Capitolo 3

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«Dov'è Plagg?»
Wayzz sussultò, osservando l'ombra del giovane padrone mentre si aggirava furioso per la stanza, senza sapere cosa dire: era compito di quell'idiota di Plagg calmare l'ira del loro signore e lui...
Lui l'aveva detto che era una pessima idea, insomma.
Ma quell'idiota patentato l'aveva ascoltato? Nossignore, no. Aveva fatto sistemare il carro ad alcuni servitori e poi era partito, con una lettera scritta di suo pugno  ma firmata con il nome del loro padrone.
La fanciulla verrà qui, manderà via il padre e prenderà il suo posto!, aveva dichiarato allegro mentre balzava in cassetta: Succederà così! Fidati! L'ho letto in un libro.
Wayzz sospirò, sentendosi vicino a perdere qualche rotella: quell'idiota di Plagg non poteva pensare che la realtà sarebbe stata uguale a quella di un romanzo che aveva letto, non..
«Wayzz!» tuonò il signore del castello, facendolo sobbalzare e il servitore tremò, vedendo la figura scura che incombeva su di lui: «Dov'è Plagg?» ripeté nuovamente, quasi ringhiando quelle due parole.
«Ecco, lui...come dire...»
«Wayzz!»
«E' andato a prendere la figlia del vostro ospite, sempre se così si può definire un uomo tenuto in cella.»
«Cos'ha fatto?»
«Lui crede che...» biascicò, osservando la figura balzare lontano da lui e avvicinarsi al piccolo tavolo a tre gambe, scaraventandolo da una parte: «Signore...ecco...»
«Quel...quel...»
Un ruggito potente si levò dalle labbra del padrone e Wayzz tremò, ben sapendo quanto poteva essere distruttiva la sua rabbia e Plagg, stavolta, l'aveva combinata davvero grossa: «Signore?»
«Cosa c'è?»
«Che cosa devo fare con la ragazza quando arriverà?»
Un nuovo ringhio, più basso e sinistro, fu la risposta del padrone mentre questi si accucciava a terra e balzava, colpendo la pesante porta della stanza  con una spalla e uscì fuori, dio solo sapeva, diretto dove.
Wayzz sospirò, guardando la stanza padronale immersa nel caos e nella distruzione tranne per la nicchia ove, una cupola di vetro, proteggeva una rosa: i petali si erano ammassati attorno allo stelo e solo pochi resistevano ancora: «Fra non molto compirà ventuno anni...» mormorò, fissando un petalo tremare leggermente, sinonimo che presto sarebbe caduto come tanti altri compagni.

Marinette sospirò, mentre gettava un po' di vestiti alla rinfusa nella sacca, venendo ostacolata a ogni passo dalla madre, che la seguiva per tutta casa: «Cosa c'è?» domandò, mentre si calcava in testa il berretto e la fissava, le mani poggiate sui fianchi e lo sguardo di chi era pronto a dar battaglia pur di aver ragione.
«Non dovresti partire.»
«Cosa? Ma papà...»
«Tuo padre sarebbe d'accordo con me» dichiarò Sabine, incrociando le braccia e alzando il mento con aria di sfida: «E poi non sta bene che una signorina viaggi da sola...»
«Ci sarà il candelabro con me.»
«Oh per l'amor del cielo, Marinette!»
La ragazza gettò una maglia nella sacca, stringendo i lacci e voltandosi verso la madre: «Qualsiasi cosa mi dirai, io non cambierò idea» sentenziò, fissando seria la donna: «Prenderò il carro e andrò da papà, che tu lo voglia o no.»
«Perché non puoi essere come le altre ragazze?» sospirò Sabine, scuotendo il capo sconsolata: «E' colpa di tuo padre, lo so. Invece di incoraggiarti con quell'assurda idea della meccanica, doveva portarti vestiti e accessori, così che tu...»
«Mi pavoneggiassi come Chloé Bourgeois per le strade di Parigi? Mamma, sii seria.»
«E' così grave se voglio vedere la mia bambina sposata – possibilmente con qualcuno di ricco – e soprattutto vestita a modo e senza la presenza fissa di olio e macchie?»
Marinette sorrise, chinandosi e baciando le guance della madre: «Tornerò presto. E con papà, te lo prometto» dichiarò, afferrando la sacca e uscendo velocemente dalla stanza, diretta verso l'esterno e il carro che l'attendeva; sentì i passi svelti della donna che la seguivano e, quando si fermò davanti il barroccio, sentì il fiato ansante di sua madre: «Tornerò, mamma.»
«Beh, non potresti trovarmi qui. Me ne andrò.»
La ragazza sorrise, salendo a cassetta: «A presto, mamma» dichiarò, chinandosi in avanti e prendendo le redini dei cavalli e dando un sonoro schiocco, sentendosi pervadere da un brivido di eccitazione: non era la prima volta che viaggiava, ma era la prima in cui si avventurava da sola oltre i confini di Parigi.
Si voltò verso il candelabro, che aveva comodamente sistemato di fianco a lei: «Beh, signor Candelabro. E' ora di fare le presentazioni, io mi chiamo Marinette Dupain-Cheng» dichiarò, allungando una mano e carezzando il metallo freddo: «Spero che tu sia un compagno di viaggio simpatico, sarebbe veramente scocciante fare tutta quella strada con un noioso a fianco.» continuò, voltandosi poi verso la strada e dedicando a questa tutta la sua attenzione, non notando che l'oggetto piegò le labbra in un sorriso convinto.

Wayzz sbuffò, mentre saliva i gradini della scala di pietra e raggiungeva la cella ove era tenuto il loro ospite: non sapeva dove era andato il padrone, ma era certo di conoscere il luogo che avrebbe visitato una volta tornato al castello.
E non voleva davvero essere nei panni di quel poveretto, la cui unica colpa era stata quella di trovare un riparo durante una tempesta e aver visto il padrone in volto.
Osservò la porta davanti a lui e sospirò: sarebbe stato complicato, ma ce l'avrebbe fatta.
Avrebbe fatto evadere Tom Dupain poi, una volta che la figlia fosse giunta lì, l'avrebbe rispedita a casa.
Si fermò, inspirando profondamente e osservando le chiavi che teneva in mano: e se Plagg avesse avuto ragione? E se la ragazza che stava portando lì era colei che avrebbe posto fine a tutto?
Alzò di nuovo la testa, annuendo fra sé: avrebbe liberato il padre e poi avrebbe aiutato Plagg a tenere la ragazza lì.
Se voleva che qualcosa succedesse serviva che il padrone e la ragazza dovessero rimanere il più tempo possibile da soli.
E quel piano non contemplava Tom Dupain.

Marinette si strinse nella giacca, scendendo dal carro e osservandosi attorno, sospirando pesantemente: «Mi sono persa...» mormorò, guardando la vegetazione e la strada che si diramava; rimase ferma a osservare la strada per una manciata buona di secondi, prima di abbassare lo sguardo sul foglio che teneva in mano e rileggere le note di viaggio che erano state spedite con la lettera, non sapendo che fare.
Le aveva seguite alla lettera, eppure si era persa.
Si strinse nelle braccia, rabbrividendo quando sentì un ululato fin troppo vicino per i suoi gusti e si affrettò a tornare sul carro: «Che devo fare?» pigolò, togliendosi il berretto di testa e osservando sconsolata ciò che la circondava: la notte stava rapidamente scendendo e lei non aveva la più pallida idea di dove era.
E questo comportava un bel problema.
«Si può essere più imbranati e sfortunati di me?»
«Beh, io conosco una persona che è veramente sfortunata.» dichiarò un'allegra voce maschile al suo fianco, facendola rabbrividire di più: lei era sola, completamente sola. Aveva solo un candelabro con sé e quindi...
Briganti!
Erano giunti lì senza che se ne accorgesse e ora sarebbe stata alla loro mercé.
Oh, ma perché non ascoltava mai sua madre?
«Chi sei?»
«Plagg.» le rispose la voce dell'uomo ed era così fastidiosamente vicina, che quasi le sembrava provenisse dal suo fianco: «Per servirvi, madamoiselle.»
«Sono armata.»
«E di cosa?»
«Di un candelabro?»
«E perché vorreste usarmi come arma?»
Marinette sussultò, inspirando profondamente e voltandosi lentamente verso la sua destra: rimase a bocca aperta, osservando il candelabro muoversi e sorriderle, facendole un cenno con uno dei bracci che sosteneva una candela.
Rimase immobile per un secondo, poi qualcosa scattò dentro di lei e si affrettò a scendere dal calesse, allontanandosi il più possibile e osservando il pezzo di metallo salire sul parapetto e fissarla: «Madamoiselle...»
Un ruggito si levò nell'aria, facendo tremare ancora di più Marinette, mentre il candelabro sbuffò: «Fantastico. Siamo vicini a casa e il padrone ha sentito il mio odore.» bofonchiò, voltandosi verso la ragazza: «Madamoiselle Marinette, la prego di non farsi prendere dal panico per ciò che vedrà da adesso in poi.»
La ragazza rimase fece un passo indietro, addossandosi contro uno degli alberi e portandosi le mani al volto: doveva scappare? Poteva un candelabro correre più velocemente di lei? Doveva...
Un qualcosa di nero atterrò vicino al carro e i cavalli s'impennarono, nitrendo imbizzarriti, partendo poi a tutta velocità e facendo sobbalzare fuori il candelabro di nome Plagg mentre Marinette rimase immobile, osservando la cosa che era giunta: «Plagg!»
«Padrone! Qual buon vento?»
La cosa si avvicinò all'oggetto e lo prese fra le sue dita, mentre la ragazza scivolò a terra, osservando la scena e cercando di non fare rumore: se nessuno l'avesse notata, lei sarebbe potuta fuggire via e recuperare il carro e...
E non lo sapeva neanche lei cos'altro fare.
«Cos'hai fatto?» ringhiò la cosa, alzandosi in tutta la sua statura e notando quando Plagg non fosse per nulla intimorito: «Ti avevo detto...»
«Padron Adrien! E' quella giusta! Me lo sento!»
Padron Adrien ringhiò e Marinette lo vide voltarsi verso di lei: la cosa rimase immobile, poi aprì la mano e il candelabro cadde a terra, rialzandosi subito e ricomponendosi: «Madamoiselle Marinette, non abbiate paura.» le disse il soprammobile, rimanendo immobile mentre la cosa si avvicinava.
Aveva il passo lento e pesante, mentre alle sue orecchie giungeva il rumore familiare di ingranaggi che giravano: rimase ferma al suo posto, troppo impaurita per muovere un muscolo, e osservò Padron Adrien chinarsi davanti a lei e portare le mani – una sembrava una zampa animale, l'altra era qualcosa simile a un arto di metallo – al cappuccio che teneva in capo, tirandolo via: due orecchie feline si muovevano a scatti su una testa bionda, mentre metà volto era attraversato da filamenti neri, quasi come se fossero tatuaggi, e l'altra metà era rugosa e increspata.
Solo gli occhi verdi, che la fissavano, erano umani.
Tutto il resto era..
Era...
Un mostro.
Marinette inspirò profondamente, osservando la bestia che aveva davanti, fatta di carne e metallo, alzarsi in tutta la sua statura e fissandola dall'alto e, per la prima volta in vita sua, la ragazza fece ciò che sua madre desiderava tanto: si comportò da comune ragazza, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo.

La bella e la bestia || Miraculous Fanfiction {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora