Bambini

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D'estate andavamo nella tenuta di campagna, fuori Firenze.
Era una bella casa, tutta circondata dal verde degli ulivi e dei boschi.
Anche lì vi era un pollaio e le stalle erano più grandi di quelle della nostra casa di Firenze.
Lì noi bambine eravamo lasciate libere: ci arrampicavamo sugli alberi e sui mobili, giocavamo con gli animali, correvamo nei corridoi appena insaponati.
Era bello, era la libertà.
A pensarci ora trovo che gli anni passati in campagna siano stati i più felici della mia vita.
Sempre nell'estate dei miei 6 anni Jacopo venne con noi per la prima volta.
E ne combinammo tante, sappiatelo.
Eravamo due bambini, due monelli spericolati e senza regole.
Mangiavamo di nascosto i dolci e trovavamo nidi sugli alberi, scivolavamo sui pavimenti appena insaponati facendo piroette e danze.
Ci svegliavamo la mattina presto all'insaputa di tutti per andare a prendere le uova e mungere le mucche con la servitù di cui Jacopo faceva parte.
Libertà. A quella aspiravo io, bambina nobile destinata a grandi cose.
Quanto invidiavo i figli dei ceti bassi!
Certo, loro non avevano tutti i lussi che avevo io ma almeno potevano scegliere la propria vita.
Io no invece ma almeno nelle vacanze estive cercavo di essere libera.
I campi e le colline erano il nostro fanciullesco regno, potevamo fare quello che volevamo.
Ed era meravigliosamente bello.
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Lavanda, rosa e gelsomino.
Di questo profumava il nostro bagno: lavanda, rosa e gelsomino.
Facevamo il bagno tutte e quattro assieme, nella stessa grande vasca di marmo bianco.
Io, mia sorella maggiore Gemma, e le mie sorelle minori Francesca e Matilde.
L'acqua calda sgorgava dalla bocca di una testa di leone scolpita nel muro, e dei morbidi e sottili teli di lino delimitavano, come un letto a baldacchino, il bordo della vasca.
Era rilassante stare lì nell'aria frizzante di una sera estiva.
Berta ci lavava con la spugna e giocavamo con le bolle di sapone e con la schiuma.
Mi è sempre piaciuto fare il bagno, mi rilassa.
Quella sera le stelle si vedevano tutte fuori dalla finestra aperta.
"Chissà se oltre a Dio c'è qualcun altro che conosce i nomi di tutte le stelle...". Disse Francesca, Cesca, tirandosi indietro un ricciolo castano bagnato.
Gemma come al solito, con quel tono da "so tutto io" che mi ha sempre irritato, affermò: "Io non credo, è stato Dio che le ha create, dunque solo Lui dovrebbe conoscerne i nomi".
Sicura?.
"E chi l'ha detto?". Intervenni io. "Magari esiste una persona talmente saggia che conosce i nomi di tutte le stelle".
Matilde, la più piccola, stava per affermare qualcosa quando Berta le gettò l'acqua dalla brocca sui riccioli biondi.
La nostra balia le lavò i capelli per poi alzarsi dal bordo della vasca dove era seduta.
"Andiamo piccoline, siete rimaste qua dentro troppo a lungo, è tempo di uscire. E non vi preoccupate, delle vostre discussioni astronomiche potrete parlarne dopo".
Noi riluttanti uscimmo, ma era così bella e rilassante l'acqua calda!.
Ci asciugammo per poi indossare le nostre camicie da notte di lino fresche e leggere.
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Avevamo ancora un po' di tempo e quindi giocammo.
E io, come al solito, andai a cercare Jacopo.
Il pavimento di marmo era freddo sotto i miei piedini nudi ma non me ne curavo: io sono una di quelle persone che andrebbero ovunque a piedi nudi.
Stavo camminando nel corridoio quando qualcosa catturò la mia attenzione.
Uno spiraglio di luce dallo studio di mio padre.
So che è maleducazione origliare, ma la curiosità mi divorava dall'interno.
Mi avvicinai.
La voce di mio padre risuonò al di là della porta di legno di quercia.
"Una battuta di caccia domani? È questo quello a cui mi invita Piero?".
Questo Piero deve essere un altro signore nobile amico di papà...
"E va bene! Verrò e Tessa e le bambine rimarranno qui, magari questa è la volta buona che riesco a catturare questo benedetto cervo reale!".
Cervo reale?!
Stando ai racconti dei cacciatori e degli abitanti della zona, il cervo reale era una creatura inafferrabile, dagli stupendi rami di corna e dal pelo più lucido e bello mai visto.
Anch'io volevo partecipare alla battuta di caccia! Anzi, volevo prendere quel cervo!
Sorrisi, e cercando di non fare rumore ritornai in camera.
Dormivamo tutte nello stesso letto in quella casa.
Mi misi sotto le coperte con le mie sorelle.
Ero felice. Tanto felice, perché finalmente avrei avuto l'occasione di far vedere a tutti che non ero uno scherzo di natura, una femmina con il carattere di un maschio.
No.
Ero impetuosa, ribelle e inafferrabile come quel cervo.
Sappiatelo: il mio paradiso non sono cieli con stelle e imitazioni divine di rose, no, quel paradiso lasciatelo benissimo a Dante e alla sua idolatria per Virgilio.
Il mio paradiso sono foreste infinite con animali veloci e prati pieni di fiori.
È un paradiso di libertà, la dolce libertà della quale sono sempre andata alla ricerca.




Nota Autrice

Sappiate che il nome delle sorelle e della balia di Beatrice me li sono inventata, perché è vero che Folco Portinari aveva sei figlie di cui Beatrice, ma delle altre cinque non ne sappiamo il nome. ( qui due devono ancora arrivare).
La balia invece come tutti i fanciulli nobili ce la dovevano avere per forza.
Anche Jacopo è un personaggio di fantasia sappiatelo.
Augh🖖🏼
Arrivederci popolo.

Il diario segreto di Beatrice PortinariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora