DODICI

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Il dottor McLeay passava ogni giorno a parlare con Kate, per sentire le sue impressioni, come si sentiva, se aveva dei fastidi o altro. Tutto sembrava procedere al meglio per il suo recupero, senza intoppi o rallentamenti e sarebbero passati presto alla seconda fase del recupero di Kate, quella più attiva e il dottor McLeay d'accordo con il dottor Hale, avevano stabilito che sarebbe cominciata dopo un controllo più accurato da parte del ginecologo, per assicurarsi che il bambino non avesse problemi o sofferenze.

- Domani le faremo un'ecografia di controllo. - Le disse McLeay prima di uscire - Se vuole può dirlo anche al padre, di solito gli fa piacere essere presenti.

Sapevano tutti quale era la sua situazione, ma avevano visto comunque che i suoi rapporti con Castle erano più che buoni, che lui si prendeva cura di lei molto più di tanti altri mariti e padri nella stessa situazione. Non era stato un giorno senza andare a trovare Kate, fermandosi sempre più del consentito, riempiendola di attenzioni e preoccupandosi di ogni aspetto del suo recupero.

E Castle era lì anche quel pomeriggio, come sempre. Per farla felice era qualche pomeriggio che le portava una tazza di caffè, decaffeinato. Solo al pomeriggio, perché la mattina aveva difficoltà a tenere a freno le nausee, anche con i farmaci. Kate poi non lo beveva quasi mai, solo un sorso, per assaporarne l'aroma, ma le faceva piacere avere lì quella tazza, portata da lui, ritrovarsi in quel gesto che era una tacita consuetudine tra loro, le dava una parvenza di normalità in una situazione che di normale non aveva nulla.

- Oggi sono venuti Hale e McLeay, hanno detto che va tutto bene, nei prossimi giorni potrei cominciare ad alzarmi. - Lo informò, catturando subito la sua attenzione.

- Bene... Bene... è positivo, no?

- Sì... Prima però vogliono essere sicuri che sia tutto a posto, anche per il bambino. Domani farò la prima ecografia e... volevo sapere se volevi esserci. - Fu una delle cose più imbarazzanti che aveva mai fatto e non ebbe il coraggio di guardarlo mentre glielo diceva, perdendosi lo spettacolo dei suoi occhi luccicanti.

- Lo vuoi davvero? Cioè, non me lo chiedi solo perché ti senti in dovere di farlo. Se fosse così, non ti preoccupare, ti capisco, non è un problema. Cioè, mi dispiacerebbe, ma ti capisco. Devi decidere tu... Capisci? - Non aveva capito nemmeno lui quello che le stava dicendo.

- Vorrei che tu ci fossi. È giusto così. Per entrambi. - Lo tranquillizzò lei, anche se Castle dopo quella notizia non era più tranquillo per niente.

Non era stata tranquilla nemmeno lei, a dire la verità. Non aveva dormito quasi mai quella notte, tanto da chiedere qualcosa che l'aiutasse a prender sonno almeno per qualche ora, quando sentiva che a quell'agitazione che era normale, così le aveva detto anche Hollie portandole dei calmanti, si era aggiunta quella di non riuscire a dormire.

Castle era arrivato molto prima dell'orario previsto e le era rimasto vicino torturandosi le mani e dondolando nervosamente una gamba tutto il tempo. Non si erano detti quasi nulla, se non le solite frasi convenevoli, quelle che puoi scambiare sempre con un perfetto sconosciuto seduto davanti a te sul treno e Kate, in quei casi, preferiva leggere e non parlare con nessuno. Aveva letto anche in ospedale, era stato lo stesso Rick a portarle alcuni libri, polizieschi, dei suoi colleghi, così avrebbe potuto giudicare se erano migliori dei suoi. Ma lei non poteva essere obiettiva, nei suoi libri c'era qualcosa che nessun altro scrittore aveva, c'era una parte di lui, sarebbero sempre stati i suoi preferiti.

Il dottor McLeay entrò insieme ad una sua assistente che portava il macchinario necessario. Castle scattò in piedi per salutarlo con il suo solito garbo, nonostante la tensione che lo stava consumando.

Rick poi uscì dalla stanza, per permettere a Kate di essere visitata nel massimo rispetto della sua privacy con la promessa che lo avrebbero chiamato quando era il momento. Camminava su e giù per il corridoio facendo respiri profondi, fino a quando l'assistente del dottor McLeay aprì la porta e con un sorriso lo invitò ad entrare. Si mise seduto al suo solito posto, vicino a Kate, prendendole la mano e tenendola stretta tra le sue, evitando di guardarla, ma osservando ogni mossa del dottore e della giovane donna mentre la preparavano per la visita. Osservò il dottore guardare il monitor in silenzio, sporgendosi cercando di vedere o capire qualcosa, ma non vedeva nulla di più di uno schermo nero con delle chiazze bianche, anche con tutta la fantasia del mondo, non avrebbe saputo dire cosa fosse. La sua impazienza aumentava con il silenzio del dottore che tracciava segni incomprensibili per lui indicando qualcosa all'assistente che lo stava facendo diventare matto, se c'era qualcosa da vedere, sarebbe stato opportuno che l'avessero vista loro, pensava. Stava per sbottare quando sentì Kate stringere le sue dita e solo allora si voltò a guardarla. Era tesa come lui, spazientita anche lei da quel silenzio. Lo guardava come se cercasse in lui un aiuto e un appiglio.

- C'è qualcosa che non va, dottore? - Chiese allora Castle rompendo quel silenzio che stava facendo del male prima ancora che a lui a Kate e doveva fare in modo che finisse, qualsiasi fosse il motivo.

- No, va tutto bene. - Rispose l'uomo sorridendo e sentì Kate rilassarsi. - Ecco, vi presento vostro figlio.

Non era pronto. Non erano pronti. Quando voltò verso di loro lo schermo aveva tracciato delle linee per indicargli con precisione dove dovevano guardare e muoveva delicatamente la sonda perché potessero vedere meglio. Castle non era sicuro di riuscire a vedere bene perché sentiva gli occhi bruciare pieni di lacrime e pensava di non potersi emozionare di più, ma quando oltre a vederlo il dottore gli fece sentire anche il battito veloce del cuore pensò che nello stesso momento il suo si fosse fermato per un tempo infinito. Si voltò staccando gli occhi dal monitor solo per guardare Kate, la cui mano tra le sue ormai non si muoveva più e la trovò con il volto rigato da quelle lacrime che non poteva trattenere e l'altra mano che si copriva la bocca coprendo qualcosa che era un misto di stupore, sollievo e amore.

In pochi istanti per Kate era cambiato tutto. Quella che era solo una notizia data in una terribile mattina, un valore troppo alto segnato con due asterischi, la causa della sua nausea alla mattina era diventato un cuore che batteva dentro di lei. Non era un'entità astratta, un'idea, era reale, era una piccola vita che cresceva in lei.

McLeay la guardava sorridendo, aveva visto migliaia di volte scene del genere e sapeva che la prima volta era sempre quella più emozionante. Ogni donna reagiva in modo diverso, c'era chi rimaneva completamente impassibile, chi cominciava ad esultare, chi rideva o piangeva. Kate era piangeva lacrime silenziose di meraviglia mentre continuava a fissare il monitor fino a quando il dottore rimosse la sonda e l'immagine sparì così come il rumore che cessò all'improvviso, ma lei era sempre isolata da tutto il resto del mondo, raccolta tra i suoi pensieri e le sue sensazioni che faticava a mettere in fila. Sentì a mala pena il dottore dirle che li lasciava soli e che sarebbe tornato più tardi. Anche Castle le aveva detto che se voleva le avrebbe lasciato il suo spazio ma lei lo fermò, tornando a stringergli mano che mai aveva separato dalla sua. Rick si avvicinò di più a lei, fino ad abbracciarla e lasciarla piangere sulla sua spalla. Vide sul suo volto il sorriso più bello quando si tirò sù e lo guardò con gli occhi che brillavano. Castle si lasciò trasportare dal momento, asciugandole il volto dalle lacrime e Beckett non rifiutò il suo tocco.

- È il nostro bambino... - gli sussurrò quasi avesse bisogno di una conferma e lui sorrise annuendo.

- Sì, il nostro bambino. - Anche lui cedette per un istante a quell'emozione che aveva cercato di contenere in ogni modo, e si appoggiò con la fronte sulla sua. Sorridevano entrambi inebetiti da quel vortice emotivo nel quale erano stati risucchiati. Fu solo un attimo, il suo profumo troppo intenso, il desiderio di farlo che non riusciva più nascondersi, ma Rick appoggiò le sue labbra su quelle di Kate e quel semplice contatto si trasformò presto in un bacio che sorprese entrambi per la sua naturalezza e al quale nessuno dei due sapeva o voleva resistere o aveva il coraggio di mettere fine. Nel silenzio della stanza l'unico rumore che adesso c'era era quello delle loro labbra che dolcemente si cercavano, si staccavano per poi ritrovarsi in una lunga dichiarazione silenziosa.

Così come lo aveva cominciato fu Rick a mettere fine a quel bacio e Kate ebbe per un attimo il terrore che scappasse ancora, per questo afferrò il suo braccio e lo guardò seria e preoccupata. Si osservarono, in silenzio, come sempre in quei giorni, sapendo che ora qualcosa era cambiato, ancora una volta, sapendo che non era stato un momento di passione, che non potevano catalogarlo sbrigativamente come una cosa di una notte, che non potevano fare ancora finta di niente, perché ormai non potevano più farlo per nessuna cosa. La notte che per settimane avevano ignorato, evitando di parlarne per renderla meno reale, gli aveva portato qualcosa che aveva appena creato uno tsunami di emozioni che li aveva travolti, la cui ultima onda era stato proprio quel bacio così fortemente voluto, più di quanto fossero realmente consapevoli di volere. Se ne erano accorti solo quando non riuscivano a separarsi e rinnovavano il cercarsi con altri baci dentro lo stesso.

- E ora? - Gli chiese Kate non sapendo nemmeno lei a cosa si riferisse. Rick la osservò come forse non aveva mai fatto. Aveva le labbra rosse del bacio che si erano appena scambiati e gli occhi lucidi per l'emozioni di aver appena sentito per la prima volta il loro bambino. Teneva il suo braccio con una mano, per non farlo andare via mentre l'altro era sul suo ventre e lui non sapeva se era una casualità oppure no, ma mise la mano sulla sua, godendosi l'espressione meravigliata che fece al suo contatto, non solo fisico ma per tutto quello che voleva dire quel gesto.

- E ora... Ti amo. - Le rispose lasciandola definitivamente senza parole.

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