Sabato

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Dedico la storia a SophiaHerondale23 perchè volevo farlo da un pò e... e l'angst non basta mai, quindi, why not?

Scorpius si alzò dalla sedia nella sala silenziosa con il fiato bloccato nei polmoni.
L'aveva cominciato a trattenere più o meno quando l'infermiera gli aveva detto che poteva entrare, o qualcosa del genere.
Se vogliamo esser precisi, in realtà, lo stava trattenendo già prima, di fronte a quella porta chiusa che lo faceva tremare sul posto. Il muro gli impediva di vedere, la porta di entrare e verificare che Al stesse bene.
E se vogliamo essere ancora più precisi addirittura il pomeriggio prima, quando Albus si era accasciato al suolo e aveva cominciato a tossire, gli occhi vitrei e la pelle sbiancata, quasi quanto la sua.

Se chiudeva gli occhi lo vedeva ancora lì, in ginocchio, una mano sul petto e le labbra schiuse, che volevano parlare ma, oh Merlino, non ci riuscivano.
E poi il panico, il suo respiro che non riusciva ad esalare e la chiamata all'ospedale.
Le lacrime.

Quando si alzò, sentì un brivido di freddo passargli su per la schiena.
James Potter, quando era uscito, non aveva neanche tentato di sorridere. Aveva preso posto accanto a Scorpius e là era rimasto. Con l'estate che c'era, le loro pelli accaldate si erano appiccicate l'un l'altro.
Erano forse troppo orgogliosi o sconvolti, per dimostrare il sostegno reciproco di uno verso l'altro.

Il freddo lo investì ma non era solo per il calore di James mancato.
C'era una sorta di paura che Scorpius paragonava al freddo, che lo teneva quasi inchiodato all'idea di un Albus così immobile e inespressivo da sembrare... non più vivo.

Il suo cuore inciampò.

Si avvicinò ancora, socchiuse la porta, lentamente la superò.
L'unico letto occupato era quello di Al, la cui zazzera di capelli neri spiccava in perfetto contrasto con le lenzuola e il viso candido.

Da quel poco che ricordava delle parole di suo padre, Albus, Alba, Album era un aggettivo latino, tradotto come bianco. Candido.
E così era ora Al.
Immerso in qualcosa di ulteriolmente bianco, era quasi invisibile, si mimetizzava con quel color neve.
Eccetto i capelli.

E le labbra.
Le labbra erano sul viola, leggermente gonfie e socchiuse.
Quando Scorpius si avvicinò, sentì i respiri che uscivano da queste.
Avrebbe voluto baciarlo.

Non sentiva le sue labbra e il loro sapore da quasi 24 ore, ma sembrava un'altra vita.
Ma Albus respirava e c'era ancora in questa vita.
Tirò un sospiro di sollievo, e si lasciò cadere sulla sedia.

Si morse il labbro, i pensieri lo stavano portando via.
Ma non doveva.
Scorpius doveva rimanere lì, fermo, con Al.

Lo stava guardando da un tempo indeterminato, ormai, e seguiva con attenzione il ritmo regolare del suo petto, unico movimento.
Se avesse dovuto ritrarre Albus in uno dei disegni che amava fare, avrebbe usato il nero e il viola, con qualche punta di rosso.
E poi avrebbe lasciato il mondo bianco, che a fissarlo quel bianco era quasi diventato sicuro.

Sperò di poter prendere il verde.
Sperò che Albus aprisse i suoi occhi meravigliosi, quelli che erano smeraldo, erba fresca, speranza.

Un fremito attraversò le dita di Scorpius, che afferrò la mano di Albus con una inusuale dolcezza, e la strinse.
Le dita erano calde, stranamente, ed erano come ruvide, opache. Lisce al tatto.
Tranne per i graffi e le unghie mangiucchiate, ma quello era normale, sentirlo.

Albus aprì gli occhi poco dopo.

Esalò un respiro profondo e schiuse le palpebre.
Scorpius sobbalzò sul posto, e stava quasi per non crederci.
Cacciò l'idea di saltare sul ragazzo e di stringerlo a sè, ma non potè trattenere l'ampio sorriso.

Albus' Last Seven Days //ScorbusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora