ventuno

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Come aveva detto, alla fine della seconda ora Federico è appoggiato alla porta della mia classe, se ne sta lì con fare annoiato in tutta la sua bellezza. Riconosco i suoi lineamenti perfetti anche da lontano, e io da lontano non vedo un accidenti.
- Fede - gli scuoto un braccio.
- Ciao - ha un che di strano, un misto fra impaurito e seccato.
- ti va un caffè? - chiede.
- ma ora c'è lezione - ribatto.
- non credo che sentano la tua mancanza, si tratta solo di un'ora - dice con sufficienza.
Non so perché, ma le sue parole mi feriscono. Anche se non lo ha fatto apposta mi ha ricordato che in quella classe, e più in generale in questa scuola, nessuno sentirebbe la mia mancanza se me ne andassi.
Comincio a camminare.
Prendiamo il caffè e ci sediamo ad un tavolo. Si respira tensione nell'aria e il silenzio si sta facendo troppo imbarazzante.
- allora di cosa volevi parlarmi? - ho paura a chiederglielo.
- Vita, io ora sto con Jessica - sgancia la bomba e mi crolla il mondo addosso. Forse un cuore può spezzarsi davvero, e forse quella del cuore spezzato è la malattia più brutta che esista perchè non si può curare, non c'è speranza.
- e mi ha chiesto di non parlarti più - strabuzzo gli occhi.
E allora perchè nonostante il dolore e le sconfitte la gente non smette mai di innamorarsi? Quanti amori veri ci sono concessi nella nostra vita? 
Mi alzo e noto Jessica che ci osserva da dietro un palo. Deve essere proprio insicura per pedinare il suo ragazzo. 
Lo abbraccio in segno di addio e mi guarda come per dirmi che non ho capito un cazzo.
- da fratelli - gli ricordo sussurrandogli all'orecchio.
Poi mi volto curandomi di sculettare e lanciando uno sguardo di sfida a Jessica non appena le passo davanti.
Eppure sto morendo dentro. Quando davvero ami una persona non riesci a far credere a te stesso che una ferita che ti ha inferto non ti tocchi minimamente. Il dolore e l'amore vanno di pari passo e non puoi dire di amare davvero qualcuno se prima non provi lo schifo che è perderlo. Prima di amare davvero una persona devi perderla. 
E gli unici amori eterni comunque, rimangono quelli impossibili. Quelli si che durano per sempre.
E allora perchè se il nostro sogno è amare per sempre una persona, il nostro scopo rimane far si che vada tutto alla perfezione? Dovremmo piuttosto accontentarci di essere innamorati e averci solo ogni tanto, bisognerebbe non diventare mai una certezza, ma essere qualcosa per cui lottare in continuazione. Solo così potremmo essere innamorati l'uno dell'altro, per sempre.
Passo la restante parte dell'ora a piangere e riflettere in bagno.
Poi finalmente, dopo che mi ero già data per spacciata, rassegnata a vedere, anche se non per sempre, almeno per un po' Federico stare con un altra, ecco che la soluzione arriva in un momento di totale pazzia durante la lezione di Italiano. Argomento: psicologia del viaggio
Il viaggio rende liberi.
Stare lontani da ciò che ci fa soffrire non ce lo fa dimenticare del tutto, ma allevia il dolore, ed è nella speranza dell'ignoto che troviamo la forza di andare avanti anche quando tutto ci sembra inevitabilmente perduto.
Cosi esattamente cinque ore fa ho capito cosa era giusto fare. Andarsene a sedici anni con in tutto poco più di 2000 euro in tasca può sembrare una pazzia, ma la mia vita qui è game over, devo ricominciare da capo, abbandonare i rimorsi e il dolore che rappresentano la sola cosa che questa terra ha saputo darmi.
Chissà se la mia partenza, verrà considerata come un atto di vigliaccheria o come un tentativo coraggioso di rimettere insieme i pezzi di un'anima distrutta.  Ma sul come verrò giudicata, la cosa non mi riguarda perchè per la prima volta sarò troppo libera e troppo lontana per sentire le voci che mi hanno tormentata per una vita intera.
Butto tutto ciò che posso in due valigie e un trolley, trucchi, vestiti, scarpe, qualcosa per lavarmi e un po' di foto. Siamo mai davvero pronti per dimenticare?
Faccio un giro veloce della casa, prendo un foglio e scrivo una lettera alla mamma.
Do uno sguardo veloce alla casa in cui sono stata per tutta la vita poi mi chiudo la porta alle spalle, per sempre.
Ma prima di lasciare la città ho ancora qualche traccia di me da lasciare.
In un negozio d'arte compro un secchio di vernice rossa e una bomboletta nera, poi mi avvio verso parco castello, nel nostro posto appartato, che è stato ingratamente profanato.
Verso tutta la vernice nel piccolo stagno che assume una colorazione rossastra, simile al sangue. Poi sul muro con la bomboletta scrivo una frase che segna il mio addio definitivo. TI HO VOLUTO COSI TANTO CHE HO PREGATO DIO, MA ADESSO BASTA DICO ADDIO, BRUCIA ALL'INFENO AMORE MIO.
Esco velocemente di li e imbuco altre tre lettere ai diretti destinatari, poi prendo un treno fino alla stazione centrale con l'intenzione di salire su un autobus che mi porterà dritta all'areoporto.
Il senso di libertà che si prova a non sapere dove sarò domani è la sensazione più bella della mia vita e sento una gran voglia di urlare un fottutissimo vaffanculo a questa cazzo di città e a queste cazzo di persone che ci vivono che non hanno saputo darmi niente.

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