ventotto

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Mi giro tentando di nascondere il timore e davanti ai miei occhi c'è un'uomo. Ha gli occhi neri, così come anche i capelli e la barba incolta. La pelle è leggermente scura, per lo sporco, sembra e i vestiti sono malconci.
Mi urla qualcosa ma io come al solito non capisco.
- do You speck English? - tento, ma anche questo mi guarda come se venissi da un altro pianeta.
Poi comincia a spintonarmi via, lontano.
Sento la voce di una donna in lontananza e l'energumeno si ferma.
- chi sei? - oddio, parla italiano!
- piacere, Vita - le tendo la mano anche se preferirei non farlo.
- perché sei qui? - mi chiede la donna, è piuttosto scortese.
- sto cercando una casa - mento.
- qui? - scoppia in una fragorosa risata - voi italiani pieni di soldi venite qui a cercare una casa? -
- i soldi non sempre fanno di un luogo il paradiso in terra - rispondo prontamente.
- ah no? E di questo che ne dici? -
- c'è molta più felicità in dei bambini che giocano liberi su un prato che in creature chiuse dentro una confortevole casa a guardare TV dalla mattina alla sera - spiego.
Mi guarda interdetta - vieni con me - esordisce.
Attraverso il prato con la signora, una casalinga sulla trentina che potrebbe essere considerata una donna da sogno se le sue condizioni di vita non la rendessero così poco presentabile.
Ci troviamo nell'atrio di un palazzo, i muri sono in cemento armato, mancano l'intonaco e il marmo sulle scale.
Tre piani più su una porta di legno rosso che ormai non si chiude più segna l'ingresso di una casa spoglia e sporca, emblema della vita che le persone fanno qui, una vita all'insegna della rassegnazione.
- siediti - dice la donna indocandomi una sedia - a proposito, non ci siamo presentate, io sono Xenia -
- Vita - le stringo la mano.
- singolare come nome - dice lei riempiendo un bicchiere.
- mia madre sperava che portando il suo nome la vita mi avrebbe donato grandi cose -
- ed è stato così? -
- per ora non esattamente - ammetto.
- quanti anni hai? Venti? -
- no, soltanto sedici -
- che ci fai qui tutta sola? - si incuriosisce.
- ho avuto dei problemi, così ho deciso di mollare tutto e cominciare da capo. Stavo morendo e nemmeno mi rendevo conto -
- sai, anche io quando avevo la tua età volevo farlo. Poi però ho deciso di restare, per paura presumo. Nel giro di un anno mi sono sposata e pensavo che fosse la cosa migliore da fare. Col senno di poi me ne pento amaramente. Ho scelto la via più sicura invece di rischiare -
Sembra che ci conosciamo da sempre, per il discorso che stiamo tenendo.
- si be, forse sono stata un po' troppo impulsiva - ammetto.
- ora che sei qui cosa farai? -
- non lo so, trovare un lavoro è impossibile. Per fortuna ho conosciuto un ragazzo, è di Braşov, lo raggiungerò entro sta sera, spero che possa aiutarmi - spiego.
- quindi non cerchi casa -
- oh si che la cerco, anche se non so dove -
- mi sento in dovere di sconsigliarti zone come questa -
- mi crederà pazza se le dico che da turista che sono stata per anni i posti che ho preferito sono stati quelli dove nessuno andrebbe mai a curiosare -
- infatti, non si vede mai un turista da queste parti, anche se tu ormai non fai più parte di quella categoria - mi fa notare.
- giusto, al momento mi definirei una mina vagante -
- hai intenzione di tornare a casa prima o poi? - mi chiede la donna con fare apprensivo.
- di sicuro farò sapere che sto bene e magari riuscirò anche a tornare a casa, ma non credo succederà presto -
Guardo l'orologio, si è fatto tardi.
- è stato bello parlare con lei, mi sembrava una vita che non tenevo una conversazione senza insicurezze -
- il piacere è stato mio, sono anni ormai che parlo solo di bollette da pagare - ridacchia.
Prende una penna e scrive qualcosa su un foglio - questo è il mio numero, chiama se hai voglia di parlare con qualcuno -
- grazie, quando avrò un telefono chiamerò di sicuro -
Mi accompagna di nuovo in giardino dove saluto lei e i suoi bambini sotto gli occhi increduli delle persone sedute intorno.
Salgo sul taxi a cui ho chiesto di aspettarmi e passo in albergo a ritirare le mie cose.
Entro in quella stanza e butto tutto nelle valigie con le lacrime agli occhi, sarei stata qui ancora. Mi ero in qualche modo legata a questo posto perché in una città che non conosco era l'unica via di fuga, entravo qui dentro e mi sentivo al sicuro da tutto ciò che c'è fuori e ora non mi resta più neanche questa certezza.
Prendo il mio set per unghie e incido su una trave il "Vita". Non vale la pena stare in un posto se poi non lasci un segno.
Fisso per l'ultima volta la scritta stile Hollywood dalla finestra poi richiamo in me tutte le forze che mi rimangono per alzarmi dal letto.
Chiudo un'altra porta. Per sempre.
- va via? - mi chiede il receptionist vedendo i bagagli.
- ho paura di si - appoggio sul bancone le chiavi della camera - è stato bellissimo stare qui, quell'appartamento è fantastico, ma è tempo di andare -
- allora arrivederci -
- sarebbe così gentile da farmi un ultimo favore? - chiedo.
- qualunque cosa signorina -
- mi chiamerebbe un taxi? -
- certo -
Sprofondo su una delle poltrone di raso, mi mancheranno anche quelle.
- arriverà a momenti -
- grazie -
Esco in strada e dopo pochi minuti un taxi giallo si ferma davanti a me. È una Mercedes, non se ne vedono molti in giro così, deve averlo fatto apposta.
- devo andare a Braşov, ecco la via - gli porgo un biglietto.
Il tassista carica le valige nel bagagliaio e parte a tutto gas.

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