Capitolo 3

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Lei con molta gentilezza mi chiese i casi a cui stesse lavorando il dipartimento della omicidi di Denver, diceva di lavorare per un giornalino dell'università di Harvard, alla fin fine sembrava una ragazza abbastanza intelligente, così gli raccontai il caso di grande portata a cui il dipartimento di tutta la città stava lavorando e quasi sicuramente lei non era del posto, ormai tutti notiziari ne erano interessati.

Lasciò l'edificio soddisfatta e con un grosso carico di appunti,

così anche io tornai al lavoro nel mio ufficio al 25° piano, aspettavo soltanto la mezzanotte per la pattuglia notturna, ma ad un tratto una chiamata dall'edificio del medico legale passò dalla scrivania della mia segretaria, risposi di persona con l'avviso urgente della chiamata.

Il Dottor Jones,il coroner della contea era rimasto ucciso all'interno dell'obitorio da 90 chilogrammi di esplosivo del tipo Semtex-H, facendo così esplodere tutto il 4 piano dell'edificio, così, frettolosamente mi precipitai in strada, presi la mia auto e corsi verso il luogo dell'accaduto, recandomi la mi accorsi che la strada stava diventando un inferno, chiamarono 5 autopompe del Denver Fire Department e 2 camion blindati dei colleghi della SWAT, pompieri e reparti speciali stavano risalendo cautamente l'edificio per arrivare al 4° piano e dopo la completa perquisizione del posto avrebbero messo l'edificio sotto stretta osservazione e delimitandolo a chiunque non avesse i permessi necessari.

Infine, dopo un lungo silenzio circondato dallo schiocco delle fiamme arrivarono tutti illesi e li ringraziammo con un grande applauso per aver domato le fiamme e per aver messo in sicurezza gli uffici.

I giorni passarono e la tensione dei cittadini diventava sempre più riconoscibile, ma infine alla morte del Dottor Jones fu data una spiegazione valida dai reparti della scientifica, il tritolo era stato piazzato da un "fantasma", dato che le telecamere si erano fuse con l'incendio nello stesso piano, ma gli esplosivi al plastico erano piazzati in un posto a cui pochi potevano immaginare, proprio all'interno del cadavere.

L'omicidio doveva essere andato in questo modo: il dottore per accettarsi della morte della presunta vittima della serial killer che stava terrorizzando la città, cercò di vivisezionare il corpo e all'interno doveva aver trovato le Semtex-H e sfiorandole azionò il meccanismo di detonazione, l'omicidio fu uno dei peggiori degli ultimi 30 anni, questa volta l'assassina toccò il fondo totalmente, dovevano essere trovate delle mete e ancora più prove.

Erano ormai le 23:48 di notte, così io e l'agente Smith ci preparammo per la pattuglia notturna degli isolati, era ormai diventata un' abitudine ma dopotutto era anche il nostro lavoro, pronti a correre altri rischi giorno dopo giorno.

Dopo aver girato eravamo pronti a parcheggiare l'auto in centrale, ma qualcosa attirò la nostra attenzione non molto lontano da dove eravamo noi.

Una luce a intermittenza, quasi stroboscopica ci accecava e sembrava provenire da un incrocio molto buio con lampioni non funzionanti, uscimmo dall'auto chiudendo la portiera, così l'intrepido agente Smith si avvicino al cassonetto della spazzatura da cui appunto sembrava provenire la strana luce, ma ad un tratto da un angolo buio uscì fuori una strana figura femminile, a quel punto capimmo il grande pericolo a cui stavamo andando contro.

La faccenda si stava facendo sempre più raccapricciante, Smith indietreggiava a piccoli passi e così l'assassina cominciò a puntarmi una pistola contro, sembrava una Deasert Eagle, un modello molto pesante, io in quel momento ero pietrificato dalla testa ai piedi, notai subito che la donna aveva il volto coperto da una maschera in latex e addosso aveva dei leggings neri e un maglione dello stesso colore, ma con nostra grande sorpresa aveva una richiesta poco facile da soddisfare, mi ordinò di uccidere il mio collega.

Non potevo farlo, io e Smith eravamo ormai amici fidati, ma ero sotto minaccia, se non lo avessi fatto aveva giurato di uccidermi e dopo aver finito con noi, sarebbe andato dalle nostre famiglie e fare la resa dei conti, così con le lacrime agli occhi, ma per una questione di forza maggiore gli sparai un colpo alla gola, in quel caso non ebbe possibilità di sopravvivere.

La donna come se tutto ciò fosse un gioco mi si avvicinò e si complimentò con me e poco dopo, mi diede un colpo di Desert Eagle in testa, dopo quel brutto colpo non ricordo altro di quel terribile giorno.

Le colpe infondateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora