Capitolo 4

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In seguito mi risvegliai in quello che poteva sembrare un mattatoio abbandonato, buio e ancora carni putrefatte appese, ero seduto su una sedia accanto un piccolo tavolo da ufficio metallico, vi era solo un riflettore che puntava proprio sul punto in cui ero seduto, ma in lontananza scorsi la stessa figura che vidi prima della morte di Smith, ancora quel nome mi rimbomba nella testa, come un ricordo indelebile.

Quella figura in lontananza si faceva sempre più vicina, era proprio lei, stesso abbigliamento di prima e ancora quella maschera, ancora non riesco a capire il motivo che aveva di nascondere la sua identità dopo tutto questo e poco dopo cercò anche di parlarmi, all'inizio non sentii, stava farfugliando qualcosa ma in seguito mi parlò con la sua voce, mi accorsi subito di riconoscerla, ma non sapevo associarla a nessuna persona, non mi veniva in mente alcun soggetto, l'unica cosa che era riconoscibile da quella maschera erano gli occhi, erano blu oceano, avevo visto poche persone nella vita con quel colore così "luminoso".

Mi disse che ero in pericolo, presto il dipartimento avrebbe trovato la pistola con la quale uccisi Smith, l'avrebbe fatta analizzare dalla scientifica e solo così sarebbero arrivati a me, il suo piano era semplicemente perfetto, aveva studiato tutto nei minimi dettagli, ma tutto questo perché ?

Per quale motivo stava causando tutti questi danni alle persone e alla città stessa?

Questo non me lo raccontò, ma in lei vedevo qualche tormento psicologico che la affliggeva fin dall'adolescenza, ma la cosa più strana era la sua età, nome, cognome, insomma tutto sconosciuto, questa ragazza era veramente diventata uno dei migliori killer degli ultimi 30 anni.

Ad un certo punto sentii delle sirene che provenivamo al di fuori del mattatoio, se mi avessero trovato sarei finito nei guai in almeno 3 giorni, dovevo uscire da lì, così mi misi a cercare un' uscita sul retro, sicuramente quella canaglia chiamò la polizia dopo essersi allontanata da me.

La polizia era appena fuori dall'edificio, così sfondarono la porta e fecero irruzione, ma da lontano vidi una pesante porta di ferro che doveva condurmi alla strada, dovevo spingerla senza fare alcun rumore e uscire, li vedevo con le torce che stavano perquisendo il luogo, così mi nascosi dietro le carni appese e li lasciai passare in silenzio.

Spinsi la porta di ferro e vidi che conduceva al parcheggio sul retro del mattatoio, vidi che non c'erano auto, soltanto una Mini arancione parcheggiata, così sperando che nessuno mi sentisse, spaccai il finestrino e aprendo la portiera entrai all'interno, non vi erano chiavi neanche nel bauletto, così cercai di usare un "trucchetto" che ormai non uso da anni, ovvero quello dell'intrecciare i fili, me lo insegnò mio padre a 13 anni, era sempre illegale ma mi toccava farlo in quella situazione, così il mio sistema funzionò e l'auto si mise in moto.

Corsi verso la strada per cercare di tornare a casa e avvertire la mia famiglia per abbandonare la nazione al più presto, senza però avere un posto dove andare, perché sapevo benissimo che tra un paio di giorni insieme all'assassina sarei diventato una delle persone più ricercate negli Stati Uniti, preoccupato accesi la radio per sentire il notiziario e cominciai subito a capire che le cose si stavano mettendo molto male, per me e per la mia famiglia.

La giornalista parlava del ritrovamento del cadavere di un agente del dipartimento della omicidi e che la scientifica avrebbe setacciato la scena del crimine il prima possibile, come aveva sospettato la ragazza di cui non avevo più notizie, ma non esclusi il fatto che avrebbe potuto ritrovarmi da un momento all'altro, facendola pagare anche ai miei familiari.

La mia abitazione era in periferia, non molto lontano dall'ultimo luogo visitato, corsi il più velocemente possibile, però senza dare nell'occhio, così arrivato sul posto, accostai l'auto rubata a 10 metri dal centro abitato, il resto della strada la proseguii a piedi, vidi la casa da lontano e le luci erano spente, sospettai subito che mia figlia e mia moglie non avessero fatto ancora ritorno dalla festa della vicina Rachel.

Le colpe infondateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora