Capitolo 7

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Erano passati due giorni e ancora non avevo notizie della mia famiglia, speravo fossero tornati a casa dopo la festa a casa della vicina, così esortai Cassandra a fare una sosta non appena avrebbe avvistato un telefono pubblico nelle vicinanze ed in teoria non dovevano essercene molti, il territorio era per la maggior parte desertico e ricoperto da cactus, immaginammo che il prossimo si trovasse vicino qualche piccola cittadina.

Così mi spostai al lato del guidatore e cercai di osservare la strada al meglio e aguzzare lo sguardo alla ricerca di un telefono quando lo feci, Cassandra criticò la mia divisa a causa del cattivo odore, e facendole notare che non fosse colpa mia, non ci fece più caso e prosegui' a guidare senza fare ulteriori commenti ma stranamente, presa da qualche tipo di euforia, accese la radio, la musica latina non era mai stata tra le mie preferenze musicali, ma la stazione che prese fu la "Magia 101" che trasmetteva anche Pop statunitense, in quel momento eravamo in ascolto di "We built this city" degli Starship, una canzone che io apprezzavo molto, era stata mandata alla radio la prima volta nel lontano 1985, avevo appena 4 anni e me la ricordo ancora...nonostante Cassandra fosse più piccola di me di qualche anno, si rese conto che mi stesse piacendo, così lasciò finire il brano.

Intanto ci facevamo sempre più vicini a Città del Messico e intanto mentre il viaggio proseguiva, vedemmo una cabina telefonica in mezzo al nulla, questo era ancora più strano ma intanto chiesi a Cassandra di accostare e farmi scendere per telefonare, ed entrato all'interno composi il numero di casa mia, quella che rispose fu mia moglie, vista la situazione, i conti cominciarono a tornare, rassicurandomi.

Lei cominciò a farmi domande, ma io, andando di fretta, venni al sodo, dicendole che ero occupato ad un caso di sicurezza nazionale, sentendola parlare capii subito che il notiziario o altro non era stato reso pubblico alla popolazione, altrimenti lei non mi avrebbe neanche risposto al telefono,

così salutandola riposi il telefono e salii sul furgone, Cassandra non volle dirmi nulla a riguardo della telefonata, così riprendemmo il viaggio.

Un cartello stradale a circa 20 metri da noi ci avvisava che mancavano altre 10 miglia per Città del Messico, non credevamo di avercela fatta uscendone illesi, ma ormai l'arrivo era vicino, effettivamente eravamo contenti di ciò, così presa dal momento Cassandra i batté il cinque, imbarazzandosi il momento dopo, anche se con un sorrisetto malizioso ben visibile.

Sorpassato il cartello, vedemmo da lontano la città e non essendo mai stato in Messico, la facevo più piccola perché di solito dall'altra parte del confine il paese viene continuamente sottovalutato e ridicolizzato ma arrivati a destinazione ci accorgemmo che il caldo era aumentato, i termometri, uniti agli edifici della città segnavano 43°, faceva un caldo torrido.

Adesso un' altra cosa da fare era quella di arrivare ad un negozio d'abbigliamento, così aprii google maps, in cerca di qualcosa, notai che "Guayaberas Meyab" era a pochi metri da noi, così Cassandra con aria seccata fece inversione e cercò un modo per arrivarci e avvistando un parcheggio libero in cui appostare la vettura, si tolse gli occhiali da sole e li appoggio sulle labbra come sinonimo di concentrazione , si fermò e spense il motore.

Prima di entrare ovviamente mi tolsi di dosso il distintivo e la cravatta, per non destare troppi sospetti, anche perché alla fin fine doveva essere un acquisto veloce e nonostante ciò avevo anche studiato lo spagnolo alle superiori essendo ormai diventata seconda lingua ufficiale degli Stati Uniti.

Prima di entrare Cassandra mi disse che mi avrebbe aspettato all'interno del furgone proprio fuori dal negozio, quindi mi apprestai ad entrare dentro vedendo il classico stile messicano, con i vestiti riposti sulle pareti come esposizione, chiesi alla commessa, (ovviamente in spagnolo) dove si trovassero le camicie e dei pantaloni, così chiesi anche dei "vestidor" per cambiarsi d'abito, la donna di carnagione scura molto cortesemente me le indicò in fondo al negozio.

Procedendo verso i vestiti, notai diverse camicie di colore diverso, che variavano dal viola all'azzurro anche a fiori, scelsi quella verde chiaro e un paio di pantaloni marroni, dovevano essere abiti classici da turista, in modo da concentrarci meglio su come organizzare un ipotetico ritorno negli Stati Uniti e trovare il colpevole di tutte queste disgrazie, presi in mano i vestiti e mi incamminai verso i camerini e per ultima cosa dopo aver abbottonato la camicia, uscii fuori e pagai in dollari, la commessa non fu molto attenta, così mi fece andare via ugualmente, un' altra sosta da fare sarebbe stata in banca, per far cambiare qualche dollaro in Peso, lo avrei detto a Cassandra prima o poi.

Intanto risalii sul furgone e Cassandra mi stava osservando sorridendo, in quel momento la situazione era molto imbarazzante pensando che pochi giorni prima mi rapii cercando di uccidermi, mi disse che i vestiti mi stavano bene e anche che poco dopo essere entrato nel negozio ripose il distintivo e la giacca nel portaoggetti della vettura, fu un gesto molto furbo da parte sua.

In seguito mi venne un'idea, visto un ristorante vicino al negozio di abbigliamento, faceva anche insalate e forse sarebbe stata una buona occasione per parlare con Cassandra, dato che non era una ragazza molto loquace, sopra l'insegna vi era scritto che accettavano anche dollari americani, perciò disponevo anche di un'ottimo motivazione per farla sedere, il ristorante offriva un servizio self-service, perciò invitai Cassandra ad occupare un tavolo libero e riservarmi il posto per dopo, nel mentre io cercavo di passare i piatti per ordinare qualche insalata.

Le colpe infondateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora