Capitolo 1

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In genere a prima mattina scendo dal letto malvolentieri, a meno che non ci sia un buon motivo per svegliarsi. Quella soleggiata mattina di Agosto, nella mia bella Romagna, sembrava un giorno come un altro e credevo che non mi si prospettasse davanti niente di particolare, quindi non ci pensai due volte a far capitombolare il cellulare giù dal comodino, nel goffo tentativo di placare il rumore infernale prodotto dalla sveglia, che cercava invano di rianimarmi.

L'aggeggio del demonio cadde con un tonfo tremendo, ma questo non mi impedì di girarmi sulla pancia e cercare di riprendere a dormire, tappandomi le orecchie con il malcapitato cuscino che avevo sotto la testa. Guardai a sinistra con la coda dell'occhio: lui non c'era, come tutte le mattine da tre mesi a quella parte, del resto e quasi non mi faceva più effetto la sua indifferenza. Passai un numero abbondante di secondi a fissare la parte vuota di materasso, cercando di attaccare la spina del mio cervello e metterlo in funzione, poi decisi che il suono della sveglia mi dava troppo fastidio e finalmente mi alzai, per andare a spegnerla.

Sospirai sollevata quando, finalmente, i miei timpani trovarono pace e cominciai a stiracchiarmi, distendendo le braccia e le gambe allenate, mentre producevo versi strani. Mi diressi alla finestra ed aprii uno spiraglio nelle tende chiuse, facendo sì che il sole mi bruciasse le iridi chiare e facesse strizzare gli occhi. Dopo un po' mi abituai alla luce ed aprii completamente le tende, così come le imposte delle finestre, per far cambiare l'aria. Controllai la data sul display del cellulare: 11/08/2016, cioè tre giorni dopo la gara migliore della stagione e ben diciassette giorni prima il gran premio finale, che avrebbe potuto consacrarmi campionessa WMX* 2016 e regalarmi quindi il quinto titolo in carriera.

Se mi concentravo riuscivo ancora a sentire la voce del telecronista che urlava il mio nome mentre tagliavo il traguardo, pochi giorni prima. Ero particolarmente fiera della mia performance, così come del modo in cui, in generale, avevo affrontato la stagione. I quattro anni precedenti erano stati un continuo trovarsi al secondo posto dopo Kiara-che, seppur giovane, mi dava parecchio filo da torcere-ora per un infortunio, ora perchè nessuno dei due team che avevo provato aveva funzionato per me e anche perché, oltre alla bravura, in questo sport ci vuole fortuna; riuscire a vincere il titolo sarebbe quindi stata una grande rivincita personale, oltre che una soddisfazione professionale.

Persa com'ero a riflettere su quanto fossi nervosa per la prossima gara, mi accorsi di star ricevendo una chiamata quando ormai il cellulare aveva quasi finito di squillare. Risposi, senza leggere nemmeno il nome di chi mi stesse chiamando.

-Pronto?-

-Buongiorno, Bella Addormentata!-La voce frizzante di Francesca distrusse i miei timpani, ancora intorpiditi dal sonno-Allora, a che punto sei?-Cercai di dire qualcosa ma rimasi con la bocca semiaperta ed un espressione confusa sul volto, non capendo a cosa si riferisse la mia migliore amica, poi mi tornò in mente tutto.

-Oddio, il volo! Ma che ore sono? Non ho preparato neanche la valigia!-Esclamai, in preda al panico. Mi ero completamente dimenticata di avere un volo per l'Austria, quella mattina ed avevo impostato la sveglia troppo tardi, probabilmente a causa dell'ennesima notte passata a piangere, in preda ai miei mille problemi.

-Sei sempre la solita: ti scorderesti anche la testa, se non ce l'avessi sul collo! Vedi di farti trovare in aeroporto fra un'ora, o giuro che stavolta ti lascio in Italia, Cris!-Mi rispose, su tutte le furie.

-Sì, ok, ora lascia che mi prepari. Sarò lì in tempo, giuro! Ciao!-Tagliai corto frettolosamente, senza neppure lasciarla parlare, mentre mi infilavo nella doccia. Abbandonai il telefono su una mensola ed aprii il getto d'acqua, sperando di riuscire ad essere pronta in tempo.

Io e Francesca avremmo dovuto prendere un volo per Vienna e dirigerci alla pista di Spielberg, per assistere alle prove libere in vista del Gp d'Austria. Fra avrebbe fatto da ombrellina al suo pilota prediletto, Valentino Rossi ed io avevo insistito per accompagnarla, visto che era diverso tempo che cercavo l'occasione per assistere ad un Gran Premio del motomondiale. Anche io potevo dire di tifare Rossi, ma, nonostante il "legame" fra i nostri sport ed il mio essere quattro volte campionessa, io ed il Dottore di Tavullia non avevamo mai avuto il piacere di incontrarci di persona. Erroneamente la gente pensa che due sport diversi come i nostri siano la stessa cosa, infatti non condividiamo neppure i circuiti-come avviene con la Formula 1-e i nostri campionati non si incontrano mai in quanto a tappe, motivo per il quale, probabilmente, non ci eravamo mai presentati.

Nel giro di venticinque minuti finii di lavarmi e mi asciugai persino i capelli. Mi vestii frettolosamente ed infilai le scarpe altrettanto di fretta, poi spruzzai il profumo e castigai i miei lunghi capelli bruni in una treccia morbida al lato della testa, quindi mi concessi dieci secondi per guardarmi allo specchio.

Una mia particolare caratteristica è l'altezza: sono alta centosettantaquattro centimetri per cinquantotto chili e nonostante i continui allenamenti a cui mi sottopongo, ho un corpo giusto leggermente muscoloso, perché sono esile di natura e posso farci poco. In teoria, la mia altezza e la mia mancanza a livello di stazza dovrebbero sfavorirmi nello sport che pratico, ma devo essere l'eccezione che conferma la regola, con i miei quattro campionati aggiudicati nel corso della carriera. Se non avessi scelto la strada del pilota, non credo avrei potuto fare la fotomodella o la showgirl, ma non mi ritengo una brutta ragazza e col tempo ho imparato ad accettare persino i cambiamenti ai quali l'età sta sottoponendo il mio corpo. Mio padre dice che i miei occhi sono lunatici come me, perché cambiano colore col tempo: dal verde acqua cristallino, all'azzurro vitreo e quasi stonano sulla mia pelle abbronzata e con i miei lunghi capelli bruni. Il mio viso è abbastanza armonioso, ho il naso lineare e di medie dimensioni, le labbra ben disegnate e piene, gli zigomi alti e gli occhi grandi ma non eccessivamente. Un particolare che è facile notare guardandomi in faccia, è una cicatrice abbastanza spessa che mi spezza in due la fine del sopracciglio sinistro: me la sono fatta cadendo dalla mini-cross a sei anni e sulla pelle cucita da quattro punti le sopracciglia non sono mai ricresciute. In giro per il corpo ho qualche altro segno dei miei numerosi infortuni: la cartilagine di entrambi i mignoli è saltata durante alcune delle mie prime cadute, un'altra cicatrice la porto sul retro della caviglia destra, anche se è quasi impercettibile ed ho un numero impressionante di ossa che mi fanno male quando cambia il tempo: su centosei ossa, ne avrò spezzate più o meno la metà.

Mi stirai i jeans attillati, infilando accidentalmente la mano affusolata in uno degli strappi, quindi diedi una sistemata al crop top che stavo indossando e controllai che le Vans fossero ben allacciate.

Corsi ad aprire la valigia e ci infilai quanti più abiti possibili, dai quotidiani a quelli che avrei potuto indossare di sera, in giro per i locali. A completare il quadro c'era poi un gran numero di biancheria, cosmetici e cianfrusaglie varie ed eventuali, insieme ad un paio di tacchi. Per chiudere la valigia dovetti sedermici sopra e mettere parecchia forza nello smuovere la zip, ma alla fine ce la feci.

Controllai l'orologio: avevo dieci minuti esatti per arrivare in aeroporto e non avevo idea di come ci sarei riuscita. Indossai di fretta gli occhiali da sole e mi diressi giù per le scale, chiudendomi la porta alle spalle e trascinandomi appresso la valigia e la borsa che-per fortuna-era già pronta, quindi mi infilai in macchina.

*Il WMX è il campionato femminile mondiale di Motocross.

Can you fix my heart, Doctor? [Valentino Rossi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora