Feather

32 3 0
                                    

- Sta a te Luke, non puoi tirarti indietro!

- Oh, te lo scordi, certo che posso! Manda Ridley piuttosto, lo sai che lui non aspetta altro.

- Ehi, io non ho certo bisogno che sia Frank a trovarmi le donne, so cavarmela benissimo da solo.

- Ma davvero?!

- Banfone!

- La verità è solo che hai paura di andare a parlare con Maria Denver, ecco cosa!

Già, Maria Denver. Figlia del sindaco Denver, era considerata la ragazza più bella del paese. Io non la pensavo così. Insomma, non era certo brutta: lunghissimi capelli di un pazzesco biondo dorato, grandi occhi castani in cui perdersi, e un fisico che di certo le permetteva le provocanti mise che sceglieva per infastidire suo padre. Era un trofeo ambito da tutti e, a dirla tutta, vinto da molti, e questo le faceva perdere molto fascino ai miei occhi. 

- E Joe? Come mai lui non lo chiamate in causa?

- Ma perché a lui Maria non interessa! "Se la tira troppo per attrarmi, e poi, diciamocelo, non è che sia poi così difficile da ottenere! Gli hard discount non hanno mai avuto fascino su di me!"- Esclamò Frank, in un'imitazione devo ammettere piuttosto ben riuscita della mia erre alla francese (che, posso dirlo senza modestia, mi ha sempre fatto guadagnare molti punti con le ragazze) e della mia cadenza pigra e strascicata.

Luke alzò gli occhi al  cielo, mentre Ridley si limitò a scuotere quella sua testona piena di ricci rossi che gli faceva dimostrare cinque anni in meno.

- Tanto, diciamocelo, non avresti molte chance con lei.- Si consolò Luke, facendo spallucce.

- Hai ragione, il primo violino dell'orchestra della scuola, nonché miglior lanciatore dell'anno, nonché vincitore del premio "Mickey occhi blu" per la miglior foto sull'annuario non ha nessuna possibilità con una come Maria Denver.- Fece Frank, con un tono a metà tra il sarcastico e l'autocommiseratorio. La bassa autostima era sempre stata il più grande difetto di Frank, un cervello di proporzioni stratosferiche nascosto sotto una massa di capelli biondi e  occhiali troppo spessi su un volto troppo magro. E' da sempre uno dei miei migliori amici, e francamente non capirò mai perché le ragazze ci abbiano messo così tanto a notarlo, lui che era sempre pronto ad aiutare tutti con un sorriso gentile e quella sua ironia malinconica, che riusciva sempre a strappare un sorriso. 

Forse in quel gruppo ero quello messo meglio. Non sono mai stato un mostro di bellezza, ma sono nato con la fortunata accoppiata di capelli castani e occhi azzurri, che mi danno l'aria da "bello e dannato". La mia passione per lo sport e la musica e la mia fiducia in me stesso hanno fatto il resto. Ad essere del tutto onesti, però (e all'epoca non lo ero per niente: sebbene non avessi pregiudizi particolari nei confronti di nessuno in particolare, mi metteva molto a disagio ammettere di trovare attraente un altro ragazzo), anche Luke, con il suo fascino mediorientale, non faceva fatica a trovare compagnia alle feste.  Ma questo non ci importava, forse neanche ce ne rendevamo conto. Non avevamo regole, solo quei pochi accordi non detti, non scritti, che sono però fondamentali in qualsiasi amicizia che si rispetti:

1- Non si tocca la ragazza dell'altro. Anche se tra loro non potrà mai funzionare, anche se lei ti si butta davanti in ginocchio pregandoti di profanare la sua sacra purezza, non si tocca

2- Se si esce con qualcuna, si procura un'amica per gli altri

3- Madri e sorelle sono off limits

4- Alla fin fine, gli amici sono più importanti di qualunque ragazza

Così eravamo riusciti, tra alti e bassi, a portare avanti quell'amicizia che durava ormai da una decina di anni, e che, lo davamo per scontato, sarebbe durata per sempre. E io lo penso ancora adesso, anche se le nostre strade si sono divise, io lo sento ancora, quel legame, perché è quello che mi ha portato dove sono, mi  ha reso la persona che sono oggi. Quello e...

- Andiamo Joe! Si può sapere qual è il tuo tipo allora? Se non ti piace Maria allora... allora chi?- Rovesciai la testa all'indietro, ridendo in quel modo che tutte le ragazze amavano tanto. Infatti, qualche sguardo si voltò verso di me, ma finsi di non accorgermene.

- Non c'è solo Maria, al mondo- dissi, con un'aria che voleva sembrare misteriosa.

- Sappi che Poppy non conta- intervenne Ridley, con un sorriso crudele.

Penelope "Poppy" Moore era la quinta ruota del nostro bizzarro carretto cigolante, il collante che ci aveva tenuti uniti, saltellando attorno dall'alto del suo metro e cinquanta, con il suo sorriso da folletto sotto le lentiggini e il caschetto rosso  un po' da maschiaccio. Sotto i modi bruschi, Poppy nascondeva un cuore enorme e l'incredibile capacità di comprendere al volo le persone. Sarà stato per il suo modo di vestire, sempre jeans e maglie extra large, ma nessuno di noi si era reso conto del fatto che la buona vecchia Poppy, la nostra spalla su cui piangere le nostre virili lacrime (forse virili non è la parola giusta, ma ho comunque una reputazione da difendere), era in realtà una ragazza! E pure una di quelle carine. Quindi, mi sento costretto ad aggiungere un punto alle mie regole di prima:

5- Nessuno tocca Poppy.

Ora, ripensando a quel momento, avrei tanto voluto avere Poppy lì con me. Non so neanche io perché, forse solo per il gusto di condividere anche con lei quel momento così insignificante all'epoca, e così fondamentale per me, oggi. Proprio in quel momento, in quel venerdì pomeriggio di ottobre, al Feather, mentre stavo per lanciarmi nella descrizione della donna della mia vita, la vidi, lì, sulla strada, che muoveva qualche passo incerto verso il locale. Una visione dalla lunga treccia chiara, un'ampia gonna che sembrava uscita dalle migliori versioni del musical "Hair" e un sorriso un po' timido e spaesato. Come in un sogno, la vidi entrare e sedersi al bancone, dove ordinò un'acqua e menta. Un'acqua e menta!

Iniziò a sorseggiarla in silenzio, lanciandosi attorno rapide occhiate, cercando di ignorare il silenzio che era sceso sul locale al suo ingresso: Dawson è un piccolo paese, tutti conoscono tutti. Ma lei non faceva parte di quei tutti era nuova - nuova!, e faceva uno strano effetto vederla seduta lì, come se niente fosse. Non sapeva che sconvolgimento aveva portato? In un paese come Dawson, dove non succede mai niente, non sapeva che caos avrebbe creato un nuovo arrivo? Una sedia in più alle riunioni cittadine, un banco in più in classe, un nome in più su tutti i registri... Insomma, come si permetteva a piombare così all'improvviso e stravolgere le nostre vite? Anche se, a pensarci bene, forse l'unica vita che fu davvero sconvolta da quell'arrivo fu la mia. 

Credevamo nei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora