preferiti di Orgoglio e Pregiudizio, mi sarei accorta che la persona accanto a lui aveva i capelli rossi. Forse, se fossi stata davvero innamorata di lui, mi sarei accorta del bacio che aveva dato a Marina, la iena suprema, mentre erano il semaforo era rosso.

I battiti persi del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora