Avevo sempre 6 anni quando incontrai Jacopo.
Era un pomeriggio di maggio, caldo e afoso, io giocavo con le galline nel cortile del pollaio.
Per "giocavo" sappiate che intendo dire che giocavo con la spada, visto che ormai facevo solo quello!.
Le galline erano i Saraceni, pelosi ( in questo caso pennute), brutti e cattivi, stando a quanto mi raccontava la balia, invece io ero il crociato, coraggioso e impavido.
Solo oggi mi rendo conto di aver leggermente infastidito quelle povere bestiole.
Le mie sorelle dicevano che ero un maschiaccio, uno scherzo di natura, che una femmina non può fare quelle cose, ma io me ne fregavo liberamente.
Era vero: ero un maschiaccio, e dunque?, mi volevate dolce e sottomessa ma sono uscita così.
Accontentatevi dunque.
Dopo aver giocato con le galline decisi di andare in cucina.
Entravo sempre dalla porta di servizio, era abitudine.
Ma quel giorno stranamente la cucina era vuota: non c'era servi o cuochi, ma solo un bambino.
Un bambino di otto anni credo, con un zazzera di capelli castani e due grandi occhi azzurri.
Se ne stava seduto sulla sedia guardando fuori dalla finestra aperta.
Sembrava pensieroso.
"Scusa...". Cominciai io.
Lui sembrò non sentirmi, o forse mi aveva sentito ma si fregava di me.
Del resto non potevo biasimarlo: ero sporca di fango e con i capelli spettinati, se mi avesse visto così Berta sarebbe svenuta!.
Una bimba di sei anni con una spadino di legno in mano.
Strano grande controsenso nella mia società.
Ritentai. "Scusa...".
Nessuna risposta.
Ora cominciavo ad arrabbiarmi.
"SCUSA!".
Finalmente si girò e mi guardò
"Non c'è bisogno di urlare così".
Sembrava calmo, come se non avessi urlato.
"Io urlato perché tu sembravi non sentirmi".
"Ma io ti sentivo, ma non avevo voglia di risponderti".
Stupido piccolo...
"Ad ogni modo cosa vuoi bambina?".
Io non ci vidi più e lo presi per il vestito mettendolo con le spalle al muro.
"Senti un po' tu, primo: non ti azzardare mai più in tutta la tua vita a chiamarmi bambina, secondo: quando ti chiamo tu mi rispondi va bene?, è buona educazione".
Lui era muto.
Lo lasciai andare.
"Come ti chiami?". Mi domandò.
"Beatrice, figlia di Folco Portinari, e tu?".
"Jacopo".
"Solo Jacopo?".
"Solo Jacopo, non so chi sia mio padre".
Sei un servo nuovo dunque...
Ora ci eravamo intesi.
"Cosa vuoi?".
"Pane e formaggio".
Così conobbi Jacopo, figlio di nessuno, nuovo servo e mio futuro migliore amico, altro che Dante!.
Non sapevo allora che questo sarebbe stato l'inizio di qualcosa di più grande.Nota Autrice
Chiedo perdono se l'immagine di sopra mostra un ragazzino moderno ma cercatevi di immaginarvi Jacopo così con vestiti medievali.
Augh🖖🏼
Arrivederci popolo.
STAI LEGGENDO
Il diario segreto di Beatrice Portinari
أدب تاريخيBeatrice Portinari: noi tutti la conosciamo come la donna lodata da Dante. Ma era veramente così spirituale e angelica? E cosa ne pensava di Dante?. I poeti hanno descritto dal loro punto di vista le loro muse ispiratrici, ma ora tocca proprio a que...