Capitolo 2

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Non sono mai stata particolarmente credente, ma, in casi come quello, cioè io che arrivavo in tempo per il volo, evitando il traffico, non facevo fatica a gridare al miracolo. Lasciai l'auto in un parcheggio a pagamento, per evitare che le succedesse qualcosa durante la mia assenza e mi catapultai in aeroporto. Dopo aver vagato senza meta per un po', incrociai gli occhi castani di Francesca e ripresi finalmente fiato.

Io e Fra ci siamo conosciute nel 2008, anno del mio debutto nel mondiale WMX, perchè lei era ed è tutt'ora colei che mi mantiene l'ombrello prima della partenza. Francesca fa la modella per sfilate e servizi fotografici, all'occorrenza è ragazza immagine e-oltre a farlo per me-spesso è la ragazza ombrello di diversi piloti, quando fanno tappa in Italia; quella partecipazione al Gp di Spielberg era qualcosa fatto in via eccezionale, proprio perchè si trattava di Rossi e, parole sue, fare l'ombrellina per il Dottore sarebbe stato un onore non da poco. Siamo molto diverse, sia nel modo che abbiamo di comportarci, che di porci-lei elegantissima e femminile ed io piuttosto semplice e genuina-sia caratterialmente parlando. Fra ha un anno meno di me e abbiamo esattamente la stessa altezza, portiamo la stessa taglia e condividiamo il numero di scarpe, ergo i nostri armadi sono continuamente comunicanti fra loro; ho sempre pensato che fosse una bella ragazza, il tipo che piace agli uomini: ha lunghi capelli castani come gli occhi, ciglia lunghe e nerissime, viso ovale e labbra carnose, inoltre è sempre super curata, fra trucco, acconciatura e manicure e non credo di averla mai vista indossare delle scarpe da ginnastica o una tuta, che, comunque, non nasconderebbe il suo fisico tutto curve. Le ragazze come lei, in genere, hanno la fama di essere facili o stupide, ma non è il caso di Francesca, che si è anche laureata in lingue europee con il massimo dei voti ed avrà avuto quattro ragazzi seri in ventotto anni di vita. Siamo diventate amiche sin da subito e nel giro di due o tre mesi ci siamo sentite più che sorelle: è la persona di cui più mi fido al mondo e non scherzo quando dico che le affiderei la mia vita.

Le corsi incontro per poi salutarla con un abbraccio, anche se continuava a guardarmi vagamente accigliata, per il mio quasi-ritardo e insieme ci dirigemmo verso la fila per il controllo di sicurezza.

-Si può sapere come hai fatto a dimenticarti di dover partire, eh?-Ridacchiò a braccia conserte, mentre aspettavamo che la decina di persone davanti a noi passasse il controllo.

-Ieri abbiamo litigato di nuovo...Ho pianto fino alle tre e poi mi sono addormentata, senza nemmeno controllare la sveglia.-Spiegai, scocciata, guardando altrove.

-Insomma Cris, ma perché non vi lasciate?! Voglio dire: tu non lo ami più, lui, visto come si comporta, non ti ama più e quindi che problema c'è? Finirete per odiarvi così.-

-Lo sai come la penso e poi magari è solo un periodo...-

-Un periodo che sta durando tre mesi?-

-Fra, non ne voglio parlare, per favore.-Tagliai corto, serrando la mascella, infastidita. 

Sono sempre stata una persona forte e l'unico mio punto debole sono gli affetti. Le uniche cosa per cui sono in grado di piangere sono i fatti legati a chi mi sta a cuore e anche se non lo amavo più, dopo otto anni insieme, non potevo dire di non volergli bene; ultimamente litigavamo in continuazione e ci vedevamo una-due volte a settimana, con la scusa dei suoi impegni lavorativi e tutto questo mi portava a passare il mio tempo libero a piangere per sfogarmi, visto che con coloro ai quali volevo bene non mi sarei mai aperta. Il mio essere stupidamente orgogliosa, faceva sì che non riuscissi ad ammettere di stare realmente soffrendo e poi raccontare i miei drammi agli altri mi faceva sentire un peso per tutti.

-Ehi...-Mi accarezzò la spalla, attirando la mia attenzione-Lo sai che io ci sono sempre, se vuoi parlarne-La interruppi, scuotendo la testa.

-Mi basta sapere che almeno tu mi vuoi bene.-Sorrisi e Fra mi fece cenno di abbracciarla, spalancando le braccia e così feci. 

Nel frattempo la fila davanti a noi si era ridotta ad un gruppetto di tre ragazzi, che indossavano cappellini di un giallo fluorescente, sorrisi: non eravamo le uniche a prendere quel volo per Rossi. Li osservammo depositare le loro valige sul nastro trasportatore per il controllo e passare sotto al metal detector, quindi dirigersi in fila per il check-in.

Quando fu il nostro turno la prima a passare il controllo fu Francesca, quindi toccò a me. Filò tutto liscio e mi diressi anche io in fila per il check-in, insieme alla mia valigia, che non sarebbe finita in stiva, non avendo superato il limite di peso e mettendomi la borsa in spalla. L'imbarco fu piuttosto veloce e in poco tempo lasciammo il Gate per salire a bordo dell'aereo.

Francesca aveva il posto vicino al finestrino, mentre io quello centrale, ma lei mi pregò di fare a cambio, perché guardare fuori le avrebbe messo troppa ansia ed io accettai.

-Con tutti gli aerei che hai preso, non capisco perché volare ti faccia ancora paura.-Risi, guardando la sua espressione terrorizzata.

-Senti, non ti ci mettere anche tu, che sto morendo, ok?!-Disse con voce acuta e preoccupata ed io continuai a ridere.

Fra sembrò calmarsi solo quando l'aereo si trovò in posizione verticale, ma solo perché poté cominciare a tartassarmi di domande, la cosa che preferiva in assoluto. 

-Ma sei proprio sicura, al cento per cento, di non conoscere nessuno? Voglio dire, hai passato l'infanzia nei paddock!-Domandò per la millesima volta, da quando avevamo prenotato il volo ed acquistato i biglietti per assistere al Gp.

-Boia, te lo ripeto per l'ennesima volta: la Super Bike e la MotoGp non sono la stessa cosa!-Sbuffai, esasperata.

Il fatto che fossi cresciuta nei paddock era vero, ma non in quelli della MotoGp. Mio padre è un ex pilota in pensione e correva in Super Bike, dove ha riscontrato anche un discreto successo; lui e mia madre si sono conosciuti sulla pista, perché lei-figlia di uno dei meccanici-aveva avuto il ruolo di sua ombrellina e quindi è stato inevitabile che io e mio fratello maggiore Gianluca lo seguissimo in tutte le tappe del campionato mondiale e crescessimo circondati da moto da corsa. Quando avevo nove anni, cioè vent'anni fa, papà lasciò la Super Bike per dedicarsi all'addestramento di bambini e ragazzi e da allora non ho mai più avuto contatti con il mondo delle corse, anche perché ho sempre preferito il Motocross. 

-Diobò, scusa, non mi ammazzare!-Rispose, alzando le mani.

-Guarda, se me lo chiedi ancora, ti metto le mani al collo!-La minacciai, ridendo.

Il volo fu piuttosto tranquillo e nel giro di un'ora e mezza ci ritrovammo all'aeroporto di Vienna, dopodiché ci sedemmo fuori ad aspettare l'arrivo del bus, che ci avrebbe condotte all'albergo e finalmente potei accendermi una sigaretta.

Sistemai i capelli dietro al collo, per evitare che si impregnassero di fumo e presi un tiro, mentre Francesca mi guardava, con aria disgustata. In nove anni non si era ancora abituata all'idea che fumassi.

-Senti, non fare quella faccia, che sogno questa sigaretta da stamattina e per la fretta non sono neanche riuscita a farmela, appena sveglia!-La rimproverai, scuotendo la testa.

-Che cavolo ci trovi in quelle schifezze? Bah!-Esclamò, perplessa, mentre osservava il punto in cui il bus avrebbe dovuto fermarsi.

-Voglio morire giovane e quindi?!-Domandai ridendo, fra un tiro e l'altro.

-Tu sei tutta matta.-Rispose lei, coprendosi il viso col palmo; aveva ragione.

Can you fix my heart, Doctor? [Valentino Rossi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora