- mamma? - urlo entrando in casa.
Si pianta davanti a me con aria arrabbiata.
- prima che tu possa dire qualunque cosa, non nominare papà - la avverto.
- non mi va bene che tu stia in giro tutta la notte - esordisce.
- sono stata con Federico, il mio fratellastro - dico una mezza verità calcando sulle ultime parole.
- mi va ancora meno bene -
- non so che farci - rispondo prendendo un bicchiere d'acqua.
- io un'idea ce l'avrei - dice.
- spara -
- non esci se non per andare a scuola per le prossime due settimane - dice autoritaria.
- mmm... pessima idea, in tanto che pensi ad una migliore vado a cambiarmi - mi avvicino a lei dandole un bacio sulla guancia - ti voglio tanto bene - le sussurro all'orecchio. Mamma è l'unica persona con cui trovo divertente fare la lecchina.
Tolgo il vestito e mi faccio una doccia.
Io preferisco la doccia.
L'acqua fa più rumore mentre cade e i pensieri sono offuscati dal fracasso, è come se nella mia testa fossi convinta che così non può sentirli nessuno.
Improvvisamente mi torna un grande vuoto, non so come spiegarlo. È diverso dalle altre volte. Adesso mi sento come se avessi tutto, ma in quantità insufficienti. Il minimo indispensabile per sopravvivere. Ma sto cercando, qualcosa da qualche parte però proprio non la trovo. Ho perso la strada e non riesco più a tornare indietro.
Infilo l'accappatoio e mi siedo.
Passano quindici minuti buoni prima che trovi la forza di alzarmi.
Poi mi trucco, eyeliner, rossetto rosso e mascara.
Mi metto dei pantaloni neri e una felpa rossa dell'adidas, oggi non ho voglia di fare niente.
Passo la giornata a girovagare per casa, ripensando a quel colloquio in agenzia.
Ho sempre sognato di fare la modella, ma ho paura. Se non fosse come aspettavo?
Verso le otto ricevo un messaggio.
Incontriamoci fra mezz'ora all'entrata di parco castello.
È da parte di Roza.
Rimango stupita dal fatto che mi abbia cercato, dopo oggi mi sembra che non ci sia più niente da dirci.
Eppure è stata la mia compagna di vita, le voglio ancora bene.
Decido di andarci, sperando di mettere a posto le cose.Il telefono suona.
È Ashton.
- pronto - rispondo.
- ei bellezza, questa sera ti porto fuori a cena -
- d'accordo, mi passi a prendere alle nove a parco castello? -
- che ci fai li? - chiede sospettoso.
- amici - rispondo semplicemente.
- oh, capisco, a dopo -
- a dopo - dico e attacco.
Pensavo di andare vestita così, ma mi devo preparare.
Infilo un vestito rosso con uno scollo profondo, scarpe nere di velluto dal tacco vertiginoso e una pelliccia corta nera.
Sistemo il trucco e aggiungo del rossetto rosso.
Mi guardo allo specchio.
Perfetta. Sono pronta.
Prendo un taxi e mi faccio lasciare dove previsto.
Le luci arancio dei lampioni illuminano l'entrata del parco.
Entro e appiccicata al primo albero vedo una foto molto famigliare.
Siamo io e Roza a un anno.
Ci sono delle frecce rosse, e poi ancora foto.
Un ultima freccia indica l'entrata dello spiazzo in cui andavamo sempre io e Fede.
Come fa a conoscerlo?
Passo in mezzo ai cespugli, ho un po' paura, l'unica fonte di luce è la luna.
Quando arrivo dall'altra parte mi si presenta davanti una scena agghiacciante e mi sento subito una stupida.
Questa volta non provo rabbia, solo un grande dolore. Il respiro si accorcia e il cuore fa male come se si potesse veramente spezzare.
Federico e Jessica si stanno baciando con foga sulla nostra panchina.
Corro come una furia sollevo la puttana per i capelli e le tiro un pugno in piena faccia facendola cadere a terra. A quel punto mi fa ancora più schifo e le tiro un calcio un pancia.
Mi giro verso Federico che è sconvolto.
- sei uno stronzo! - gli sbraito contro.
Cerco di non piangere, mi mostrerei ancora più debole.
- Vita, Vita aspetta. Non volevo, giuro - - non volevi? Ma vaffanculo. E qui poi - faccio un respiro profondo - pensavo fossi cambiato, sono proprio una stupida -
Comincio a camminare.
- Vita, scusami. Voglio te ma per qualche motivo non riesco a rinunciare alle altre -
- perché non mi vuoi abbastanza - dico voltandomi solo per un attimo.
Ripercorro il parco tirando su la testa ogni tanto nel tentativo di non piangere.
Non posso stare con un bambino per cui non sono l'unica.
Ho bisogno di un uomo. E quell'uomo mi sta aspettando.
Salgo in macchina e mi saluta con un bacio sulle labbra.
- dove andiamo? - chiedo.
- è una sorpresa - sorride.
- oh, avanti non so aspettare - mi lamento.
- molto male, perché questa volta aspetterai eccome -
Stronzo.
Accendo la radio e parte When You say nothing at all, una delle mie canzoni preferite.
Comincio a canticchiarla e Ashton sorride rilassato.
Dopo circa un ora arriviamo in un piazzale sterrato e davanti a noi si erge un edificio molto grazioso, una casa di montagna sembra, ma nel buio non si vede molto.
Entriamo ed è tutto molto elegante.
- signori Hall, prego seguitemi - dice un valletto e ci conduce attraverso un corridoio di marmo color caffè latte con lampadari di cristallo sul soffitto e un tappeto rosso che corre fino ad una porta a vetri chiusa.
- date pure a me i cappotti - dice.
Dopo esserceli sfilati l'uomo apre le porte e mi trovo davanti qualcosa di bellissimo.
È una sala da ballo elegantissima con intorno tanti tavoli decorati con gusto.
L'enorme lampadario di cristallo al centro della sala illumina tutto.
Sembra di stare nel castello di cenerentola.
- ti piace? - mi chiede Ashton.
- scherzi? - gli sorrido.
Mi prende la mano ed entriamo unendoci alle persone che stanno già ballando sulle note di "She".<><><><><><><><><><><><><><><><>
La vita è piena di cose da fare e priva di momenti da vivere.
Scusate se non posto da un po'.
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Ovunque andrai
RomancePREMESSA: non è la classica storia d'amore. Vita ha sedici anni. È alta, magra, bella e brava a scuola. Ma non ha amici. Non che le importi molto averne. È da anni innamorata di un ragazzo che però la usa solo come passatempo, lui è una delle cause...