Scorpius entrò nella stanza di Al la sera. Era già stato lì poche ore prima, poi aveva avuto un impegno di familia. Suo padre gli stava vicino, ma non aveva potuto rinunciare all'incontro di un importante uomo d'affari.
Fortunatamente, però, il biondino era riuscito a scappare in tempo, prima di esplodere totalmente.
Non aveva seguito minimamente una parola di ciò che i suoi o la famiglia di quell'uomo si fossero scambiati.
L'urgenza di correre ancora da Al lo portava altrove con la mente, le dita erano irrequiete e lo sguardo esasperato.
E Scorpius sospettava che il padre lo sapesse, perché non aveva minimamente protestato quando si era alzato e aveva lasciato il salotto.Poi era stata una corsa verso l'ospedale, ma era una corsa liberatoria, una corsa vicino a quella presenza che aveva il bisogno di sentire.
L'ospedale era quasi vuoto a quell'ora, le visiste stavano per finire, ma il Malfoy ignorò totalmente le parole di un infermiere sul fatto che non valeva la pena entrare a quell'ora.
Anzi.
Era stato pure gentile a non arrabbiarsi, urlandogli contro che ogni secondo con Al ne valeva la pena.
E non perché quella malattia fosse indeterminatamente mortale, ma perché Albus e il tempo erano due cose che se messe insieme che facevano andare fuori di testa Scorpius.Quando entrò nella stanza Albus era seduto sul letto a gambe incrociate, e parlava di qualcosa con Ginny.
Ginny sembrava stesse patendo lei, la malattia, se non qualcosa di peggio.
E su di lei era evidente.
Il volto stanco e tirato verso il basso, gli occhi malinconici, le borse sotto gli occhi e l'alimentazione trascurata. E anche nei movimenti lenti, ordinati e distratti, i riflessi non pronti, come se lo stress fosse una persona e si fosse attaccata alle sue spalle.
Ma una persona di una tonnellata come peso, minimo.Si bloccarono entrambi vedendolo, e la rossa si alzò.
Lasciò un bacio sulla fronte del figlio e sorrisero entrambi. Poi Ginny passò accanto a Scorpius e gli posò una mano sulla spalla."Faccio una pausa. Ci sei tu, qui?" Come se già sapesse la risposta sorrise grata, lasciando poi la camera.
Quando la porta si richiuse, Albus sospirò."Mi spiace vederla così."
Il biondo storse le labbra e si avvicinò al letto."Sta così per te."
"Stanno tutti così per me." Albus tirò per un braccio Scorpius vicino a sè, fino a far scontrare le ginocchia al bordo del letto.
Raddrizzò la schiena e passò le dita sui capelli ordinati del biondo e accennò un sorriso triste."Lo sei anche tu."
"Cosa ti aspettavi?" Mormorò allora quello, prendendo posto sul materasso accanto al ragazzo.
"Lo abbiamo sempre fatto. Non possiamo di certo metterci a ballare cantanto su quanto siamo felici, no?"La domanda aleggiò leggera nell'aria tra loro, gli occhi verdi vagarono davanti a loro in cerca di qualcosa giusto da dire.
Scosse appena il capo, il Potter, tornando a guardare il proprio ragazzo."Jay ha detto che oggi pomeriggio Lily non è potuta venire." Disse, con una strana punta di antipatia nella voce.
Scorpius aveva visto la sorella di Al quella mattina, poco prima che lui fosse arrivato, fin quando l'orario dettato dal padre non l'aveva costretto a salutare lei, Al e il resto delle persone perennemente fuori dalla porta."Te la sei presa?" Sussurrò piano, incerto, conoscente del fatto che non era da Al fare così.
"No. Anzi. Solo che... non si è nascosta bene. L'ho intravista fuori dalla porta. Non... non è voluta entrare" spiegò. Lo sguardo era impassibile, eppure Scorpius lo sentiva nella voce, che era profondamente dispiaciuto. Sapeva che il moro, in questi casi, si sentiva responsabile anche di un temporale.
"Non... non è voluta entrare?"
"Evidentemente aveva paura."
"E di cosa?" Chiese, appena stupito. "È lo stesso scenario che si ripete un mucchio di volte.
Albus non rispose e si spostò al bordo del letto. Cercò qualcosa sotto questo, poi, trovato, infilò entrambe le All Star verdi.
Infilò la felpa leggera del medesimo colore e si alzò, porgendo la mano all'altro."Andiamo?" Chiese, dolcemente.
Scorpius gli prese la mano, sorpreso, ma non replicò.
Non sapeva cosa Al avesse in mente, ma i suoi pensieri li sentiva sempre propri alla fine.
Serviva solo qualche minuto, in modo tale che fossero entrati anche nella sua testa.***
Albus con un sospiro chiuse gli occhi, abbandonando la testa sulle ginocchia di Scorpius.
Poi invece li riaprì, fissando il colore che il cielo man mano stava assumendo al tramonto.
Quella parte del terrazzo dell'ospedale era stranamente riparata, e per Albus non era la prima che ci andava.
Neanche per il biondo, in realtà.
Mai però, ci erano stati al tramonto.Le gambe di Scorpius penzolavano dalla panchina, le sue mani accarezzavano i capelli di Al con un ritmo identico a quello dei suoi pensieri.
Il silenzio li riscaldava, così come l'afa del giorno precedente che moriva lentamente, dando gli ultimi sprizzi di vita.Avevano salito le scale quando il sole aveva appena toccato l'orizzonte, e fu solo quando rimasero nel cielo solo qualche colore di questo che Albus parlò.
"Sono venuti i medici, prima. Pomeriggio, quando te ne sei andato." Mormorò. I suoi occhi verdi erano concentrati sul sole scomparso, la pelle risultava blu sotto il cielo man mano più scuro.
Scorpius trattenne il fiato e si irrigidì, ma non disse nulla.
"Hanno... hanno parlato con mamma e papà. Poi loro sono venuti da me." Scorpius chiuse gli occhi e sentì il corpo di Al fremere a contatto col suo.
Per un attimo, con gli occhi chiusi, Scorpius pensò che Al non dovesse parlare più.Poi invece lo disse.
"Morirò."
Le labbra di Scorpius si strinsero, insieme alle palpebre.
"A breve." Aggiunse, la voce rotta.Scorpius cercò con tutto sè stesso di non esplodere.
Forse non avrebbe fatto bene ad Al vederlo piangere.
Forse Al aveva bisogno di consolazioni che Scorpius non era mai stato bravo a dare.
Forse Al...Ma Al stava per morire, ecco cosa non era quel forse.
È un singhiozzo scappò dalle labbra di Scorpius, e in un attimo aveva il volto bagnato e le difese completamente azzerate.
Il corpo di Al si alzò, si mise accabto a lui, e gli occhi grigi fissarono i suoi.Scorpius forse non aveva ancora realizzato nulla, ma non poteva pensare che la persona che aveva davanti, come per la maggior parte del tempo, se ne sarebbe andata.
A breve.
Scoppiò a piangere che non si trattenne neance, così come le lacrime di Albus che sentiva contro la spalla.
E forse quello aveva bisogno di essere consolato, nonostante non ci fossero parole per farlo, ma Scorpius ci avrebbe provato dopo.
Non poteva consolare una persona quando lui stesso aveva un qualcosa di impossibile da sostenere sulle spalle.Strinse la maglia di Al tra le dita, urlò contro la sua felpa.
Gemette e si dimenò per un tempo che parve infinito.Alla fine però Scorpius se lo doveva essere aspettato, e da un po' ormai.
Se l'erano aspettati, tutti quanti.Ma aspettarselo non vuol dire mica esser pronti.
L'ultima frase è una citazione del libro 'Berlin', non ricordo quale dei quattro. Forse il primo.
E comunque, ups, mi sono scordata di aggiornare :3
Ma so che mi amate taaaaanto
So.
Mi farò perdonare.
Forse.
Au revoiiiir
-Clauds
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Albus' Last Seven Days //Scorbus
FanficUna malattia che Albus ha da un paio di anni lo sta portando man mano a consumarsi. L'ospedale ormai gli è familiare, così come è familiare la sensazione di panico per Scorpius ogni volta che ci va per vederlo. Dopo l'ennesimo incidente, Albus risco...