Il primo round

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Lunedì mattina. Scuola. Visi tetri e plumbei sotto un cielo ancora più plumbeo.

- Almeno potrò vedere il fantasma di cui mi avete parlato.- Commentò Poppy, facendo spallucce. Per tutto il fine settimena non avevamo fatto altro che cercare in ogni dove la nuova arrivata, senza successo. Ormai eravamo quasi certi di essercela sognata.

- Ti assicuro che esiste davvero. Probabilmente è solo stata sequestrata da Maria per farle un lavaggio del cervello. Che non funzionerà, perché lei è superiore a queste cose.- Affermai con fiducia. Ormai nella mia testa avevi già un carattere ben definito, una storia alle spalle, sogni e pensieri, avevo pensato a tutto io. Ma ho scoperto ben presto che non basta una pozzanghera per riprodurre il mare.

Dopo le prime due ore di lezione, mi sembrava di aver già passato secoli in quel vecchio cubo polveroso. Era l'intervallo, e camminavo con Poppy e Frank nel cortile della scuola, quando, seduta da sola sul muretto che separa il cortile dal campo da baseball, mi apparve una visione vestita di un grande maglione di lana, stretto nei punti giusti, con una folta treccia castana che scendeva gentilmente sulla spalla.

Poppy notò subito che qualcosa non andava. Guardò me, poi lei, poi di nuovo me.

- E' quella?- Sussurrò, strizzando gli occhi. Io annuii, senza smettere di fissarti. 

- E' carina- concesse Poppy, con tono accondiscendente.

- No. E' perfetta.

- Ti serve una spalla per attaccare bottone?- Chiese Frank, gonfiando il petto. Io e Poppy ridacchiammo. Poi, preso un respiro profondo, mi avvicinai, pronto per il primo incontro con quella che, ne ero certo, sarebbe diventata mia moglie.

- Rosalind, giusto?- Esordii, sedendomi accanto a lei. Alzò gli occhi dal suo libro, con espressione leggermente sorpresa. Poi aggrottò le sopracciglia.

- Sì.- Rispose, con un tono leggermente freddo, che immaginai subito essere dovuto alla timidezza. Ma non era esattamente così...

- Io sono...

- Joseph Rider. L'idiota del bar.- Ancora oggi, Poppy mi prende in giro per quel momento, in cui, dice, fissai la ragazza davanti a me con gli occhi e la bocca spalancati, in una perfetta imitazione de "L'urlo" di Munch.

- Ehm... Cosa?- Fu quanto di più intelligente trovai da dire.

- Qualche giorno fa. Io ero appena arrivata, ero stanca morta dal trasloco, nera con i miei, sono entrata in quel bar per riposarmi un attimo, finalmente qualcuno è gentile con me, una nota azzeccata in una giornata così stonata, poi arrivi tu, con i tuoi commenti scemi, e rovini quel poco di atmosfera che si era creata. 

- Tu... Tu non conosci Maria Denver.- Ma perché, perché quando parlavo con te non trovavo mai niente di intelligente da dire?

- Non conosco neanche te. Ma come prima impressione lei mi ispira molta più simpatia di te. E' rimasta con me tutti questi tre giorni, ma ha guidata in giro per la città, mi ha fatto conoscere gente, ha invitato la mia famiglia a cena. Mi baso sui fatti, non sui pregiudizi di un ragazzotto che si crede James Dean.- A quel punto, iniziai ad arrabbiarmi. Quel modo di strizzarmi i nervi finché non esplodono ce l'avevi solo tu... per fortuna.

- E dove sarebbe la tua paladina, adesso?- La ragazza indicò un punto dietro le sue spalle con un dito corto corto e magro magro. Lo seguii, e vidi Maria che, con il suo solito sorriso da primadonna, parlava a un paio di primine spaesate, indicando qualcosa su una piantina della scuola. Quando vide che la guardavamo, salutò con un sorriso, e mostrò a Rosalind i due sacchetti che teneva in mano. Lei li vide e alzò un pollice, poi salutò di nuovo e si voltò verso di me.

- E' andata a comprare il pranzo. Per entrambe. E adesso sta spiegando per la terza volta a quelle due svampite come raggiungere i laboratori di chimica.- Scossi la testa, stizzito. - Cos'è, inizi a dubitare del giudizio che le hai appioppato senza neanche conoscerla?

- Esattamente, cosa ti ha detto Maria di me?

- Niente.- La risposta mi lasciò perplesso. Cavolo, speravo che avesse speso almeno una parola su di me, e invece...

- Niente?

- Ti credi così importante da meritare un posto nei suoi discorsi?- Fece lei, con un sorrisetto. 

- Dico solo che queste idee non puoi essertele fatte da sola. Neanche mi conosci.

- Magari sono solo una schifosa sputasentenze. O magari quello che penso sulla base di quello che ho visto fin'ora, come il tuo simpatico spettacolino comico mentre una persona cercava solo di fare quello che avresti potuto fare anche tu, cioè essere gentile e accogliente. E, ti dirò, anche il fatto che i tuoi amici non abbiano fatto altro che ridacchiare per tutto il tempo non depone a tuo favore. Potrebbe farmi pensare che tu sia venuto a parlarmi solo per dire "Ehi, guardate quanto sono figo, tempo un paio di giorni e mi scopo quella nuova". E a questo punto mi dispiacerebbe da morire sapere che dovrai tornare indietro scornato, e forse, dico forse, ti darei il mio numero, così, per pietà. Ma... ops.- Roteò gli occhi - sembrerei troppo facile se lo facessi, vero? E a te non piacciono gli hard discount... o forse è perché neanche gli hard discount si interessano a te?

Credevamo nei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora