Chapter 0.5: The Cross

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Erano ore che ispezionavamo grotte e cunicoli, ormai.
Da quando eravamo atterrati avevo sentito il cuore pulsare sempre più forte, sempre più in sintonia con il ronzio che sentivo risuonare nel cranio e nella cassa toracica.

Scambiai uno sguardo con Burton, che evidentemente capiva come mi sentissi vista l'espressione estatica sul suo volto, specchio della mia.

Blazir si era ridotta all'altezza di un paio di metri per poterci seguire attraverso i dedali, grazie ad un incantesimo di Burton.

-Sei un mago?- chiesi, tanto per interrompere il silenzio. Certo, era interrotto dal gocciolio dei fiumiciattoli di condensa che cadevano dalle pareti e dalle stalattiti dei cunicoli, dai nostri stivali che battevano sul suolo calcareo e dagli artigli di Blazir che strisciavano sui sassi, ma a parte quei suoni nulla. Non che lo conoscessi abbastanza per fare conversazione, ma ormai la cosa iniziava a pesarmi. Volevo capire chi fosse lo strano soggetto che avevo davanti.

-Ti sembro un mago? Veramente? Mi ci vedresti a girare con un mantello rosso fluttuante e, che so, una collana a forma di occhio che brilla di verde al collo? Magari con sotto un completo blu? No, non credo mi donerebbe, ma grazie per il complimento- disse ridendo sottovoce, tentando forse di non offendermi. *

-E dunque come avresti fatto a far staccare la viverna dal ciondolo e a farla ingrandire e rimpicciolire a tuo piacimento, di grazia?- sbottai. Si fermò, girandosi di fianco per potermi guardare.

-Vedi, mia cara, la magia non esiste. Ma esistono dei modi per alterare la forma della realtà. Esistono dei linguaggi che danno accesso alle prodezze della meccanica, come altri a quelle della vita o d'altro. Sono solo bravo a parlare alcune di queste lingue- spiegò con fare arrogante. -E a farne parlare bene altre... Lingue, ovviamente, non intendo di certo altro- continuò passando la lingua su uno dei piercing sul labbro inferiore, con intenti difficili da confondere.

-Certo, ne sono convinta.. Non fatico a credervi, mylord- replicai avvicinandomi a lui, fingendo di strusciare casualmente il fianco sulla sua coscia destra.

Era la guerra che voleva? L'avrebbe avuta, questo era certo. Non potevo scommettere su chi avrebbe vinto, però.

Ne approfittai per superarlo, il cuore che batteva agitato dopo quel breve contatto. Forse non era solo per il contatto con Burton, però, perché più ci inoltravamo nel dedalo di cunicoli più sentivo il battito del cuore risuonare in modo strano, come se ci fosse qualcosa che vi interferiva.

In quell'istante Blazir emise un basso ringhio, come se avesse voluto avvertire qualcosa di starci alla larga.

-Che cos'ha?- chiesi a Burton, abbassando il tono della voce. Mi girai e lo vedi guardare il soffitto in modo attento, come se stesse cercando qualcosa.

-Potrebbe esserci qualche animale che si muove sul soffitto del cunicolo o dentro di esso. Speriamo che fosse solo di passaggio e la nostra presenza basti a tenerlo lontano. Proseguiamo.-

Blazir scosse la testa dorata, facendo rumore con le scaglie metalliche. Gli occhi neri scintillavano anche nella penombra dei cunicoli, interrotta solo dal bagliore delle lanterne che portavamo con noi.

Camminammo ancora per qualche ora, pronunciando solo poche frasi a bassa voce lungo il percorso, e per fortuna Blazir non avvertì più nulla di strano.

Avevo ormai perso la cognizione del tempo, quando arrivammo ad uno snodo in cui si aprivano quattro percorsi. Decidemmo di accamparci per un po', tentando di riposare. Non accendemmo fuochi perché la temperatura risultava gradevole, nonostante fossimo dentro ad un complesso di grotte.

L'umidità mi si era attaccata alla pelle, ormai, come anche i vestiti. Detestavo l'umidità. Potevo sopportare il caldo torrido e il gelo, ma assolutamente non l'umido. Era probabilmente l'unico difetto che aveva West London, cioè un'atmosfera sempre satura di vapore derivante dalle frequenti pioggie che evaporavano cadendo sulle plafoniere metalliche surriscaldate o dalle macchine che venivano alimentate con esso. Spostai un po' il collo della camicia, tentando di far respirare la pelle.

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